High-Rise: la danza di Tom Hiddleston nel condominio della morte

La visione è sicuramente piacevole, ma un pizzico di cattiveria in più e una direzione degli attori più sicura avrebbero donato al film quell'incisività di cui invece difetta.

Il futuro prospettatoci dalle varie distopie che trovano la via del grande schermo non è dei più rosei. Neppure se a indorare la pillola interviene la presenza del britannico Tom Hiddleston, che in High-Rise abbiamo il piacere di apprezzare come mamma lo ha fatto. La talentuosa star interpreta l'algido dottor Robert Laing, accademico di fama che lascia la City per trasferirsi in un supercondominio di ultima generazione. Imponente, modernissimo, autosufficiente, il palazzo che sorge alla periferia di Londra contiene appartamenti di lusso, ma anche piscine, palestre, un asilo, supermercati e banche. Un microcosmo che riproduce uno spaccato della società umana, visto che nel condominio la differenza di ceto sociale acquista un peso sempre maggiore col passare del tempo.

Ai piani alti del grattacielo abitano i ricchi, che vantano case più grandi e costose. Lussuriosi imprenditori, sprezzanti uomini d'affari, dive del cinema, matrone impelliciate che si divertono a dare feste a tutte le ore del giorno e della notte. Scendendo verso il basso, dopo una fascia intermedia a cui appartiene Laing, così come la bella vicina Charlotte (Sienna Miller), vi sono le famiglie con bambini, la cui presenza non è gradita ai condomini più abbienti. A dominare questa piramide sociale, nell'attico, dimora l'architetto che ha progettato il grattacielo e che ha il volto ambiguo di Jeremy Irons.

La classe operaia non va in paradiso... e neppure nell'attico

High-Rise: Tom Hiddleston in una scena del film
High-Rise: Tom Hiddleston in una scena del film

Condominium, romanzo di culto di J.G. Ballard del 1975, era considerato infilmabile. Ci ha pensato Ben Wheatley, autore di cult quali Killer in viaggio e A Field in England, a trovare il modo di tradurre in immagini la ferocia contenuta nella sagace allegoria politica. Il regista modernizza ed estetizza il romanzo cercando una chiave di lettura per rendere il suo film 'popolare', senza per questo rinunciare alla vena graffiante e al gusto per i dettagli scabrosi. L'operazione risulta, però, riuscita solo in parte. A prima vista salta subito agli occhi la ricerca di un look visivo peculiare, ricerca che aveva già connotato i precedenti lavori di Wheatley. Stavolta, però, High-Rise sembra fortemente sbilanciato sul piano estetico, il tutto a scapito del contenuto. Forte di un cast di altissimo livello e di un budget superiore a quanto era avvezzo, il cineasta inglese sembra voler capitalizzare gli ingredienti che ha a disposizione: il cast di stelle, per l'appunto, l'emanazione da un'opera letteraria di importanza fondamentale e la suggestione insita nell'unità di luogo. Ciò che manca a High-Rise è quella vena di folle ironia contenuta nei suoi lavori precedenti. Complice l'origine letteraria della sua storia, stavolta il regista è costretto ad addomesticare il suo talento anarchico mettendolo al servizio della narrazione. Wheatley, cerca di compensare questo limite creativo attraverso la valorizzazione della violenza grafica, proprio come piace a lui, indugiando i dettagli disgustosi e sanguinolenti e con l'adozione di un tono vagamente surreale che non appartiene al romanzo di Ballard.

Un'allegoria priva di mordente

High-Rise: Jeremy Irons in una scena del film
High-Rise: Jeremy Irons in una scena del film

Momenti come la sequenza al ralenty in cui Tom Hiddleston balla nei corridoi insieme a un gruppo di hostess, la messa in scena di feste bestiali che fanno sembrare il party de La grande bellezza un ritrovo di educande, le esplosioni di ferocia efferata di fronte a cui nessuno batte ciglio. Ben Wheatley sceglie di raccontare la lotta di classe adottando un tono grottesco che, però, non sempre risulta efficace. Tutto il cast, a partire dallo stesso Hiddleston - che sappiamo capace di grandi cose quando è ben diretto - adotta questa recitazione surreale senza però sembrare pienamente convinto. Nel ruolo del videomaker padre di famiglia fedifrago e rozzo, Luke Evans ce la mette tutta per risultare convincente, ma è sempre sopra le righe, come del resto gran parte del cast. Una felice eccezione sono le interpreti femminili, la vamp Sienna Miller, che riesce a mantenere un certo aplomb fino all'esplosione di violenza finale, ed Elisabeth Moss, sempre convincente nel ruolo della mogliettina incinta del personaggio di Luke Evans. Il difetto principale di High-Rise è l'indecisione. E' paradossale pensare che un regista incisivo come Ben Wheatley stavolta sia stato incapace di imboccare una strada e di percorrerla fino in fondo. Totalmente privo di ironia, solitamente marchio di fabbrica del regista, High-Rise porta avanti la sua parabola adottando un tono grottesco, ma annacquato, e tutti i dettagli pulp su cui Wheatley ama insistere non compensano la mancanza di sostanza. Il film risulta perciò visivamente suggestivo, ricco di omaggi cinefili (Kubrick in primis) e la visione è sicuramente piacevole, ma un pizzico di cattiveria in più e una direzione degli attori più sicura avrebbero donato all'opera quell'incisività di cui invece difetta.

High-Rise: Luke Evans in una scena del film
High-Rise: Luke Evans in una scena del film

Movieplayer.it

2.5/5