Recensione L'eletto (2006)

Anziché mostrare, il regista suggerisce e crea stati d'animo, spingendo sul dramma psicologico dei personaggi, scaraventati in un incubo ad occhi aperti che ne disseminerà di vittime il percorso.

Il Consiglio di pietre

Tratto dal romanzo Le Concile de pierre di Jean Cristophe Grangé, L'eletto narra la storia di Laura Siprien, madre adottiva del piccolo Liu-San.
La loro vita scorre serena fin quando inizieranno a manifestarsi strani fenomeni che la costringeranno a difendere se stessa e il suo bambino da un nemico misterioso.

L'eclettico regista Guillaume Nicloux firma un originale fanta- thriller denso di colpi di scena.
La libera ispirazione dal romanzo di Grangé mantiene le premesse dell'autore arricchendosi di un impatto visivo notevole, giocato sulle potenzialità dei classici canoni della tensione. Anziché mostrare, il regista suggerisce e crea stati d'animo, spingendo sul dramma psicologico dei personaggi, scaraventati in un incubo ad occhi aperti che ne disseminerà di vittime il percorso. Ogni angolo che voltano, corridoio buio o bosco notturno, sono fonte d'orrore per ciò che potrebbero celare, mentre la trama si snoda fra misteri reconditi e vecchie leggende mongole. Il sottile equilibrio tra realtà ed esoterismo, fra credenze e certezze pongono i personaggi in un gioco di specchi in cui rimangono sempre più invischiati man mano che si avvicinano alla verità. In questo quadro angosciante, campeggia il rapporto madre-figlio, fonte inesauribile di coraggio. Così sarà per Laura quando la vita le chiederà il conto. Il suo bambino si muove inconsapevole in un mondo di pericoli, con la limpidezza di chi è chiamato ad una missione ed è per legge divina, intoccabile.

Scarso il ricorso agli effetti speciali, soppiantati da una colonna sonora perfetta che parla d'echi lontani, echeggiando di silenzi profondi, dando voce ad un buio quasi tangibile, altro personaggio chiave del film. Il ricorso diffuso ad inquadrature in soggettiva contribuisce ad alimentare il clima d'ansia dei protagonisti, costantemente spiati e controllati da misteriosi agenti, consentendo un'immedesimazione spontanea nello spettatore ed alimentandone il senso di disagio. Ogni inquadratura può condurre al terrore ed è l'imprevedibilità di ciò che sta per accadere che tiene alto lo stato d'ansia.
Debitore di un'ottima sceneggiatura, il film si avvale di altrettanto valide scenografie che spaziando dalla Russia a Parigi, fino alle steppe mongole, diventano sempre più claustrofobiche man mano che la vicenda si stringe intorno a Laura. Si passa quindi da un rassicurante appartamento di gusto retrò ad un'algida villa immersa nel bosco, fino ad arrivare ai corridoi di un vecchio laboratorio, incrostati di ruggine e umide d'infiltrazioni o ad un tunnel marcescente.

Nel ruolo di Laura una Monica Bellucci smagrita e con capelli corti, perfettamente calata nella parte e gestita al meglio dal regista che la plasma eroina credibile. A suo agio in una storia ricca di silenzi e di mistero in cui poter dimostrare una discreta crescita professionale. Al suo fianco, Sami Bouajila e Moritz Bleibtreu negli ambigui ruoli maschili, ma soprattutto una fascinosa Catherine Deneuve, spietata scienziata dal passato oscuro.

Buona la prova registica anche se un po' convulso il finale; alcune soluzioni improbabili che rischiano di gettare ombre su un film complessivamente buono.