Nour è una madre single franco-iraniana che lotta quotidianamente per andar avanti nella quanto mai difficile realtà delle banlieue parigine. Per mantenere se stessa e il figlio preadolescente Amine, la donna si guadagna da vivere tramite un'attività quanto mai particolare, ovvero il contrabbando di animali esotici - serpenti, lucertole, scorpioni e via dicendo - dal Marocco alla Francia, per poi rivenderli ai presunti stregoni che abitano quei quartieri multiculturali.

In Hood Witch Roqya tutto crolla quando un uomo disperato si rivolge a lei convinto che il proprio figlio sia posseduto da dei demoni. Il ragazzo viene sottoposto a un esorcismo condotto da un prete "spretato" che Nour ha messo in contatto con la famiglia. Ma la "cura" spirituale si trasforma in tragedia e Nour finisce per diventare immediatamente il capro espiatorio perfetto. Accusata di stregoneria, rea di aver portato il male nella comunità, la donna si ritrova braccata da una folla inferocita che vuole vederla morta e si ritroverà a dover fuggire nel tentativo di proteggere Amine dalle mire del suo ex marito.
Hood Witch Roqya: un fuoco che brucia ancora
Saïd Belktibia, attore franco-marocchino, fa qui il suo esordio alla regia di un lungometraggio con un progetto che non nasconde le proprie ambizioni. Hood Witch Roqya si propone infatti come un thriller sociopolitico che usa l'horror per affrontare temi delicati e quanto mai attuali: la persecuzione delle donne che osano sfidare le norme patriarcali, la persistenza delle superstizioni nelle comunità più povere, il ruolo dei social media nell'alimentare isterie collettive, lo sfruttamento della spiritualità a fini di lucro, le difficoltà dei genitori single nelle periferie dimenticate e infine il complesso mondo dell'integrazione.

L'intenzione mai celata è quella di aggiornare la caccia alle streghe nel contesto contemporaneo, dimostrando come la misoginia di natura sovrannaturale o presunta tale si sia semplicemente trasformata in nuove forme, anziché scomparire del tutto. Il problema è che tutte queste riflessioni non trovano mai una sintesi armonica tramite quelle dinamiche di genere a tratti incostanti, indecise sul prendere effettivamente una posizione tra istanze più spirituali e altre ben più terrene.
Di tutto e di più

Il film a tratti paga l'impressione di voler essere troppe cose contemporaneamente e finisce per non essere completamente nessuna di queste. Le atmosfere cambiano spesso registro, passando dal dramma sociale potenzialmente lucido dal punto di vista introspettivo alla suggestione del soprannaturale, dalle sequenze action frenetiche di fughe e inseguimenti ad altri momenti più intimi, senza un vero e proprio equilibrio di base.
La metafora della caccia alle streghe diventa così inaspettatamente didascalica, con alcuni spunti e false piste che sembrano far propendere per una verità poi smentita. Il tour del force finale, con la "missione personale" da parte della determinata protagonista, si appoggia poi ad alcune forzature, difficili da perdonare giacché si è cercato di dare al racconto un imprinting maggiormente improntato al realismo.
Sola contro tutti
La trasformazione dell'intera banlieue in una massa inferocita assetata di sangue, pronta a dare la caccia alla malcapitata madre, accusata per altro ingiustamente, richiede una sospensione dell'incredulità difficile da concedere, anche comprendendo il peso di quella macchina del fango data dai social network che creano nuovi mostri dal nulla.

Ma non tutto è da buttare, anzi. Hood Witch Roqya può contare infatti su una messa in scena di tutto rispetto, con movimenti di macchina e uno sfruttamento delle location spesso efficaci da parte dell'esordiente regista, che riesce a garantire un notevole livello di tensione per buona parte della pellicola. Con un comparto tecnico di discreto livello a supporto, la storia può anche vantare un cast eterogeneo, che include addirittura l'iconico Denis Lavant in un ruolo secondario e il carismatico fascino di Golshifteh Farahani, attrice iraniana la cui carriera è in costante equilibrio tra cinema commerciale e produzioni d'autore, che offre qui il ritratto convincente di una donna pronta a tutto.
Conclusioni
Un thriller/horror spruzzato di sussulti action, sfruttante le sfumature sovrannaturali per raccontare una moderna caccia alle streghe che diventa metafora della condizione femminile in una cultura patriarcale, con la vita nelle periferie parigine in un contesto assai difficile di immigrazione selvaggia. Una madre single che contrabbanda animali esotici e crea un'app per guaritori spirituali, si ritrova a lottare per proteggere il figlioletto quando viene etichettata come una strega, presunta colpevole del suicidio di un ragazzo affidato alle sue cure. Se il racconto parte bene ma si perde in soluzioni non sempre coerenti ed effettivamente interessanti, la discreta messa in scena e l'ottima prova della sua protagonista risollevano la situazione.
Perché ci piace
- Golshifteh Farahani è una protagonista affascinante e intensa.
- Ritmo e messa in scena su discreti livelli.
Cosa non va
- La sceneggiatura paga alcune evidenti forzature.
- A volte si ha l'impressione che il film non sappia che direzione prendere.