Recensione Rec (2007)

Rec supera intelligentemente i limiti della struttura ondivaga e sfilacciata legata alla ricerca dell'image-verité e, dimostrando di aver imparato la lezione, abbina il look sporco del reportage a una sceneggiatura strutturata con grande perizia.

Horror verité

Una tranquilla serata in una stazione dei pompieri di Barcellona si trasforma in un incubo senza fine quando una chiamata interrompe la quiete: dal terzo piano di un condominio cittadino provengono urla strazianti. Sarà l'occhio della telecamera della troupe televisiva formata da Angela e dal cameraman Pablo, impegnata per una notte a documentare il lavoro dei pompieri per il real tv show Mentre tu dormi, a registrare il precipitare degli eventi.

Jaume Balaguerò è ormai un habitué del Lido. Per il terzo anno consecutivo, dopo le anteprime veneziane di Fragile e del mediometraggio Para entrar a vivir, torna a presentare quello che finora appare il suo lavoro più convincente. Per realizzarlo il regista catalano abbandona momentaneamente la tradizione orrorifico-cinematografica, che ha contrassegnato le pellicole precedenti, per guardare al mondo della televisione e lo fa servendosi della preziosa collaborazione del giovane Paco Plaza, regista col quale Balaguerò nel 2002 aveva realizzato il documentario su un noto reality spagnolo OT: La pelicula. La scelta di porre il mondo della peggior televisione odierna, quella che vampirizza la realtà per qualche punto in più di audience e che tanto va di moda al giorno d'oggi, al centro di REC può far storcere il naso a molti puristi, e ancor di più li inquieterà sapere che Balaguerò e il collega Plaza attingono a piene mani a quel sottobosco di pellicole metahorror il cui capostipite è senza dubbio il fenomeno mediatico (e bluff contenutistico) The Blair Witch Project, anche se a tratti si intravedono sprazzi di Marebito nella morbosa mostrazione della morte davanti alla lente della telecamera. A differenza di questi film, Rec supera intelligentemente i limiti della struttura ondivaga e sfilacciata legata alla ricerca dell'image-verité e, dimostrando di aver imparato la lezione, abbina il look sporco del reportage a una sceneggiatura strutturata con grande perizia.

La parola d'ordine è "mantenere alta la tensione". Così dopo un incipit in medias res in cui una presentatrice annoiata e indisponente documenta la vita dei pompieri che coprono il turno di notte alla stazione, l'ingresso in un condominio dal quale è giunta una chiamata di soccorso segna l'inizio di una lunga serie di colpi di scena che incollano lo spettatore alla sedia fino al crudo finale. Anche quando il meccanismo appare ormai chiaro, il film continua a far sobbalzare il pubblico, segno che il mestiere c'è e si vede tutto. Montaggio serratissimo, azione parossistica, situazioni claustrofobiche antropofagia e scene di violenza estrema che turberanno gli stomaci più sensibili: Balaguerò e Plaza si servono di tutti gli strumenti del genere senza inventare niente di nuovo. L'originalità di Rec sta, semmai, nella lucidità che caratterizza il film, nel suo saper rielaborare la tradizione modernizzandola attraverso il connubio di zombie-movie e docu-fiction, nella nettezza di un finale che spiega il necessario senza forzature e nella scelta, che in questo caso si rivela vincente, di adottare il punto di vista della telecamera per tutto il film senza mai sgarrare. Oeil machine che registra impassibile orrore dopo orrore perché il diritto di documentare viene prima di tutto, anche della vita umana, e se la critica verso questo meccanismo implacabile resta implicita, è la riflessione su cosa sia più o meno giusto mostrare ad imporsi mentre il rumore bianco che invade lo schermo si sostituisce alle immagini della telecamera, ormai incustodita, prima di precipitare nel buio.

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3.0/5