Il colore venuto dallo spazio, la recensione: Al servizio dell'orrore cosmico di Lovecraft

La recensione de Il colore venuto dallo spazio: Richard Stanley ci proietta nell'universo narrativo di Lovecraft adattando uno dei suoi più famosi racconti.

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Il colore venuto dallo spazio: una scena del film

Scrivendo la recensione de Il colore venuto dallo spazio, da poco disponibile su Sky, non possiamo esimerci dall'immaginare che questo film nasca dalla confluenza, anzi meglio, dalla conflagrazione tra due personalità creatrici di mondi, ovvero quella dello scrittore weird per eccellenza, Howard Phillips Lovecraft e quella del regista Richard Stanley, con in più il fattore Nicolas Cage, che diventa in questo caso catalizzatore di tale evento cine-apocalittico. Non pensiamo di esagerare se diciamo che l'occasione è succulenta, perché solo un personaggio folle come Stanley (Del Toro permettendo) poteva avere l'ambizione di confrontarsi con gli irrappresentabili orrori cosmici del solitario di Providence, HPL per gli amici.

UN AUTORE PERFETTO PER HPL

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Il colore venuto dallo spazio: una sequenza del film

Richard Stanley, originario del Sudafrica, è autore di due sole pellicole, entrambe di culto, e cioè Hardware-metallo letale (1990) con cui ha dato un'accelerazione all'estetica cyberpunk cinematografica e Demoniaca (1992 Dust devil in originale) film 'maledetto', stuprato dai produttori, un western-horror con cui esplorò le leggende sciamaniche soprannaturali della sua terra d'origine, connesse in questo caso ad efferati delitti compiuti da un demone delle sabbie. Dopo la disastrosa produzione de L'isola perduta (1996) (tratto da L'isola del dottor Moreau di H. G. Wells), da cui fu estromesso per i classici problemi di divergenze creative, non ha più diretto lungometraggi di finzione. Ossessionato dall'occulto, dal folklore e dalla stregoneria, si è dedicato, per lo più, a documentari su temi soprannaturali, come per esempio The white darkness (2002), sui riti voodoo di Haiti, oppure L'autre monde (2013) sui miti folkloristici e le leggende del sudovest della Francia. Tra una cosa e l'altra sembra abbia anche trovato il tempo di dedicarsi alla ricerca del Santo Graal nella zona di Montsegur, dove pare sia nascosta l'antica reliquia e dove, guarda caso, il cineasta risiede. Considerando anche l'inseparabile cappellaccio texano che porta sempre calcato in testa, crediamo non sfigurerebbe affatto come personaggio in un film di Indiana Jones.

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DI COSA PARLA IL RACCONTO

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Il colore venuto dallo spazio: una scena

Questo per dire che il nostro Stanley era forse uno dei pochi registi in circolazione con le carte in regola per adattare sullo schermo gli orrori cosmici del maestro Howard Phillips Lovecraft. In questo caso si tratta di un racconto che non dispiega l'armamentario classico di creature e divinità extra-dimensionali tipiche del solitario di Providence (Cthulhu, Yog-Sothoth e altre amene entità) ma bensì, nelle parole dello stesso autore, va preso come uno studio d'ambiente e d'atmosfera più che come un vero e proprio racconto. A dispetto del disclaimer di HPL, Il colore venuto dallo spazio si rivelò invece uno dei suoi racconti più riusciti proprio perché, senza ricorrere a descrizioni di entità blasfeme e inenarrabili ma, partendo invece da una situazione realistica e banale, la vita rurale di una fattoria, ne mostrava il decadimento materico e l'inesorabile consunzione dall'interno, dovuta ad uno strano e indescrivibile Colore venuto dello spazio, portato da un sinistro meteorite piovuto appunto dal cielo.

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Il colore venuto dallo spazio: un'immagine del film

Da un altro punto di vista, quello cosmico se vogliamo, il racconto parla semplicemente della sostituzione di un ecosistema con un altro, più virulento, che ne prende prepotentemente il posto, insinuandosi dapprima nelle forme di vita vegetali e animali e infine in quelle umane. Se a qualcuno vengono in mente film come Evolution (2001) di Ivan Reitman, Annientamento (2018) di Alex Garland, oppure ancora l'episodio interpretato da Stephen King nel cult Creepshow (1982) diretto da George Romero, non sbaglia affatto. Si tratta appunto di variazioni sul tema (tra cui quella di Reitman virata in commedia), la cui matrice narrativa si trova proprio in questa piccola gemma letteraria del solitario di Providence. Nel caso specifico, a fare le spese di questa 'semplice sostituzione di ecosistema' è la famiglia dell'allevatore Nahum Gardner. La sua fattoria, che si trova ad ovest di Arkham (città epicentro del New England immaginario dei racconti di HPL), verrà dunque contaminata da questo Colore, la cui frequenza non rientra nello spettro descrivibile da occhio umano.

TECNOLOGIA ED ESOTERISMO

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Il colore venuto dallo spazio: un momento del film

Stanley prende il racconto di HPL e lo traspone ai nostri tempi, con l'aggiunta di internet, wi-fi, telefonini e di una figlia, Lavinia (Madeleine Arthur), giovane streghetta che si diletta in rituali wicca, legati strettamente agli elementi naturali. L'introduzione della tecnologia digitale è utile ad accrescere la tensione, nel momento in cui tali dispositivi vengono meno a causa del famigerato Colore che prende possesso della fattoria dei Gardner e della zona circostante. Stratagemma antico ma pur sempre efficace. I rituali wicca operati da Lavinia aggiungono invece quel tocco esoterico che da sempre contraddistingue le storie dello scrittore di Providence (spesso farcite di riti e cerimonie abominevoli), ma soprattutto giustifica la presenza, nella camera della ragazza, del famigerato Necronomicon, libro maledetto inventato da HPL, presenza immancabile in numerosissimi film, serie TV e videogiochi di ispirazione lovecratiana, cosa che manderà in visibilio tutti i fan dello scrittore.

DUE PAROLE MAGICHE: NIC CAGE

Ma l'asso nella manica che Stanley si è giocato con questo adattamento è certamente Nicolas Cage. Come forse gli appassionati sapranno, Cage ormai fa genere a sé: per motivi puramente alimentari, l'attore di Stregata dalla luna (1987), Via da Las vegas (1995) e Face off (1997), si è ormai dato, da una quindicina d'anni a questa parte, a qualsiasi tipo di produzione di serie B, spaziando da prodotti decisamente infimi ad altri che sono invece gustosissime chicche di genere, impreziosite appunto dalla presenza sopra le righe del divo.

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Il colore venuto dallo spazio: un'immagine

Una delle ragioni per cui Cage è diventato il beniamino di queste piccole produzioni risiede evidentemente nelle facce stralunate che faceva ai tempi del piccolo cult del 1988 Stress da vampiro, motivo per cui è stato chiamato dallo stesso Stanley. Se avete bisogno di qualcuno che all'improvviso dia di matto, strabuzzi gli occhi come nessun altro sa fare ed eventualmente crei anche danni a cose e persone, allora Nic è il vostro uomo. Tra gli ultimi suoi lavori consigliamo senz'altro il truculento Mandy (2018). Detto questo Nic Cage, nel ruolo di Nathan (non più Nahum come nel racconto) Gardner è certamente il valore aggiunto ad un film che prevede una lenta discesa agli inferi del protagonista e di tutta la sua famiglia. Le circostanze della vicenda consentiranno dunque al nostro di esprimersi in tutta la sua gamma recitativa pazzoide, però in maniera molto graduale, e narrativamente giustificata.

MUTAZIONI

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Il colore venuto dallo spazio: Nicolas Cage in una scena del film

Altro tocco inedito del film consiste nella ossessione di Nathan per i suoi alpaca, improbabili animali simili ai lama, sui quali l'allevatore punta come investimento per risollevare le sorti della sua famiglia. La presenza di questi animali dalle fattezze decisamente bizzarre dona una dimensione già aliena alla storia: vi lasciamo immaginare cosa succede quando tali animali subiranno mutazioni non proprio simpatiche a vedersi. Non solo gli alpaca ma anche altri personaggi subiranno raccapriccianti mutazioni che, volutamente, rimandano alle orripilanti trasformazioni del carpenteriano La cosa (1982), a sua volta considerato non solo tra le massime espressioni del body-horror ma anche tra i film più squisitamente lovecraftiani della storia del cinema, sebbene non fosse tratto da alcun racconto di HPL. Questo a chiudere un circolo virtuoso che inserisce il film di Stanley in una ideale filmografia del maestro di Providence che vede in Carpenter, e nella sua trilogia dell'apocalisse, uno dei maggiori interpreti dell'orrore cosmico dello scrittore.

IL COLORE

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Il colore venuto dallo spazio: un primo piano di Nicolas Cage

L'elemento critico di questo adattamento era ovviamente proprio il Colore. Va detto che era impossibile, al cinema, trovare una tinta che corrispondesse a quelle caratteristiche che sfuggono al normale spettro visivo umano, così come vengono descritte nel racconto. Per cui qualunque scelta cromatica non avrebbe mai potuto rendere ciò che si poteva soltanto intuire dalle parole evocative di Lovecraft. Uno psichedelico violetto costituisce dunque un buon compromesso, con buona pace di molti puristi che hanno storto il naso di fronte a questa scelta.

QUEL BASTARDO CE L'HA FATTA!

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Il colore venuto dallo spazio: una scena con Nicolas Cage

Di atmosfera Il colore venuto dallo spazio di Stanley ne ha da vendere perché, così come nel racconto di HPL, anche nella pellicola del regista sudafricano assistiamo ad un lento e inesorabile progredire di un orrore che si insinua, prima sotterraneamente e poi in modo via via più manifesto, nella realtà quotidiana che circonda i protagonisti. Piante e animali cominciano a mutare; si intravedono fiori bizzarri, lucertole dagli strani colori e uno strambo insetto violetto, simile ad una mantide alata, diventa la mascotte del nuovo ecosistema che si sta sviluppando nella proprietà dei Gardner. Gli insistiti dettagli visivi sulle piante, sugli animali e soprattutto sull'acqua incautamente bevuta dai personaggi, accrescono quella tipica sensazione che qualcosa decisamente non va. A cominciare dal suggestivo incipit in cui Stanley inquadra lividi scorci delle colline ad ovest di Arkham mentre la voce narrante legge le prime righe del racconto. Tutti gli elementi messi in campo dal regista contribuiscono dunque a ricreare quell'atmosfera malata e insana, tipica dei racconti di HPL, in cui i protagonisti scivolano lentamente e inesorabilmente in un vortice di angoscia e follia, mentre un orrore inspiegabile e indescrivibile prende gradualmente possesso delle loro vite e del loro mondo.

IL TESTIMONE

A testimoniare i terribili eventi che devasteranno la vita dei Gardner sarà un esperto idro-geologo, chiamato guarda caso Ward Phillips (Elliot Knight), che permetterà agli spettatori di entrare nella vicenda da un punto di vista esterno, in cui potersi facilmente identificare. Da notare, come ulteriore Easter egg, che in una scena notturna Ward legge The Willows, ovvero I salici, racconto di Algernon Blackwood, ritenuto un capolavoro dallo stesso Lovecraft nel suo saggio L'orrore sovrannaturale in letteratura. Altro elemento del racconto trasfigurato è il vecchio Ammi Pierce, vicino dei Gardner, che qui invece è Ezra (Tommy Chong), anziano hippy dalla mente scoppiata a causa dei troppi acidi assunti ma, guarda caso, come da tradizione, l'unico a capire cosa stia veramente succedendo.

L'ORRORE, L'ORRORE...

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Il colore venuto dallo spazio: una sequenza

Gli effetti visivi, vista la produzione non proprio di seria A, sono di buon livello e ottimamente dosati, soprattutto nelle scene delle mutazioni e in quelle in cui il colore vibra e vive, proprio come una creatura senziente. Notevole anche lo scorcio delirante di quegli informi reami dell'infinito, al di là della natura che noi conosciamo da cui proviene il famigerato Colore. Va detto che questo è uno di quei rari momenti, nella filmografia direttamente tratta da HPL, in cui, per pochi attimi, viene resa giustizia al quel senso di orrore cosmico e sovrannaturale in cui il solitario di Providence era maestro. Ed è anche giusto che si tratti di pochi attimi, altrimenti la sanità mentale dello spettatore ne sarebbe irrimediabilmente compromessa.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione de Il colore venuto dallo spazio, in primo luogo con la considerazione che l’evidente fattura da B-movie in questo caso non sia stata un limite ma bensì un modus operandi che ha permesso all’autore un buon margine di libertà creativa. Possiamo inoltre dire che, anche grazie all’apporto del fattore Cage, Richard Stanley, con il lento scivolamento dei protagonisti verso la follia, le atmosfere gradualmente più insane e angoscianti, è riuscito nell’intento di riportare quell’atmosfera malata di orrore soverchiante che sembrava poter sopravvivere soltanto tra le righe del racconto di Lovecraft.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Era ora che si facesse un adattamento che rendesse giustizia al padre dell’orrore cosmico.
  • Lovecraft + Richard Stanley + Nicolas Cage. C’è bisogno di altro?
  • Effetti visivi economici ma ben dosati.

Cosa non va

  • L’inevitabile compromesso sul Colore.
  • Chi odia la recente deriva cinematografica di Cage è bene che stia alla larga.