La penultima giornata del Roma Fiction Fest ha visto, soprattutto, un ospite d'eccezione prendere possesso della ribalta: si tratta di Howard Gordon, sceneggiatore e produttore, senz'altro uno dei nomi più significativi della serialità americana degli ultimi anni. Nell'ambito della giornata, infatti, sono state presentate ben due delle sue creazioni più rilevanti: parliamo di Homeland, acclamato political drama di cui proprio la manifestazione romana ha introdotto la quarta stagione (più tardi, sarà mostrato un breve spezzone del primo episodio) e di Tyrant, nuova e già discussa serie targata FX, incentrata sulle vicende di un leader mediorientale.
Nell'ambito del festival, abbiamo potuto incontrare Gordon, per una chiacchierata incentrata sulle sue creazioni vecchie e nuove, su qualche dettaglio della nuova stagione della sua serie più nota, sui temi ricorrenti della sua produzione e, più in generale, sul suo lavoro per una serialità televisiva sempre viva e in movimento.
Homeland, stagione 4: qualche anticipazione
Può dirci cosa ci aspetta nella nuova stagione di Homeland? Ci dev'essere voluto coraggio per far morire il personaggio di Brody.
Howard Gordon: In realtà, quando abbiamo iniziato a lavorarci, doveva morire alla fine della prima stagione. Invece, è durato tre stagioni ed è stato molto amato dal pubblico, ma si sapeva che doveva andarsene: è durato più a lungo del previsto. Abbiamo comunque fiducia nei personaggi che restano: ora, in particolare, ci concentreremo su Carrie.
Il tema centrale, all'inizio, sembrava quello del "nemico dentro casa". La serie doveva essere focalizzata su Brody, mentre invece ora sembra che il focus sia Carrie...
La vera domanda è, quella che anche noi ci siamo posti, è: Homeland è la storia della relazione di Carrie e Brody, o la storia di una donna della CIA affetta da disturbo bipolare? Questa domanda è legata al tema delle cose di cui abbiamo paura, e di quelle per cui combattiamo.
Nella nuova stagione di Homeland ci perderemo qualcuno dei comprimari per strada? O forse alcuni di loro avranno più spazio?
Posso anticipare che Quinn avrà più piu spazio. Ne avrà molto anche Suraj Sharma, l'attore di Vita di Pi che si è appena unito al cast.
Al personaggio di Carrie mancheranno ora dei punti di riferimento emotivi. Come evolverà? Ci sarà un avvicinamento affettivo con Quinn?
Lei sta attraversando una grossa crisi esistenziale, ora. Sta tirando le file della sua vita attraverso le persone che non ci sono più: si rende conto che non è più bambina, è adulta ed è una madre. Ora, Carrie si pone le grandi domande che prima o poi ci poniamo tutti: cosa ci facciamo qui, e qual è il senso di ciò che facciamo.
In Homeland una parte importante ce l'ha anche la componente sentimentale. Ci sarà spazio per un'altra love story, nelle prossime stagioni?
Carrie ha sempre avuto qualche problema con l'amore e le relazioni: ha sempre messo queste ultime e il sesso su piani diversi. Poi, certo, ha anche scelto la persona più sbagliata di cui innamorarsi. L'amore, o comunque il tentativo di raggiungerlo, certamente ci saranno: ma Carrie, innanzitutto, dovrà imparare ad amare se stessa e il suo bambino.
Nella nuova stagione, sarà sempre il mondo musulmano il background della storia?
Non necessariamente. Ora siamo ancora in fase di sceneggiatura, ma posso anticipare che ci sarà anche altro. Come americani e occidentali, per noi è interessante chiederci, per esempio, in che modo vediamo la Cina e la Russia.
Il piccolo schermo, specchio della realtà
Più volte, lei è stato accusato di avercela con il mondo arabo. Ora, vedendo Tyrant, sembra effettivamente di cogliere delle forti critiche verso quel mondo. Come si rapporta a queste accuse?
Sicuramente, scrivendo una serie su questo argomento, sapevo che ci sarebbero state delle critiche; le avevo messe in conto, le avrei persino potute anticipare. La materia è potenzialmente incendiaria, quindi devi essere pronto ad accettare le critiche. Io, però, sono proprio l'opposto di ciò che mi vogliono dipingere: non ho certo scritto queste serie per attaccare il mondo arabo: anzi, ci sono tanti miei amici arabi che hanno visto Homeland e Tyrant, e non ci hanno trovato nessun attacco del genere. La verità è che ognuno, nelle cose, ci vede un po' quello che vuole. Comunque, malgrado le polemiche, proprio ora Tyrant è stato rinnovato per una seconda stagione.
Quanto di ciò che avviene ora con l'Isis, e soprattutto con la presenza di terroristi occidentali nelle sue file, le fa pensare che aveva ragione? E quanto ciò le dà nuovo materiale per una serie come Tyrant?
È proprio questo il motivo per cui sono affascinato da questa materia: abbiamo elementi che, potenzialmente, non finiscono mai. Non voglio definirmi profetico, comunque: come sceneggiatori, basta avere gli occhi e le orecchie aperte, e l'avere immaginazione necessaria per "unire tutti i puntini". Credo di aver avuto solo particolare attenzione e immaginazione.
Qual è la sua paura più grande?
Nonostante faccia questo lavoro da tanti anni, scrivere una sceneggiatura mi mette ancora ansia! A livello politico, invece, la velocità dei cambiamenti nella società. Sento che il mondo cambia così velocemente, che mi lascia disorientato. Avevamo delle certezze che pensavamo sarebbero durate: invece, quelle certezze sono state spazzate via. Ho paura di non riuscire a stare al passo con i tempi.
C'è una volontà di denuncia o di presa di posizione, nei suoi political drama?
Io tengo sempre fuori la mia opinione, da ciò che scrivo: sono le domande che mi interessano. Quando hai troppe risposte, allora stai facendo polemica o propaganda. Io non ho risposte, mi sento solo disorientato da ciò che succede: sono talmente confuso che continuo a pormi queste domande, e ciò mi dà sempre nuovo materiale per continuare a scrivere.
L'evoluzione della scrittura televisiva, e gli altri progetti
Lei, dagli anni '80 in poi, ha attraversato diverse fasi storiche della serialità televisiva. Com'è cambiato, da allora, il suo lavoro?
E' cambiato in modo rivoluzionario. Rispetto ad allora, la tecnologia ci dà mezzi che ci permettono di sviluppare storie più grandi: questo, perché ormai le serie si possono vedere quando si vuole. Con l'avvento del DVD e delle altre piattaforme, il pubblico ha libertà di guardare un episodio quando e dove vuole. Abbiamo una tela più grande su cui poter dipingere. In passato, trovavi semplici storie di avvocati, dottori e poliziotti: ora, invece, si possono raccontare cose più specifiche, e contemporaneamente andare più a fondo nei personaggi.
Anni fa, lei doveva collaborare con George R.R. Martin, il romanziere. Lei e Martin siete cambiati molto, in questi anni?
Lui è un vero scrittore, un romanziere: ha una testa enorme, che continua sempre a crescere! All'epoca, si usavano ancora le macchine da scrivere: lui stava lì, con la musica di Bruce Springsteen a tutto volume, e continuava a battere sui tasti velocissimo; io invece andavo a rilento, e la cosa mi faceva una rabbia... Lui, poi, ha lasciato Hollywood perché i suoi progetti non venivano realizzati al cinema; ora finalmente ha trovato una sua dimensione con la serie de Il trono di spade. E' un genio, e anche una persona dolcissima: siamo amici, pensavamo di fare qualcosa insieme ma per ora non abbiamo trovato modo. Si sa che in questo ambiente, più che l'amicizia, contano i contratti firmati. Per ora non è stato possibile, ma in futuro, chissà.
Un'altra sua serie, trasmessa da poco negli USA, è Legends. Anche quella è un political drama?
È una spy story, con protagonista un agente che lavora sotto copertura. Lui è bravissimo a fare la parte delle altre persone, ma non è altrettanto bravo a fare se stesso. E in seguito scoprirà che, forse, non è neanche chi pensa di essere.
Lei sarà coinvolto anche in un'ipotetica, nuova stagione di 24? Può dirci cosa farà Jack Bauer in Russia?
Ne stiamo ancora parlando: vogliamo capire quale sarà la cosa giusta da fargli fare. Jack comunque mi manca.
Quali sono le serie che le piace guardare, ora?
Mi piace Mad Men, che però devo ancora finire; sono un po' indietro. Stessa cosa per Il trono di spade e Dexter. Mi piace molto anche Breaking Bad. Tra le commedie, direi Curb your enthusiasm.