Piacevole, rassicurante, disequilibrato. Sono queste le prime parole che ci vengono in mente per iniziare la nostra recensione del secondo episodio de Il commissario Montalbano 14, ultimo appuntamento dell'anno con la fiction dei record targata Rai1. La rete di protezione è un episodio più leggero, strano, zoppicante e purtroppo meno memorabile rispetto al precedente. Intersecando, non sempre perfettamente, ben tre casi di durate e tono diversi, l'episodio non riesce a trovare un giusto equilibrio per tutta la sua durata. In tutto questo, però, si erge la figura di Salvo Montalbano, l'unico capace di districarsi in questa rete di trame.
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Tre storie con un unico centro
La trama dell'episodio ruota intorno a tre casi. Il primo è anche il più affascinante: Montalbano deve risolvere un mistero legato a delle bobine girate nel corso degli anni dal defunto padre di un ingegnere che riprendono solamente un pezzo di muro. Il secondo caso riguarda l'irruzione di due individui armati e mascherati nella classe scolastica del figlio di Mimì Augello. Il terzo, infine, ha ancora una volta protagonista Mimì Augello e l'attrice protagonista, sposata col regista, di una troupe svedese che sta girando un film a Vigata, forse persi nell'avventura amorosa lunga una notte che nasconde altre verità. Al centro di queste vicende lui, il commissario Montalbano, capace di destreggiarsi tra i vari personaggi, i vari indizi, le varie storie con un aplomb invidiabile. Serio quando deve esserlo e capace di rompere la tensione, amichevole e vendicativo, caritatevole e leggermente bugiardo: Montalbano è un collega, uno zio, un solitario, un aiuto. Se non ci fosse lui, Vigata perderebbe la sua figura di riferimento. Questa è una delle poche certezze che ci lascia la visione dell'episodio, quasi l'opposto rispetto a Salvo amato, Livia mia della settimana scorsa.
Un adattamento poco bilanciato
L'impressione è che il lavoro di adattamento tra romanzo e televisione non sia riuscito come nell'episodio precedente. Le tre storie sono già presenti nel romanzo omonimo di Andrea Camilleri del 2017, anche se la sensazione è che si sia tralasciato un aspetto cruciale nel creare un collante tra queste. La storia relativa alla troupe svedese, nonostante sembri un'aggiunta poco essenziale utile solo ad aggiungere minutaggio, funziona quando inserisce toni da commedia per alternare la serietà che caratterizza invece il caso delle bobine del padre.
Peccato che finisca troppo presto per lasciare spazio al caso degli attentatori mascherati che fagociterà sia il ritmo dell'episodio che l'alternanza di toni. A cavallo tra comico e poliziesco, il secondo caso metterà in secondo piano quello che sembrava il caso principale che verrà sbrigativamente risolto negli ultimi minuti della puntata. Il risultato non è dei migliori. Si alleggerisce di molto il tono (con un abuso del personaggio di Catarella) togliendo il pepe che serve a ogni buona storia di mistero: il brivido del segreto da svelare dando così la sensazione di guardare personaggi e storie senza una precisa direzione, persi tra caffè e conversazioni senza bussola.
Un commissario per tutte le stagioni
Chi non ha bisogno di ulteriori commenti è Luca Zingaretti in questo caso vero e proprio fulcrum che riesce con maestria a reggere sulle spalle tutti i 100 minuti dell'episodio. Se rimaniamo coinvolti anche in episodi meno riusciti come La rete di protezione è grazie al modo in cui fa suo completamente il personaggio di Montalbano. A volte bastano leggeri movimenti della testa, un cambio di sguardo, un modo di ricevere o dare notizie: Zingaretti riesce a rimanere in un invidiabile equilibrio che non lo trasforma mai in macchietta o in un personaggio sopra le righe. Anche quando la scrittura cede su un momento comico poco riuscito che vede alle prese uomini di mezza età con la tecnologia inspiegabile e impronunciabile "dei giovani" riusciamo a percepire la sincerità di Montalbano e a credere che, sì, sente una sinfonia quando mangia la pasta al forno ma il mondo digitale non fa proprio per lui.
Su quest'ultimo elemento ci permettiamo di lanciare una provocazione: anche se i personaggi della serie sembrano fuori dal nostro tempo e "analogici", una fiction di successo come Il commissario Montalbano, vista anche da un pubblico giovane, ha davvero bisogno dell'ennesima gag dove si storpiano i nomi dei social network più in voga, che fanno parte della nostra quotidianità da anni, facendo passare un'immagine antiquata, fuori da quella che è la normalità del reale, e con il rischio di lanciare un messaggio passatista dove Facebook e le mail sono "diavolerie dei giovani"? Se Montalbano può funzionare per tutte le stagioni (dai giovani che lo guardano su RaiPlay agli affezionati del "primo canale") questi esempi di comicità risultano veramente fuori tempo massimo.
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Un finale con lo sguardo verso il futuro
Nonostante l'andamento zoppicante, possiamo ritenerci soddisfatti dal finale dell'episodio, dedicato giustamente al caso più affascinante e serio del lotto. Nonostante giunga alla conclusione troppo in fretta non raggiungendo la forza emotiva necessaria, La rete di protezione riesce in un bel colpo ad effetto chiudendo attraverso toni malinconici una storia che, fino a quel momento, sembrava leggera. Si chiude così l'anno 2020 per Il commissario Montalbano con un'incognita per il futuro. Un nuovo episodio è già programmato per il 2021, ma potrebbe essere l'ultimo. Pur non essendo indimenticabile, La rete di protezione ci lascia con un Montalbano pensieroso, in controluce, sulla spiaggia al tramonto, guardando il mare. Un modo perfetto e malinconico per chiudere un'annata particolare che ha visto perdere i due padri della serie: sommesso, poetico, intimo.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione de La rete di protezione ci rammarichiamo di non aver ritrovato quell’equilibrio perfetto tra storie, scrittura, toni e interpretazioni della scorsa settimana. non tutto funziona per il verso giusto prediligendo toni da commedia e sfilacciando i tre casi che non si incastrano al meglio. L’interpretazione di Luca Zingaretti riesce a nascondere gran parte dei difetti dell’episodio che, tuttavia, regala un finale tutto sommato soddisfacente.
Perché ci piace
- Luca Zingaretti è un assoluto mattatore, capace di reggere il peso dell’episodio.
- Il finale sommesso, dopo un episodio dai toni spesso grotteschi, è un tocco di classe e raffinatezza.
Cosa non va
- I tre casi non si amalgamano bene lasciando trasparire più di qualche problema di scrittura.
- La comicità un po’ troppo insistita e “poco moderna” non rende alta l’attenzione dello spettatore lungo tutta la durata.