Il restauratore: la nuova fiction con Lando Buzzanca

La nuova fiction diretta da Giorgio Capitani e Salvatore Basile tratta un tema, come quello del soprannaturale, poco affrontato dai prodotti televisivi italiani, cercando tuttavia una via più specificamente locale al genere e alle sue dinamiche.

I restauri dell'anima

Basilio è un ex poliziotto, un uomo che ha commesso un errore grave e irreparabile. Per quell'errore, ha passato vent'anni in carcere, un periodo molto lungo che fatalmente lo ha cambiato. Non solo nelle attitudini e nelle capacità (in prigione ha seguito un corso di restauro, arte in cui ha scoperto di eccellere), non solo nell'atteggiamento verso la vita, ma anche in qualcosa di ancora più profondo. Appena uscito dal carcere, Basilio scopre infatti di avere un peculiare dono, la capacità di vedere cose che ancora devono accadere, propositi che ancora devono realizzarsi, semplicemente toccando degli oggetti. Il problema è che le sue visioni, in genere, sono tutt'altro che idilliache: Basilio assiste infatti a future tragedie, propositi di morte e vendetta destinati a cambiare per sempre le vite di coloro che li metteranno in atto. Proprio come un'azione simile, un ventennio prima, cambiò per sempre la sua vita. Così l'uomo, appena assunto come collaboratore in una bottega di restauro del centro di Roma, gestita dalla giovane Maddalena, deve decidere cosa fare di questo dono: ignorarlo e lasciare che le cose accadano, permettendo che quelle vite di cui ha avuto un rapido scorcio vadano alla deriva, oppure metterlo al servizio degli altri, decidendo di diventare un "restauratore", oltre che di oggetti, anche di anime?

E' un tema abbastanza insolito, per la fiction italiana, quello di questo Il restauratore, nuova serie in dodici puntate (sei serate in tutto) diretta da Giorgio Capitani e Salvatore Basile. Il soprannaturale, infatti, è un terreno poco battuto dai prodotti televisivi nostrani, almeno limitatamente agli ultimi decenni: sono infatti lontani gli anni in cui sceneggiati come Il segno del comando e Ritratto di donna velata tenevano incollati allo schermo milioni di spettatori, mentre nel frattempo si è affermata, e consolidata, una concezione della fiction come prodotto standardizzato, con formule e generi ben collaudati e attento più alla confezione (e alla ricezione da parte di un pubblico generalista) che alla voglia di sperimentare e osare. Non va quindi sottovalutato il tentativo di questa miniserie di svecchiare un po' i temi della di una serialità italiana da troppi anni ingessata e incapace di offrire spunti davvero interessanti: nonostante la chiara derivazione d'oltreoceano (impossibile non pensare a un romanzo come La zona morta di Stephen King e ai suoi derivati cinematografici e televisivi) questa nuova fiction sembra cercare una via italiana al genere, che coniughi il tema della "luccicanza", termine più volte usato dagli stessi realizzatori, a generi più frequentati dalla nostra televisione come la commedia e il poliziesco, usando inoltre un protagonista, come Lando Buzzanca, capace di mostrare nell'occasione carisma e simpatia.
In effetti, il tema su cui da subito la storia si concentra è quello della "missione", che comporta di fatto una redenzione per le azioni del passato, che il protagonista è chiamato a compiere: Basilio, infatti, è un uomo segnato da un tragico evento risalente a vent'anni prima, quando cedette a un impulso di vendetta uccidendo due persone. Il passato, nonostante gli anni trascorsi in carcere, torna così a tormentare l'esistenza dell'uomo, esigendo una riparazione che vada oltre la pena espiata: dopo aver distrutto due vite (e aver compromesso la propria) il protagonista è chiamato ad evitare che altri seguano il suo stesso percorso, intervenendo nel corso degli eventi per modificarne il destino. Un compito che si va simbolicamente a sovrapporre alla sua nuova attività di restauratore, che lo chiama a rimettere in sesto, oltre agli oggetti del passato, l'anima e la vita (futura) delle persone che li hanno posseduti. Una concezione quasi messianica, quindi, comunque rivelante una forte tensione verso concetti quali l'abnegazione e la messa in secondo piano delle proprie esigenze, una tendenza a una spiritualità laica messa in scena però con una leggerezza che punta a raggiungere in modo semplice e diretto il pubblico.
La fiction mette in mostra da subito, oltre a sceneggiature costruite secondo un canovaccio abbastanza classico (quello di un'indagine di stampo poliziesco, con la variante delle visioni del protagonista a dare l'impulso iniziale) una certa cura nella confezione, con un'efficace fotografia che offre il suo meglio nell'interno della bottega in cui opera il protagonista, e una buona ricostruzione scenografica (gli esterni della capitale sono stati in gran parte ricreati in un teatro di posa di Belgrado). L'attenzione della regia agli oggetti, il minuzioso scrutarli nella loro forma esterna prima che il protagonista ne penetri col suo dono "l'anima" (come la storia da essi raccontata) si sovrappone a una messa in scena dal taglio abbastanza moderno, aiutata dall'esperienza ormai pluridecennale di un regista come Capitani. Lo stesso sviluppo, evidente già nei primi episodi, di una trama orizzontale a collegare le singole storie, offre spunti interessanti nel rapporto del protagonista con gli altri personaggi, specie con la sua datrice di lavoro interpretata da Martina Colombari, e col suo ex collega Maccari, a cui dà il volto Marco Falaguasta e con cui, fatalmente, Basilio incrocerà sovente la sua strada.
La presenza di citazioni cinefile nella serie (il secondo episodio contiene un omaggio abbastanza esplicito a Cantando sotto la pioggia) non disturba poi più di tanto, rivelando anzi nell'operazione un carattere più "colto" della media dei prodotti televisivi italiani. In un prodotto pur sempre destinato ad un pubblico generalista, si tratta di una sorpresa senz'altro gradevole.