Se c'è un solo film che vorremmo che Papa Francesco guardasse non è Il caso Spotlight ma Il club di Pablo Larrain. Non il racconto di una vera inchiesta ma un duro colpo alla coscienza cristiana. Dopo la trilogia dedicata alla dittatura cilena (Tony Manero, Postmortem e No - I giorni dell'arcobaleno) il regista sudamericano rivolge il proprio sguardo alla Chiesa Cattolica, alle terribili colpe di cui si è macchiata negli anni - prima tra tutte il reato di pedofilia imputato a migliaia di preti - e alle loro vittime sacrificali.
Uno dei quattro preti sconsacrati del film è interpretato da Alfredo Castro (impegnato in tutte le pellicole precedenti di Larraìn, mentre Roberto Farias (Violeta Parra went to Heaven) presta il volto a Sandokan, il bambino mai divenuto uomo a causa degli abusi subiti nonché incredulo testimone del suicidio del suo aguzzino. I due attori cileni ci hanno rivelato non solo le ossessioni di uno dei registi sudamericani più apprezzati della nuova generazione ma hanno ammesso di essere loro stessi diffidenti nei confronti di una Chiesa che si ostina a difendere chi sbaglia e a preferire la tutela degli interessi economici a quella dei diritti umani.
Le critiche
Alcuni critici hanno definito Il Club un attacco cinico e sarcastico alla Chiesa cattolica. Condividete questo giudizio?
Roberto Farías: Lo trovo parziale. Credo che il film vada molto più a fondo affrontando temi universali come la fede e la mancanza di amore. Trovo che la castità vada contro uno dei bisogni più urgenti dell'essere umano e che, in quanto tali, i preti abbiano avuto delle reazioni a questo divieto generando gravi piaghe sociale nonché un crimine come la pedofilia.
Alfredo Castro: Io penso che sia il cinismo che il sarcasmo caratterizzino la stessa Chiesa cattolica. Con il suo film Pablo ha solo acceso le luci su una situazione che tutti conosciamo e su un ambiente dove molte persone non hanno accesso alla giustizia. Sia in Cile che in altri paesi del mondo ci sono preti che si dedicano agli altri laddove la Chiesa svolge un ruolo importante nella difesa dei diritti umani. Tuttavia una parte del clero ha ormai rotto il patto sociale con il proprio cinismo derivante dalla convinzione di dover rendere conto solo a Dio dei loro peccati. Io credo invece che nessun essere umano dovrebbe essere esente dalla legge o dal rispetto delle libertà altrui.
Credete che questo film possa aprire un dibattito in questo senso?
Roberto Farías: La Chiesa cattolica è diventata un'impresa che, in molti casi, favorisce attività criminali e nasconde gravi reati come quello della pedofilia. Per quanto mi riguardo ritengo impossibile aprire un dialogo. Ritengo il loro mondo fatto di anelli, reverenza e ipocrisia del tutto distante da me, quasi infantile nelle sue perversioni.
Alfredo Castro: La situazione è cambiata moltissimo negli ultimi anni. In Cile la Chiesa si è arricchita e ha cominciato ad avere le mani in pasta ovunque, gestendo scuole e attività commerciali. Ormai esiste una Chiesa per i ricchi e una per i poveri che, in ogni caso, ha smarrito completamente il proprio obiettivo di evangelizzazione.
L'assoluta libertà creativa
Per prepararvi ai vostri ruoli avete incontrato preti colpevoli o vittime di abusi?
Alfredo Castro: Non ho fatto molte ricerche perché non credo che il tema principale del film sia la pedofilia quanto la mancanza d'amore e la totale assenza di fede. Molti degli uomini che rappresentiamo diventano preti perché incapaci di confrontarsi con la vita ma consapevoli che, dinanzi a qualsiasi reato commesso, sarebbero stati protetti.
Com'è lavorare con un regista come Pablo Larraín?
Alfredo Castro: Ogni volta che mi chiama corro. Il suo modo di lavorare è diventato sempre più radicale. Anton Chekhov diceva: "Descrivi un villaggio e descriverai il mondo". Ed è proprio quello che ha fatto Pablo in questo film, ricreando un ambiente in cui noi attori eravamo liberi di muoverci e improvvisare. Le opere di Pablo hanno sempre a che fare con l'impunità, che per anni ha caratterizzato la politica del nostro Paese. Tutti i personaggi che ho interpretato uccidono e commettono crimini di ogni genere senza essere mai puniti. Pinochet è il primo a non aver scontato con un solo giorno di galere per tutti i crimini che ha commesso. A quarant'anni di distanza siamo più consapevoli di quanto accaduto in passato ma la sensazione è che l'abbiano fatta tutti franca.