Homemade, la recensione: la serie Netflix di corti d’autore al tempo della quarantena

La nostra recensione di Homemade, una serie antologica Netflix dove 17 registi in quarantena hanno dato sfogo alla loro creatività.

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Homemade, una scena dalla serie di cortometraggi

Iniziamo questa nostra recensione di Homemade sorpresi dall'esperimento che Netflix e Pablo Larraìn hanno ideato. Un esperimento, quello di chiamare a raccolta 17 registi per altrettanti cortometraggi, nato da un'idea di Lorenzo Mieli per The Apartment e dai fratelli Larrain per Fabula, ispirato dalla recente pandemia ancora in corso e legato alla quarantena che tutti noi abbiamo vissuto per quasi tre mesi chiusi nelle nostre case. Come una sfida, registi del calibro di Paolo Sorrentino, Nadine Labaki, lo stesso Pablo Larraìn e le nuove leve come Ladj Ly o Kristen Stewart hanno dovuto dare sfoggio della loro creatività cercando di realizzare un cortometraggio dentro, ovviamente, le mura domestiche, spesso usando i conviventi come troupe o come attori, utilizzando i limitati mezzi di ripresa che potevano trovare a casa. Un vero e proprio inno alla creatività, un elogio all'arte (cinematografica) come motore capace di migliorare le nostre vite e renderci meno pesante la situazione straordinaria dettata dal Coronavirus.

Un esperimento riuscito?

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Homemade, un’immagine dalla serie di cortometraggi

Possiamo dirlo subito: i 17 corti che caratterizzano questo "Volume 1" della serie sono assolutamente deliziosi e piacevoli da vedere. Abbracciando varie cinematografie, varie personalità, molti generi e approcci differenti alla materia, il risultato è appagante e spesso sorprendente. Spesso, alla conclusione di un corto (sono veramente brevissimi, i più lunghi durano 10 minuti, il più breve solo 4), si è stimolati di vedere il successivo senza accusare la pesantezza. Non si tratta di cortometraggi tutti uguali e monotematici, anche se di base il tema portante è quello della quarantena, ma di vere e proprie perle che spaziano attraverso i generi: c'è chi preferisce un mood più riflessivo, chi più personale, chi sfocia nella video-arte, chi nel lirismo poetico, altri ancora nella commedia o nel musical o persino nell'horror. Ovviamente, non tutti i cortometraggi possono risultare interessanti e piacevoli allo stesso modo lasciando allo spettatore il proprio personale giudizio sul risultato artistico, ma più che un difetto si tratta di una conseguenza della natura del progetto. Anzi, con l'assenza di un ordine preciso e la mancanza completa di un fil rouge orizzontale, l'utente Netflix potrà scegliere l'ordine in cui vedere i cortometraggi, potrà persino evitarne alcuni se lo desidera, ricordando l'esperimento animato - sempre targato Netflix - di Love, Death and Robots. Vediamo nel dettaglio ogni singolo cortometraggio cercando di descrivere brevemente cosa Homemade ha da offrirci.

Senza titolo (Ladj Ly)

Ladj Ly
Una scena del corto di Ladj Ly

Il giovane regista Ladj Ly vincitore del premio Cesar al miglior film per Les Miserables apre le danze con un cortometraggio che sembra legarsi proprio al suo lungometraggio d'esordio. Racconta la storia di Buzz, un ragazzo chiuso in casa che (ci) mostra Montfermeil durante i giorni della quarantena grazie ai voli del suo drone. Mentre vediamo una città silenziosa e, con un certo gusto voyeuristico riusciamo a catturare brevi istanti delle vite di alcuni cittadini chiusi in casa che si mostrano, chi volontariamente chi semplicemente catturato dalla telecamera, alle finestre, Ly pone l'accento anche sulla differenza sociale che la quarantena ha causato. La didascalia finale ci pone una domanda che ci invita a riflettere.

Voyage au bout de la nuit (Paolo Sorrentino)

Paolo Sorrentino
Una scena dal cortometraggio di Paolo Sorrentino

Che bello trovare l'eccentrica personalità di Paolo Sorrentino anche in questa situazione. Voyage au bout de la nuit racconta l'incontro a Roma di due figure abituate a rimanere chiuse nelle loro case ovvero Papa Francesco e la Regina Elisabetta II, qui messe in mostra attraverso due statuine del presepe napoletano. Sorrentino dà forma a un corto surreale, divertente e delizioso dove si mette in gioco arrivando addirittura ad auto-parodiarsi (ci sono un paio di richiami a La grande bellezza che non possono, in questa dimensione, non risultare che comici). E come nei migliori film di Sorrentino c'è spazio, in questo mondo che sembra plasmato direttamente dalle sue fantasie, anche ad alcune riflessioni sulla solitudine. Uno dei corti migliori del lotto.

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The Lucky Ones (Rachel Morrison)

Rachel Morrison
Una scena dal cortometraggio di Rachel Morrison

Il film più breve, di soli 4 minuti, è di Rachel Morrison ed è uno dei più intimi e commoventi. The Lucky Ones è una breve lettera della madre rivolta al figlio di cinque anni, invitandolo a superare questo momento e a godersi la sua età. Le riprese amatoriali, da filmino di famiglia, e il montaggio che segue unicamente le emozioni della voce narrante creano una dimensione quasi universale. Riusciamo a vedere un invito alla vita, una joie de vivre fanciullesca capace di contagiarci, un ottimismo vivido e la speranza di tornare a una vita "normale", ma ci colpisce anche con un tocco nostalgico e malinconico appena ci riappropriamo del punto di vista della madre e della sua dedica al figlio. Semplice, diretto, efficace.

Last Call (Pablo Larrain)

Pablo Larrain
Una scena dal cortometraggio di Pablo Larraìn

Non abbiamo dubbi: Last Call di Pablo Larrain è il miglior cortometraggio del lotto. Un anziano signore, dentro una casa di riposo, decide di telefonare via Skype ad una sua vecchia amata per confessarle un'ultima volta, a cuore aperto, il suo amore prima di morire. Quella che sembra una storia strappalacrime si trasforma sorprendentemente in una commedia umana, cinica e tagliente, senza filtri, capace persino di concludersi con una battuta incredibile e memorabile che capovolge tutta la paura che il Covid ha provocato. Non vogliamo raccontarvi di più perché, come nella migliore tradizione dei cortometraggi, la sorpresa finale è il cuore della storia, ma scommettiamo che, arrivati ai titoli di coda, il vostro primo pensiero sarà quello di applaudire verso lo schermo del televisore per quest'ennesima perla del regista cileno.

Una coppia si lascia durante il lockdown - LOL (Rungano Nyoni)

Rungano Nyoni
Una scena dal cortometraggio di Rungano Nyoni

Felice esperimento quello di Rungano Nyoni che già dal lunghissimo titolo denota l'assenza di serietà del corto e lo stile cinematografico utilizzato. Una coppia si lascia durante il lockdown - LOL racconta esattamente quello che dice il titolo e il tutto è raccontato attraverso le schermate delle chat di Whatsapp sul cellulare della coppia. Le differenze tra uomini e donne, la complessa convivenza tra due persone che all'improvviso non si scoprono più innamorate, la difficile situazione del lockdown: c'è un microcosmo autentico e allo stesso tempo grottesco delle relazioni umane. Forse il finale non è all'altezza dello svolgimento, ma il corto della regista è decisamente riuscito (e attenzione, c'è un momento in cui si parla di un noto personaggio italiano che promette molte risate).

Spazi (Natalia Beristain)

Natalia Beristain
Una scena dal cortometraggio di Natalia Beristain

Purtroppo risultato opposto per Spazi. Il cortometraggio di Natalia Beristain con protagonista una bambina piccola di nome Jacinta che cerca di mantenersi occupata durante la quarantena in casa svolgendo anche mansioni da adulta (a volte con successo, a volte fallendo e scoppiando in lacrime) non raggiunge un coinvolgimento emotivo tale da renderlo memorabile. I momenti migliori riguardano questo scontro tra il mondo dei piccoli a cui si appartiene e il mondo degli adulti che si cerca di imitare, ma anche il finale che tenta di mantenere uno sguardo ad altezza bambino non è potente e poetico come immaginato.

Casino (Sebastian Schipper)

Sebastian Schipper
Una scena del cortometraggio di Sebastian Schipper

Scritto, diretto, girato, interpretato da Sebastian Schipper nel corso di un weekend, questo Casino avrebbe tutte le carte in regola per diventare un'ottima fotografia della vita durante il lockdown. Una routine sempre uguale tra dormite, partite alla PlayStation, tentativi di scrittura e spaghetti al pomodoro che via via estranea sempre di più il nostro protagonista a cercare compagnia in maniera inaspettata. La monotonia e la solitudine sono al centro del tema del corto che mantiene alto l'interesse e cerca di coinvolgere lo spettatore. Purtroppo il finale non sembra soddisfare appieno la costruzione accumulata durante tutta la durata dando la sensazione amara di essere troppo rapido, poco incisivo, lasciando lo spettatore a bocca asciutta. Un'occasione mancata.

L'ultimo messaggio (Naomi Kawase)

Naomi Kawase
Una scena dal cortometraggio di Naomi Kawase

Il corto più sperimentale è realizzato dalla regista Naomi Kawase. Come fosse un flusso di coscienza, L'ultimo messaggio rompe i confini (così come viene esplicitato nel finale con una scritta) del linguaggio cinematografico. Anche se la voce fuori campo sembra riflettere sulla condizione umana sulla Terra, il corto è una vera e propria video-arte astratta, capace di fondere parole, suoni e immagini cercando di lasciare suggestioni allo spettatore. Il più ostico tra i 17 corti, quello che per sua stessa natura è destinato a dividere, ma una vera boccata di aria fresca che ci ricorda l'esistenza di un approccio più artistico applicato al cinema.

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Cosa conta davvero? (David Mackenzie)

David Mackenzie
Una scena del corto di David MacKenzie

Parte da uno spunto molto interessante il corto a firma David Mackenzie che cerca la formula del coming of age durante i mesi di isolamenti a Glasgow. Cosa conta davvero? racconta i giorni un po' strani e un po' annoiati di un'adolescente tra pensieri, sogni e rari contatti sociali in un parco. Quasi a documentare un periodo di crescita particolare dato il momento storico, Mackenzie vuole riflettere sulla memoria e sul modo in cui il presente può essere letto in maniera più malinconica e nostalgia, per non dire positiva, una volta diventato passato. La domanda che chiude il corto ci porta a riflettere, ma il contenuto del film non ha quella caratura che possa valorizzare al meglio il messaggio che il regista vuole trasmettere. Il risultato è una parentesi che risulta interessante solo a momenti alterni.

Penelope (Maggie Gyllenhaal)

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Una scena del corto di Maggie Gyllenhaal

Un corto dall'impronta fantascientifica e distopica quello di Maggie Gyllenhaal. Un virus misterioso arrivato fino alla luna, gigantesca perché più vicina alla Terra e di conseguenza capace di modificare la gravità terrestre, ha decimato la popolazione mondiale (si parla di più di 300 milioni di morti). Noi seguiamo la routine quotidiana di un uomo intento a fare colazione, tagliare la legna e visitare la tomba di quella che forse è sua moglie, la Penelope del titolo. Una sorpresa potrebbe cambiare questa routine. Delicato e, ad eccezione di una voce radiofonica, completamente muto, Penelope è un corto che dimostra una buona regia e riesce a ritagliarsi pure un paio di momenti poetici alternandoli ad altri più tristi. Forse non tutto funziona al meglio, soprattutto il finale, ma è da notare come il risultato sembra appartenere a un lavoro realizzato in situazioni normali e non con i limiti della quarantena.

Mayroun e l'unicorno (Nadine Labaki e Khaled Mouzanar)

Nadine Labaki
Una scena dal cortometraggio di Nadine Labaki

Sarebbe difficile riassumere la trama di Mayroun e l'unicorno, storia di una bambina (la figlia dei due registi) chiusa in una stanza con un unicorno che parlando in francese e in inglese (con una sorprendente canzone in italiano, lasciamo a voi il piacere di scoprirlo) sembra impazzire man mano che il tempo procede. Questo delirante corto sembra perdere ogni tipo di senso. Eppure dovevamo capire subito, grazie al filtro applicato per gran parte del video, quello che stavamo osservando. Dopo poco più di sei minuti, poco prima dei titoli di coda, una didascalia fa chiarezza su quanto abbiamo appena visto capovolgendo completamente il senso del cortometraggio diretto da Nadine Labaki e Khaled Mouzanar: il tutto è un'improvvisazione della figlia andata nello studio del padre che l'ha ripresa in un unico ciak. Un momento quasi documentaristico che racchiude tutta la fantasia di una bambina, la sua voglia di giocare dopo più di un mese chiusa in casa, un elogio all'anarchia narrativa che rende tutto più piacevole.

Annex (Antonio Campos)

Antonio Campos
Una scena del corto di Antonio Campos

Una bambina di nome Ada trova sulla spiaggia un uomo trentenne forse addormentato dopo una sbronza forse venuto dal mare. L'uomo viene soccorso dalle madri e invitato a casa loro. Da quel momento vari eventi misteriosi e disturbanti accadranno tra le mura domestiche. Annex, il breve corto di Antonio Campos decide di addentrarsi nel genere horror utilizzando solamente un telefono per le riprese e lasciando spazio non tanto alla narrazione quanto alle suggestioni audio-visive, anche grazie a un montaggio che premia un approccio impressionista.

La ricetta dei ravioli di mamma (Johnny Ma)

Johnny Ma
Una scena del corto di Johnny Ma

"Mamma, tu non vedrai mai questo filmato perché non guardi Netflix". Un'altra lettera, questa volta da parte di un figlio alla propria lontana madre. Cerca di mettere su video i sentimenti non detti che prova per lei, Johnny Ma, qui a cuore aperto e capace di usare la cucina come antidoto contro la distanza, non solo fisica dovuta alla quarantena ma anche sentimentale. In pochi minuti La ricetta dei ravioli di mamma racchiude un microcosmo di vita quotidiana, di umanità, di senso famigliare, ricordando come, al di là dei litigi, i tragici eventi del mondo possano anche far riscoprire legami affettivi che sembravano sopiti. Per questo, la ricetta per preparare i ravioli scritta in sovrimpressione a fine corto sembra un invito che il regista rivolge a noi stessi per riscoprire, insieme a lui, l'importanza della figura materna che molto spesso diamo per scontata.

Grilli (Kristen Stewart)

Kristen Stewart
Una scena del corto di Kristen Stewart

Kristen Stewart unica protagonista di questo corto da lei diretto dal titolo Grilli. Proprio i grilli che friniscono ininterrottamente, sola in casa e in preda all'insonnia, la ragazza inizia a perdere il senno sentendo voci femminili, chiusa in una routine estenuante che mette a dura prova la sua calma e la sua razionalità. Con inquadrature tagliate e veloci sprazzi di follia che richiamano le opere godardiane della Nouvelle Vague, il corto della Stewart, per quanto possa non ritenersi sorprendente, mantiene alta l'attenzione per tutta la sua durata rappresentando perfettamente la stanchezza della protagonista chiusa in una prigione (la ringhiera del terrazzo simboleggia una gabbia che la separa dalla città) in cui mattina e sera, solitudine e compagnia, sogno e realtà si confondono.

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Un dono inaspettato (Gurinder Chadha)

Gurinder Chadha
Una scena del corto di Gurinder Chadha

Un altro cortometraggio dal taglio documentaristico, quello della regista Gurinder Chadha che con Un dono inaspettato racconta gioie e dolori della vita in quarantena in famiglia. Alternando momenti più divertenti con la cronaca di alcune perdite in famiglia a causa del virus, tra cui quella dell'amata zia, il cortometraggio tenta di unire tre generazioni familiari attraverso la (ri)scoperta della cultura delle proprie origini. Playstation 4 e preghiere, ricette culinarie della tradizione e l'utilizzo dei social si susseguono in questo diario privato raccontato dalla voce della regista e dei suoi figli.

Algoritmo (Sebastián Lelio)

Sebastian Lelio
Una scena del cortometraggio di Sebastian Lelio

Ci voleva Sebastián Lelio per sorprenderci con uno dei corti più coraggiosi. Algoritmo utilizza il genere musical, consapevole della sua natura alternativa e anarchica, forse persino irrispettosa verso le vittime del virus e la gravità della situazione. Si prende gioco del motivo per cui lo stesso regista si ritrova a realizzare il cortometraggio e, tra musiche dissonanti, cambi di ritmo, un ballo tra le mure domestiche e un testo cantato, utilizza la musica per acclamare la libertà sopita. E diventa, alla fine, un canto politico, un invito a un risveglio delle coscienze, un desiderio di usare questa tragedia per cambiare il mondo. Mentre sentiamo il canto collettivo "Il Cile si è svegliato", simbolo della protesta sociale, e la protagonista dorme sul letto ci viene il dubbio: la natura musical, come di norma accade nel cinema classico, è una fuga sognante della donna o sarà proprio il canto che viene dalla strada a svegliarla?

Pedala e passerà (Ana Lily Amirpour)

Ana Lily Amirpour
Una scena del corto di Ana Lily Amirpour

Interessante la scelta di mettere questo Pedala e passerà* narrato da Cate Blanchett in chiusura a questi 17 cortometraggi d'autore (almeno nell'ordine che Netflix ci ha consigliato). Il corto di Ana Lily Amirpour** sembra chiudere il cerchio iniziato da primo di Ladj Ly. Laddove c'era un drone che sorvolava la città desolata, qui troviamo una ciclista (interpretata dalla stessa regista, ma coperta da occhiali da sole e mascherina) che pedala per le vie desolate di Los Angeles. E fa un bell'effetto vedere quelle vie glamour spoglie e vuote. Sembra un vero e proprio corto coerentissimo con la poetica della Amirpour e che sembra uscito direttamente dalla serie "Ai confini della realtà", capace di far riflettere non solo sulla prospettiva del genere umano, ma anche sul ruolo degli artisti nei momenti più cupi. Senza dubbio uno dei migliori tra i corti qui mostrati e degna conclusione del progetto artistico Homemade.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di Homemade possiamo ritenerci pienamente soddisfatti. I 17 cortometraggi d’autore mostrano poetiche e stili eterogenei che si dimostrano sempre interessanti e piacevoli alla visione. Certo, la qualità dei singoli corti, anche a causa dei diversi approcci utilizzati, non sempre è allo stesso livello, ma questo esperimento si dimostra un ottimo modo di esorcizzare le paure degli ultimi mesi e, grazie alla fantasia dei registi, racchiude tutto il potere dell’arte, capace di stimolare visioni e racconti anche nei tempi più cupi.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
3.1/5

Perché ci piace

  • I 17 cortometraggi sono per lo più diversi tra loro e non rischiano di annoiare.
  • Ogni regista ha un suo approccio personale e i corti realizzati corrispondono pienamente a uno stile riconoscibile.
  • È bello vedere come la quarantena e i mezzi limitati abbiano dato vita a queste perle di creatività.

Cosa non va

  • Non tutti i corti sono interessanti e riusciti allo stesso livello.