Una commedia femminista che sala dopo sala ha conquistato il pubblico cinese sbaragliando la concorrenza e sfuggendo alle maglie della censura. Si chiama Her Story, è il secondo film della trentatreenne Shao Yihui, regista che ha fatto dell'avanguardia una scelta stilistica; in Cina, dove è uscito quasi in sordina alla fine dello scorso novembre, è diventato nel giro di appena due settimane campione di incassi, sfidando al botteghino film ad alto budget.

Presentato in anteprima internazionale al Far East Film Festival, all'inizio il titolo è stato distribuito solo in poche città, ma è grazie al passaparola se nell'arco di pochissimo tempo si è trasformato in argomento di discussione ovunque arrivando a incassare l'equivalente di 100 milioni di dollari. Un successo inaspettato con un punteggio di 9,1 su 10 su uno dei principali siti cinesi di recensioni, Douban, e un apprezzabile successo internazionale, tanto da essere definito la "risposta cinese al Barbie di Greta Gerwing". Complice una sceneggiatura solidissima, dialoghi serrati e un umorismo tagliente per parlare di gender equality, emancipazione femminile e diritto delle donne ad autodeterminarsi. Una commedia sagace e piena di ironia che saprà contagiare anche quella fetta di pubblico meno sensibile a questo tipo di narrazione.
Il fenomeno Her Story in patria
Sulla scia di successi come Hi, mom e Yolo della comica cinese Jia Ling, Her Story conferma una tendenza in crescita in Cina: quella di film diretti e interpretati da donne, incentrati su personaggi femminili e che stanno riscontrando sempre più apprezzamenti da parte del pubblico. Non solo femminile, che in Cina sta registrando comunque una crescita esponenziale: nel 2024 il 58% degli acquisti di biglietti online sono stati effettuati da donne, con un aumento dell'11% rispetto all'anno precedente.

La forza dirompente del secondo film di Shao Yihui risiede nella sua schiettezza e nel linguaggio insolitamente senza filtri (rispetto al contesto in cui è maturato): critica il regime, scardina i tabu sulla sessualità femminile e denuncia la violenza di genere, prendendosi gioco della censura e ricevendo i complimenti dell'organo di stampa del Partito comunista. Merito della sua confezione leggera e votata all'intrattenimento, con cui riesce ad alleggerire la denuncia sociale di cui si fa portavoce. Tutto tollerato, basta che non ci si prenda troppo sul serio e l'arte non diventi militanza.
Una storia di emancipazione femminile tra ironia e citazioni

Il film segue la storia di due donne a Shangai, una metropoli dove il futuristico si mescola con la tradizione e la borghesia si riappropria dei resti del passato. Wang Tiemei (Song Jia) è una giornalista di successo, una donna indipendente che, dopo il divorzio dal marito disoccupato, decide di ridimensionare il suo standard di vita e prendersi cura di sua figlia Moli (Isabella Zeng), una bimbetta impertinente e audace, spesso "bocca della verità". Per affrontare la nuova situazione, trova un lavoro part-time in un'agenzia di comunicazione e si trasferisce in un vecchio palazzo di Shanghai, un po' fatiscente, ma dall'atmosfera romantica e bohemienne. Qui incontra Xiao Ye (Elaine Zhong), la sua vicina di casa, una giovane musicista, naif ed inguaribilmente romantica in passato vittima di violenza domestica, innamorata di un ragazzo che sfugge da qualsiasi responsabilità.

Insieme decidono di crescere Moli e di riappropriarsi della propria vita ed indipendenza. Tutto intorno un corollario di maschi imbranati che provano a conquistarle e a mostrarsi aperti al cambiamento sfoderando speculazioni femministe, ma che nella pratica risulteranno ridicoli e confusi dalle nuove dinamiche tra i generi. Dietro la patina ironica Shao Yihui trova il coraggio di smontare alcuni tabu come il sesso, l'omosessualità e le mestruazioni, affidandone spesso il compito alla schiettezza della piccola protagonista ("più della metà della popolazione del mondo sanguina ogni mese", dirà durante una cena la piccola Moli senza alcuna esitazione). Piacevoli e senza sbavature o facili retoriche gli scambi di battute tra i personaggi: è tutto un via vai di riferimenti a icone femministe (Ueno Chizuko, RBG e Frida Kahlo) e citazioni che arrivano a scomodare Sophia Loren, Taylor Swift e Marco Muller. Un concentrato di comicità e cinema di impegno civile.
Conclusioni
Nessuno si sarebbe aspettato il successo di Her story, eppure è capitato. Il secondo film della regista Shao Yihui è una commedia femminista dal sapore ironico e dall’umorismo spietato, che nel 2024 ha saputo conquistare sala dopo sala il pubblico cinese diventando campione di incassi. La storia di tre donne, due amiche e una bimbetta impertinente nella Shangai contemporanea tra vecchi edifici bohemienne e borghesi che si riappropriano delle tracce del passato, è la testimonianza di una tendenza crescente in Cina, quella di film diretti e interpretati da donne, incentrati su personaggi femminili e con un successo commerciale sempre maggiore. E, siamo sicuri, saprà farsi amare e trovare il proprio spazio anche nel pubblico occidentale.
Perché ci piace
- L’arguzia e l’ironia tagliente nel riflettere su questioni come gender equality, ed emancipazione femminile.
- Una sceneggiatura solida.
- Una commedia che è già cult.
Cosa non va
- L’incalzare serrato delle battute potrebbe rendere il film un po’ troppo verboso agli occhi di un pubblico meno avvezzo a questo tipo di narrazione.