I colori del tempo, Cédric Klapisch: “Guardare al passato per vivere meglio il presente”

Il regista francese ci racconta il film che in Francia è già un successo al boxoffice e che per la prima volta lo ha portato fino al Concorso ufficiale di Cannes.

Suzanne Lindon in una scena del film

Cédric Klapisch ha sempre avuto uno sguardo curioso sul mondo e una passione smodata per le dinamiche di gruppo. Ha indagato la ricerca di identità tra i giovani della generazione Erasmus ne L'appartamento spagnolo, seguendo i fermenti di quella stessa gioventù europea nel successivo Bambole Russe e nella più recente serie targata Amazon, Insalata greca.

Una Scena De I Colori Del Tempo
I colori del tempo: un frame del film

Ma è il concetto più ampio di comunità e del bisogno di trovare legami nel caos della modernità ad aver a lungo caratterizzato la sua ricerca, come ci conferma lui stesso: "Se c'è un comune denominatore tra tutte le storie che ho raccontato, è proprio il rapporto fra un individuo e un gruppo. È un tema che mi interessa molto, perché ci spinge a porci il problema del collettivo e di cosa significhi vivere insieme". Con I colori del tempo, che in patria è già campione d'incassi e che per la prima volta ha portato il regista francese in selezione ufficiale a Cannes, Klapisch trasferisce quella stessa sensibilità in una storia sospesa tra la Parigi di fin de siecle e quella di oggi, in un dialogo continuo tra passato e presente, memoria e identità, riflessione sul tempo che fu e considerazioni su un presente iperconnesso e tecnologico che ci obbliga alla caducità del "qui e ora".

Una danza tra passato e presente

Lo spunto delle vicende de I colori del tempo è la convocazione di un gruppo di sconosciuti per discutere di una misteriosa eredità: tutti sono cugini e discendono da un'unica donna, Adèle Meunier, che alla fine dell'Ottocento lasciò la Normandia per cercare la madre a Parigi. Frugando tra vecchie foto, lettere e dipinti, quattro degli eredi (Seb, Celine, Abdelkrim e Guy) riescono a ricostruire gli amori e le incredibili avventure della loro antenata, vissuta nel cuore della Belle Époque e della trionfale stagione dell'Impressionismo. "Il punto di partenza è stata proprio la contrapposizione tra la Parigi della Belle Epoque e quella moderna", racconta Klapisch che per ricostruirla dice di aver fatto "un lavoro di documentazione molto preciso e pignolo, attraverso alcune foto d'epoca e i pochi filmati a disposizione".

La Protagonista De I Colori Del Tempo
I colori del tempo: una sequenza del film

Il risultato è una danza perenne nel tempo tra passato e modernità, in un susseguirsi di immagini e dissolvenze in cui "la Parigi della fine del diciannovesimo secolo finisce per essere la stessa di oggi. Se si guarda all'altezza del primo piano le strade e i marciapiedi, dove oggi sorgono semafori e insegne luminose dei negozi, sono rimasti identici".

La memoria e le nuove generazioni

Ne I colori del tempo il passato non è semplice nostalgia, ma è lente d'ingrandimento sul presente, come dimostra il giovane Seb, un creatore di contenuti digitali intrappolato nel mordi e fuggi dei social, che riuscirà inaspettatamente a riscoprire nel proprio passato familiare la dimensione di un sé più autentico nel presente. "Seb è un personaggio fortemente ancorato alla modernità: sta sempre sul telefonino tra Instagram e Youtube, perché quello gli impone di fare il suo lavoro. Inizialmente non è interessato a fare quel viaggio in Normandia nella casa di famiglia, è il nonno che lo spinge ad andare. Ma una volta arrivato lì, la scoperta di alcune foto e oggetti del passato lo portano a porsi delle domande: 'Chi ha vissuto in quella casa? Chi è? Come si viveva all'epoca?'. E comincia a guardarsi indietro". Sarà lui stesso a riconoscerlo: "Ho sempre guardato avanti, ma ho fatto bene a guardare un po' indietro", dirà. Il film parla proprio del gusto di riguardare e riesaminare il passato che diventa un territorio di esplorazione personale e collettiva, un invito a rallentare lo sguardo e a riscoprire la profondità del tempo.

"Mi sono lasciato guidare da questa idea e ho pensato spesso a quei libretti di siti archeologici, che ti mostrano come sono oggi e come erano all'epoca quando non erano rovine, ma luoghi in cui le persone abitavano. - spiega il regista - Il film gioca su questo e ci dice che guardare il passato non è sempre noioso e polveroso, anzi passare un pomeriggio a sfogliare vecchi album di famiglia spesso può servire a vivere meglio il presente". Oggi farlo richiede però un uno sforzo in più, "perché le tecnologie moderne ci obbligano quasi sempre a rimanere focalizzati sul presente immediato e credo che i giovani se ne rendano conto".

L'importanza della memoria nell'arte

Un Immagine De I Colori Del Tempo
I colori del tempo: una scena del film

In un'epoca ossessionata dall'immediatezza, I colori del tempo diventa quindi una riflessione sul valore di "guardare indietro", anche e soprattutto nell'arte. "Per un artista guardare al passato e imparare a conoscerlo è un imperativo. Se vuoi fare il musicista non puoi non conoscere Bach, Beethoven, Mozart o i Beatles; il passato vicino o lontano è quello di cui si nutrono gli artisti. E lo stesso vale per la pittura: all'epoca di Leonardo da Vinci i pittori francesi venivano in Italia a studiare il Rinascimento, l'arte antica, le statue, le statue romane. Qualunque artista deve a un certo punto della sua carriera porsi il problema dell'analisi della conoscenza del passato e credo che oggi sia indispensabile. Per un aspirante pittore o fotografo, sarà sicuramente necessario frequentare musei, andare a vedere delle mostre, documentarsi sul passato. Lo stesso può dirsi di un uomo politico, che dovrebbe conoscere le teorie o i sistemi politici adottati in passato". E vale anche per i registi: "È impossibile fare un film senza una conoscenza di quello che è stato il cinema del passato. Da giovane come qualsiasi studente ho studiato il cinema di vari paesi e quello italiano è stato per me fonte di grande ispirazione".

Arti visive e intelligenza artificiale

Un Frame De I Colori Del Tempo
I colori del tempo: una foto

Un tema ricorrente è la coabitazione tra le arti visive: nella Parigi della Belle Epoque tocca allo pittura che ben presto avrebbe dovuto fare i conti con l'esplodere della fotografia, oggi invece è il turno del cinema costretto a confrontarsi con l'avvento dell'Intelligenza Artificiale generativa.

Ma Klapisch è abbastanza ottimista: "Non possiamo sapere che cosa succederà, abbiamo a che fare con uno strumento con potenzialità enormi, ma non sappiamo come evolverà e cosa diventerà. - confessa - Per il secondo anno consecutivo ho accettato di far parte della giuria di un festival di opere create esclusivamente con Intelligenza Artificiale, sono curioso di vedere che cosa può veramente creare uno strumento simile. Nel film Lucien, il fotografo, è convinto che la pittura sia un'arte destinata a estinguersi a favore della fotografia, ma sappiamo che non è successo: che la pittura ha continuato e continuerà ad esistere insieme alla fotografia. Nell'arte non c'è sostituzione, semmai sovrapposizione. L'arrivo del sintetizzatore elettronico non ha cancellato i violini o le orchestre sinfoniche, anzi molti compositori hanno cominciato a usarli entrambi mescolandoli. Sono convinto che la cultura è fatta di menage, unioni e sovrapposizioni".

Come è sicuro che l'AI non potrà mai sostituire il talento: "Ognuno di noi ormai dispone di un telefonino in grado di scattare foto, ma non tutti siamo capaci di fare delle belle fotografie, i bravi fotografi sono pochi. Per diventare un bravo fotografo bisogna riflettere, porsi delle domande, studiare, andare nei musei, guardare le fotografie degli altri, ovvero avere cultura. Così come avere una penna in mano non fa di te uno scrittore; per esserlo serve leggere, visitare luoghi, essere curiosi e farsi delle domande. La differenza si vede, come quando ascolti Billie Eilish: capisci subito che è un'altra cosa. In tanti possono scattare foto, girare film o fare un video, ma quando lo fa un artista, magari con gli stessi mezzi, è diverso".