Dopo diversi anni di studio e documentazione, Il caso Pantani - L'omicidio di un campione è pronto per arrivare al cinema, come evento speciale, il 12, 13 e 14 ottobre. Un progetto che si trova a metà strada tra il docufilm, il biopic, il genere drammatico e il noir, ma che vuole raccontare una cosa sola: la verità. È questo il proposito principale di Domenico Ciolfi, regista e sceneggiatore del film, che ha messo in prima persona le mani dentro uno dei casi più oscuri e misteriosi degli ultimi anni.
Un film che diventa una fiammella di speranza per riabilitare il nome di Marco Pantani, per dargli giustizia, per capire cosa sia successo e come sia avvenuta la sua morte e per riflettere sull'identità di un Paese e di una società che predica bene ma continua a razzolare male. Così, per saperne di più in merito alla realizzazione de Il caso Pantani - L'omicidio di un campione e di come questa fiammella, si spera, sia in grado di scatenare un incendio, ne abbiamo parlato con il regista Domenico Ciolfi, l'attore Marco Palvetti e la madre di Pantani, Tonina.
La video intervista a Tonina Pantani, la madre del "Pirata" che continua a cercare la verità
Il momento della verità per Pantani è finalmente arrivato
Oltre la ricerca della verità, ciò che Il caso Pantani - L'omicidio di un campione propone è cercare di mostrare al pubblico il vero Marco Pantani, con tutti i suoi pregi e difetti. Un uomo di mare, semplice, umile e con un talento innato per il ciclismo, tanto da diventare una leggenda vivente fino all'inizio di giugno del 1999, il momento della sua prima morte, quella dell'anima, a cui è seguita quella fisica, avvenuta il 14 febbraio 2004 in circostanze misteriose. Ma come ci si può approcciare ad una vicenda come quella del caso Pantani?
Il regista e sceneggiatore Domenico Ciolfi ha studiato in prima istanza questo caso "Perché quando morì Marco Pantani il racconto dei media mi aveva convinto molto poco. In seguito, con la riapertura delle indagini nel 2014, avvenute su pressione della famiglia di Pantani e dell'avvocato, mi sono interessato molto alla vicenda. Studiando poi le carte ufficiali, andando a trovare tutti i testimoni dell'epoca e trovandone di nuovi è nata l'idea di realizzare questo film, anche perché alla base vi era del materiale molto importante. Materiale che è andato ad aggiungersi nel tempo, tanto che abbiamo riaperto una parte finale di montaggio perché abbiamo ricevuto una soffiata che poi abbiamo verificato con altre due/tre fonti, proprio perché ormai era diventato un film di inchiesta e di cronaca. E questa è la cosa che ci ha dato più soddisfazione, ovvero la volontà di trovare la soluzione e capire cosa fosse successo".
Marco Pantani: l'uomo dietro il mito
Per dare vita a tutta la vicenda che ha coinvolto Marco Pantani dal 1999 fino alla sua tragica e misteriosa morte avvenuta nel 2004, Domenico Ciolfi ha deciso di fare interpretare il "Pirata" a tre attori diversi per un motivo ben preciso: "Il film è diviso in tre atti, come nella tragedia classica e l'idea era proprio questa. Ci sono tre attori diversi per sottolineare quello che era il periodo psicologico che Marco andava ad affrontare. C'è Brenno Placido che interpreta il campione che tutti idolatrano e che sembra invincibile, poi abbiamo Marco Palvetti che, invece, interpreta Marco nel suo periodo più lungo, quello più difficile in cui mette in discussione la sua vita e il suo talento, tanto da provare a tornare in sella alla sua bicicletta. Poi abbiamo Fabrizio Rongione che interpreta Marco nella sua ultima settimana di Rimini, quella più oscura, quella in cui nessuno sa cosa sia davvero successo e che questo film cerca di spiegare chiaramente".
Se nel film sono presenti ben tre attori chiamati ad interpretare Marco Pantani, è pur vero che ognuno di loro ha dovuto far fronte ad un onore e ad una responsabilità non da poco, anche perché i fatti che hanno caratterizzato questo caso hanno marchiato a fuoco la mente e il cuore di tantissima gente. Lo stesso Marco Palvetti, che ha interpretato il celebre ciclista nella sua discesa agli inferi, ricorda ancora adesso come ha vissuto quei tragici momenti passati e cosa ha scoperto rivivendoli come interprete di Marco: "Avevo circa tredici anni, ero molto giovane e sentivo parlare di Marco Pantani, per me era una leggenda. Ma nel momento in cui siamo andati a mettere le mani in questa vicenda, ho ritrovato un essere umano e da questo incontro è nata poi quella che è l'immagine che ho oggi di quel campione, un mito che rimarrà sempre tale e una vicenda che rimane estremamente attuale perché rappresenta un po' quella parte di noi che soffre reagendo ad una società che non accetta il talento, vivendo in un paese non meritocratico".
Ma per Palvetti, interpretare un uomo di questo calibro e dare vita alla sua sofferenza interiore, non è stato un processo immediato: "Domenico Ciolfi mi ha dato la possibilità di vivere determinati ambienti, di fare certe esperienze anche in maniera non invadente e pian piano mi ha fatto avvicinare a quelle realtà che erano le stesse di Marco. Quindi, in punta di piedi, sono entrato in questa casa nuova e siamo andati a costruire quelle che erano le caratteristiche portanti del personaggio con molto rispetto per le sue radici. Ma era fondamentale fare un lavoro anche per quello che era il suo linguaggio, per capire chi fosse Marco quando non era davanti ad una macchina da presa o quando non era in bicicletta, cioè chi era l'essere umano. E, per trovare questo, tutte le informazioni dovevano reagire con la mia parte più intima".
Andare alla ricerca della verità per garantire un presente e un futuro onesto alle nuove generazioni
Come già sottolineato, Il caso Pantani - L'omicidio di un campione pone come obiettivo primario quello di raccontare al grande pubblico, grazie anche a dettagli e aspetti poco o per nulla noti, cosa sia accaduto poco prima della penultima tappa del Giro d'Italia del 1999 e il giorno di San Valentino di cinque anni dopo. Lo stesso Ciolfi asserisce che "La nostra intenzione è che con questo film si racconti alla gente cosa sia accaduto e questa è la cosa più importante, oltre che restituire la dignità a quel ragazzo. E, poi, speriamo che il film spinga finalmente a riaprire il caso di Madonna di Campiglio in modo definitivo, anche se ormai è conclamato che Marco Pantani sia stato ingannato e non solo lui. È chiaro che quella che è stata dichiarata come versione ufficiale è la meno credibile di tutte".
Un film, questo, che potrebbe dare una scossa a certe coscienze e che potrebbe smuovere quelle acque ormai stagnanti da molti, troppi anni. E la cosa fondamentale che bisogna fare è non smettere mai di lottare, proprio come continua a fare Tonina Pantani, affettuosa madre di Marco, che continua ad andare alla ricerca della verità, andando oltre ciò che è stato detto e/o promosso dalla stampa: "Lui voleva la verità. Dopo Madonna di Campiglio si è messo quattro anni con gli avvocati e non ci è riuscito. Io gli ho fatto una promessa, che ci devo riuscire io. E sono sedici anni che lotto e non mollo".
Ma questo film, oltre a quanto già detto, potrebbe essere anche un progetto in grado di proteggere i giovani sportivi da ingiuste tragedie. Per lo stesso Marco Palvetti, classe 1988, questo film è anche una "Possibilità data a noi giovani di credere nel proprio talento, soprattutto nel momento in cui guardiamo un campione e la sua cupa parabola. È chiaro che una persona potrebbe scegliere una strada che non è quella onesta. E, invece, è proprio lì che bisogna insistere, dare la possibilità e la certezza a questi giovani, compresi tutti noi, perché dentro ognuno di noi c'è una parte che rimarrà per sempre giovane, che sognerà e andrà a coltivare mille talenti. Ed è tutto ciò che rende questa storia attuale, al di là dei casi che si possono riaprire oppure no, perché c'è un caso che rimarrà sempre aperto ed è il presente".