Ho visto Totò
Il "favoloso" terzetto italiano che gareggerà per sbancare gli incassi natalizi di quest'anno conta degli altisonanti nomi di Pieraccioni, Neri Parenti e Salemme. A scanso di equivoci, ci sbilanciamo immediatamente, sostendendo che tra i tre film quello di Vincenzo Salemme è il migliore, semplicemente perché è il più gradevole, il più frizzante, il più sognante e il meno volgare.
Detto questo, torniamo alla realtà per costatare come il livello medio sia decisamente basso nei risultati, ma soprattutto nelle intenzioni. Il dover omaggiare questi film e il dover retoricamente affidargli la nostra fiducia, per risanare il nostro cinema (entità che ammetto di non aver sentito mai come mia), è un triste sintomo della povertà qualitativa delle nostre pellicole.
Ma torniamo al film. Giunto al suo quinto film, Vincenzo Salemme, attore e autore teatrale, inventatosi da qualche anno regista, prosegue per la sua strada con un prodotto medio, poco esaltante, ma godibile e divertente se non si eccede nelle aspettative. Le coordinate sono evidenti e trasudano cultura partenopea da tutti i pori. Il cinema di Salemme, cresciuto alla corte del grande De Filippo e imbevuto della migliore tradizione teatrale italiana, è la riattualizzazione di quello di Totò e Peppino e purtroppo di molto poco d'altro (se poi l'altro è l'inserimento dell'abusata riflessione sui reality show, alla The Truman Show, meglio non provarci proprio). La coppia inseparabile Salemme-Casagrande è obiettivamente divertente, meno il cast di supporto, che oltre a sfoggiare la bellissima modella russa Alena Seradova, vede un ripetitivo Claudio Amendola, in una parte comunque adatta a lui. Ad ogni modo, durante la visione, si è di sovente sollecitati dal sospetto che Salemme mortifichi un talento purissimo a favore di una comicità che, seppure a volte sottile e gradevole, appare troppo facile e poco rischiosa.
Ad eventuali critiche del genere, il regista napoletano risponde preventivamente sostenendo che i meccanismi della comicità, come la farsa e l'equivoco, sono sempre gli stessi e che le modalità del ridere non mutano di molto nei tempi. Argomentazioni valide, ma anche in qualche modo autoassolventi, specie da un artista che di talento ne ha e che è reduce dallo spettacolo teatrale che più ha incassato nella storia del teatro italiano (cinque miliardi con Cose da Pazzi).
La speranza è che Salemme provi a fare il salto di qualità che fece Benigni con quel capolavoro che fu la La vita è bella, auspicio che non azzarderemmo mai nel caso dei Vanzina o di Neri Parenti, e questo è un fatto.