Che Joao Botelho fosse un tipo particolare lo si nota dai suoi film e
A corte do norte, presentato all'edizione 2008 del Festival del Film di Roma lo evidenzia sin dalle prime battute.
Ancor di più ce ne si accorge intervistandolo, domandandogli della sua attenzione nel girare, rivolta maggiormente alla forza espressiva delle immagini che non a quella narrativa.
"Il cinema non è una cosa sola, sono molte cose differenti tra di loro - spiega il regista - Cerco di realizzarne solo una parte, non ci si può concentrare su tutto. Mi piace più la composizione, la poesia che non la prosa. Hawks diceva "quando arrivano gli attori il cinema va indietro di 20 anni!". Attenzione, mi piace la recitazione eh! Ma mi piace un'idea letteraria, quella è la materia del cinema".
Un film curato nei minimi dettagli, fino ad arrivare alla decisione di girare in digitale.
" E' la mia prima esperienza in digitale perchè mi sono accorto che è molto efficace per la composizione e non per il movimento. La mia idea di cinema è vicina a quella dei film muti, dei film classici, quelli in cui c'erano momenti in cui la gente aveva il tempo di guardare e ascoltare senza frenesia. Mi piace l'arte e il cinema è molte cose, e io cerco di raggiungere le persone attraverso tutte queste cose".
L'esigenza nasce anche da una ristrettezza di fondi, che ha determinato alcune scelte forzate come quella di abbandonare la pellicola. "Il digitale costa meno - ammette Botelho - avevamo pochi soldi, i 35 mm sono una cosa diversa evidentemente. Il digitale richiede scelte importanti, non ci si può soffermare sui dettagli. Ma il cinema non è un'arte pura e a me piacciono le imperfezioni. In questo il digitale pone molto vicini alla pittura, ma bisogna usare molta luce, tenere più il controllo se no i colori risultano diversi tra di loro. Bisogna capire anzitutto su che materiale si lavora. Fortunatamente nel mio paese ho un'enorme libertà e mi hanno lasciato la possibilità di scegliere. Anche perchè faccio film solo per fare film, non per fare i soldi".
Ormai quasi dieci anni fa una sua pellicola riscuoteva successi a Venezia, oggi sbarca a Roma. Questo offre il "la" per una riflessione a tutto tondo su cosa e come sia cambiato nel cinema nel corso di questi anni.
"Il mondo è cambiato da quando venni a Venezia, io non so se lo sono. La costante è che devo adeguarmi ai pochi mezzi che ho a disposizione. Sicuramente oggi sono più vicino al radicalismo dei miei primi anni. Ma ogni anno il cinema si allontana dall'idea del cinema che ho io e che amo. Le persone non si interessano del cinema, ma del glamour. Io sono felice di essere qui, comunque, e di vedere Roma, per le opere del Bellini e per lottare per il mio film. Il cinema in questo momento è più fruibile per i miei nipoti che per me, e l'idea di cinema che aveva gente come Rossellini si è persa, è lontana da quello che è il cinema oggi".
Un romanzo in costume, una storia in cui emergono molti personaggi appartenenti al passato. Su tutti, Elisabetta, l'imperatrice di Austria-Ungheria, la favolosa Sissi.
"Elisabetta era emancipata per i suoi tempi, una delle prime donne ad avere così tanto potere e così tanta libertà, ha infranto molte convenzioni, è un fatto storico che si sia recata a Madeira, dove è ambientato il film. Ha creato scandalo in quei quattro mesi, andava a bere con i pescatori, rideva e ballava per tutta la notte. Incarna l'idea della prima donna che si comportava come un uomo, l'idea della libertà, per questo le ho dato così tanta centralità nel film".
Se Sissi aveva potere, Botelho sicuramente meno, almeno a sentire delle difficoltà distributive che il film avrà anche in Portogallo, lì dove è stato pensato e realizzato.
"Questo perchè molto più difficile di fare un film è farlo vedere. Doveva uscire questo mese in Portogallo, ma non c'erano cinema disponibili, perchè esce 007. Qualcuno l'ha trovato bellissimo, altri noiosissimo, ma comunque è proprio difficile farlo vedere".
Complicato e difficile alla fruizione qual'è A corte do norte, in Italia, probabilmente, l'uscita in sala sarà difficoltosa.