Recensione All About Women (2008)

Dall'estro visionario di Tsui Hark, una commedia surreale, stralunata e pop, che punta tutto sulla piacevolezza delle trovate visive.

Il futuro è donna

Per chi di Tsui Hark conosce solo Seven Swords (unico film del regista uscito nelle nostre sale) potrà forse suscitare sorpresa sapere che il nuovo film del maestro sia una commedia romantica con tre protagoniste femminili, pieno zeppo di gag surreali e di momenti musicali. Eppure l'eclettico Tsui si è cimentato praticamente in ogni genere cinematografico esistente (fantascienza inclusa...) e, sebbene tra i fan occidentali sia rinomato soprattutto per le sue incursioni nel campo dell'action, del fantastico o del thriller - horror, in realtà tra i suoi capolavori figurano anche numerose commedie e melodrammi. Inoltre, il regista ha sempre riservato un occhio di riguardo nei confronti delle figure femminili, ritratte spesso in maniera inusuale e anticonvenzionale. In quest'ottica, allora, stupisce meno un soggetto come quello di All About Women, una commedia ibrida che riflette anche le influenze del recente cinema di genere cinese (il film è infatti una coproduzione Hong Kong / Cina).

Protagoniste sono tre donne, anzi si potrebbe dire tre personalità femminile idealtipiche, che inseguono il loro desiderio d'amore con modalità differenti. C'è Ou Fanfan, ricercatrice che incarna l'approccio scientifico e deterministico nell'individuare l'anima gemella, sintetizzando chimicamente dei feromoni in grado di attirare la propria "preda". La bellissima Lu Tang, manager, è invece la tipica "mangiauomini", e oltre al suo fascino utilizza il proprio potere da direttrice per soggiogare ai suoi piedi i maschi. Il terzetto infine si completa con Ling Tie, che pratica decisamente un approccio più anarchico e violento: schizofrenica cantante e boxeuse, si prende una rivincita contro "il sesso forte" a suon di pugni. Le tre vicende personali delle protagoniste, intrecciandosi tra loro, costituiscono per Tsui il pretesto per inanellare una serie infinita di gag dal ritmo frenetico, spesso dalla deriva surreale e grottesca.
Sebbene l'assunto di partenza lascerebbe intendere una dipendenza dell'universo femminile bisognoso dell'amore maschile per completarsi, in realtà il modo (un po' caotico a dire il vero) i cui si sviluppano le vicende finisce per ribadire la sostanziale emancipazione di questo insolito heroic trio. Più che alla dimensione narrativa e alla compattezza del racconto, il regista pare essere interessato alla ricerca visiva e formale. Tsui Hark in realtà persegue da sempre una vocazione sperimentale, sin dall'esordio surrealistico di The Butterfly Murder, e non è un caso che i suoi primi lavori si collocano in seno alla corrente avanguardistica della New Wave di Hong Kong. Da sempre attento ai nuovi sviluppi tecnologici Tsui Hark e la sua casa di produzione, la Film Workshop, hanno saputo cogliere da subito la portata innovativa del digitale. Il nuovo corso del regista (di cui è un esempio anche il suo precedente lavoro, The Missing, presentato allo scorso Festival di Roma) è un cinema che punta tutto sull'eterea inconsistenza dell'immagine, rinunciando però in questo modo alla solida coerenza narrativa e al gusto affabulatorio per lil recconto. I fan di vecchia data così rimangono un po' perpessi, ma i suoi ultimi film rimangono comunque un piacere per gli occhi.