Sono passati esattamente vent'anni dall'omicidio del piccolo Samuele. E se dovessimo pensare a un caso che abbia segnato la storia criminale del nostro paese, insieme forse a quello di Perugia o a quello di Yara Gambirasio, quello di Cogne è tra i primi a venire alla mente. Un altro caso in cui si è trovato un colpevole sì, ma di dubbi relativi a reale svolgimento dei fatti ce ne sono ancora tantissimi. Quello di Cogne ha come protagonista un bambino piccolissimo, la cui morte è stata imputata - dopo un procedimento giudiziario lungo e complesso - alla follia omicida della madre, Annamaria Franzoni. Come vedremo in questa recensione de Il delitto di Cogne (una produzione originale Crime+Investigation, in prima TV assoluta il 30 e il 31 gennaio sul canale 119 di Sky) il documentario diretto da Claudio Pisano si pone come obiettivo quello di raccontare quanto accaduto, ripercorrendo le indagini e il procedimento giudiziario, ma più che fare luce sulla vicenda, evidenziandone magari lati inediti, si finisce per dare più spazio all'impatto che il delitto ebbe sull'opinione pubblica, soffermandosi fin troppo su come i media gestirono la narrazione.
Un'analisi senza dubbio interessante, anche grazie alla partecipazione di numerosissime voci e testimonianze, ma che potrebbe scontentare chi da un documentario come questo cercava uno scrutinio più dettagliato dei fatti.
Il delitto di Samuele
Quanto accaduto è noto a tutti: il 30 gennaio 2002 Annamaria Franzoni chiama il 118 preoccupatissima per il figlio Samuele, mortalmente ferito. Insieme a lei la dottoressa Ada Satragni, amica di famiglia e prima ad accorrere sul posto. All'arrivo dei soccorritori non ci sono dubbi: il bambino non è vittima di un aneurisma come si poteva supporre, ma è stato un omicidio. L'autopsia stabilirà che al piccolo è stata sferrata una quindicina di colpi con un corpo contundente (arma del delitto che, come è noto, non verrà però mai trovata). Le ipotesi sul possibile colpevole si susseguono, ma con il tempo il cerchio si stringe sempre di più su Annamaria, l'unica che avrebbe avuto materialmente il tempo di compiere l'omicidio. La donna verrà, dopo una vicenda giudiziaria lunga e travagliata, condannata dalla Corte Suprema di Cassazione a sedici anni.
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Un caso estremamente complesso che ci troviamo a riassumere in poche righe, anche perché i dettagli di quanto accaduto, venuti alla luce dopo l'intervento dei RIS e dalle indagini delle forze dell'ordine, non sembrano nemmeno il punto di interesse principale di questo documentario, che si sofferma piuttosto sul ruolo della stampa nel raccontare al Paese la controversa figura di Annamaria Franzoni. Le voci dei giornalisti sono infatti quelle più presenti nel corso del documentario - tra loro ad esempio Alessandra Comazzi, Michele Cucucca e Gigi Iorio, il primo fotoreporter ad arrivare sulla scena del crimine - e ci guidano alla scoperta più che del caso di come questo venne percepito dal pubblico che lo seguiva dalla televisione e dai giornali. Ci si sofferma molto anche sul periodo del processo e - con la partecipazione tra le testimonianze del procuratore capo di Aosta, Maria del Savio Bonaudio, e di uno degli avvocati della Franzoni, Carlo Taormina - si riesce ad intuire quanto la risoluzione di questo caso sia stata difficile e complessa.
Una narrazione affrettata
Detto questo, però, a visione ultimata resta l'impressione di una narrazione a tratti superficiale e confusa di un'evento che avrebbe meritato tutt'altro approfondimento. Il documentario è ben costruito - ricco di testimonianze come dicevamo, ma anche di video e di registrazioni di repertorio, e di ricostruzioni che aiutano lo spettatore ad orientarsi - ma sembra un resoconto fin troppo veloce della vicenda, che avrebbe dovuto dare forse più spazio alle voci di chi ha lavorato al caso più da vicino, non solo giornalisti ed avvocati, ma anche i membri del RIS delle forze dell'ordine, il cui contribuito alla narrazione manca in maniera evidente. Quella del delitto di Cogne è una storia che è stata raccontata più e più volte nel corso degli ultimi vent'anni, chi si approccerà a questo documentario potrebbe aspettarsi quindi un tipo di narrazione più puntuale di quanto accaduto e potrebbe restare deluso dalla prospettiva scelta.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione de Il delitto di Cogne sottolineando come si tratti di un documentario ricco di testimonianze e di video di repertorio, peccato si concentri più sull'impatto mediatico che il caso di Annamaria Franzoni ebbe sull'opinione pubblica che sui dettagli di quanto avvenuto.
Perché ci piace
- La ricchezza di voci che prendono parte al documentario.
- I filmati di repertorio e le ricostruzioni che aiutano lo spettatore ad orientarsi.
Cosa non va
- Si rimane con l'impressione di un resoconto un po' superficiale di quanto accaduto.