Per la presentazione, nella penultima giornata del Festival di Roma, di The Borrower Arrietty, atteso nuovo lungometraggio targato Studio Ghibli, il regista Hiromasa Yonebayashie il co-produttore esecutivo Koji Hoshino hanno incontrato la stampa, in una conferenza che ha toccato i temi trattati nel film, il passato e il presente del marchio Ghibli, e il modo in cui una storia occidentale (il film è tratto da un romanzo dell'autrice inglese Mary Norton) è stata adattata per il pubblico giapponese.
Com'è stato l'incontro con questa storia, in teoria così diversa dalla sensibilità orientale?
Hiromasa Yonebayashi: Quando mi è stato proposto di dirigere il film, non avevo nessuna esperienza di regista, avevo fatto solo l'animatore, e quindi non ero molto sicuro. Poi però ho letto il libro e mi sono reso conto che valeva la pena di trasformarlo in un film di animazione. Del romanzo originale mi ha colpito il modo delicato con cui vengono descritte queste piccole creature; noi abbiamo cambiato soltanto l'ambientazione della storia, dall'Inghilterra degli anni '50 al Giappone moderno, ma ne abbiamo lasciato inalterato lo spirito.
Qual è stato il ruolo di Hayao Miyazaki nell'iter produttivo del film?
Koji Oshino: Il film in realtà è nato da un'idea venuta a Miyazaki e Isao Takahata circa 40 anni fa. Loro avevano già pensato di adattare il romanzo di Mary Norton, solo che all'epoca non fu possibile, quindi il progetto fu lasciato cadere. Nel 2008, dopo Ponyo sulla scogliera, Miyazaki e il produttore Toshio Suzuki si consultarono per quello che doveva essere il prossimo progetto, e, per una coincidenza, Suzuki propose proprio questo film. Miyazaki, allora, si ricordò della sua idea di 40 anni prima.
Hiromasa Yonebayashi: Raccogliere quella eredità non è stato facile. Io mi sono concentrato sul realizzare un film tecnicamente fatto bene, che avesse tutte le caratteristiche che hanno fatto grande lo Studio Ghibli. La sceneggiatura è scritta da Miyazaki e lo staff è composto in gran parte da persone che hanno lavorato con lui. Ho sentito una grande responsabilità, anche nei confronti di queste persone.
Quanto del libro è stato adattato, e quanto lasciato inalterato?
Hiromasa Yonebayashi: Abbiamo lasciato inalterato lo stile di vita di questi piccoli personaggi, e il modo in cui vedono gli esseri umani. Quello che abbiamo aggiunto è il rapporto tra Arrietty e il bambino, che è un elemento a cui abbiamo dato molta importanza: tratta infatti quello che è un tema fondamentale nella società moderna, cioè la comunicazione.
In questa comunicazione tra i due personaggi, c'è anche una sorta di differenziazione sociale. E' un elemento che era già nel libro?
Hiromasa Yonebayashi: Noi abbiamo due individui con modi di pensare molto diversi, che appartengono a due mondi diversi. E' stato bello presentare i loro due punti di vista, proprio questo loro incontro e la loro comunicazione sono stati tra le cose più interessanti del film. Va detto che il romanzo è stato scritto nel 1952, allora la Seconda Guerra Mondiale era finita da pochi anni, e per l'essere umano in generale c'era meno fiducia. Le persone in genere erano considerate pericolose, e questo elemento emerge nel libro. Noi abbiamo voluto modificarlo.
Hiromasa Yonebayashi: La domanda è estremamente pertinente. In effetti Miyazaki ha voluto fare il film proprio per proporre questo messaggio. Nel messaggio tuttavia non c'è solo l'atto del prendere in prestito, ma anche l'uso creativo degli oggetti, magari per usi diversi da quelli con cui sono stati costruiti.
I maligni fanno un parallelo tra Up e Il castello errante di Howl, e dicono che il primo si sia abbondantemente ispirato al secondo. E' così?
Koji Hoshino: Pixar, Disney e Studio Ghibli si apprezzano, si amano e si imitano a vicenda. Tra l'altro, lo stesso regista di Up riconosce il debito con la Disney, mentre noi ne abbiamo altri con i loro film. C'è sempre stata questa influenza reciproca, tra i nostri lavori.