Hen, la recensione: un film adorabile a misura di gallina

Il film di György Pálfi è un coming of age sul coraggio delle seconde possibilità e una metafora sulla legge della sopravvivenza tra uomini (e animali)

Un'immagine di Hen

Ve la ricordate la favola del brutto anatroccolo? Nero in un mondo di piccoli paperi bianchi (ogni riferimento è puramente voluto), imperfetto in mezzo ad una perfezione solo apparente. Ecco, Hen il film di György Pálfi presentato in anteprima alla Festa di Roma 2025, riprende quel concetto ma lo trasferisce nel mondo delle galline. Con un'attenzione registica e una forza emotiva encomiabili.

Hen Foto
Una scena del film

Imperdibile e adorabile, proprio come la protagonista, Hen- è un titolo che conferma la potenza e il realismo delle pellicole con animali protagonisti, che sembrano caratterizzare quest'inizio di kermesse, dopo il sorprendente horror col cane _Good Boy di Ben Leonberg, che ha aperto Alice nella Città.

Hen: storia di una gallina

Da subito veniamo messi di fronte al realismo crudo e al tono allo stesso tempo favolistico del racconto: dalla nascita - come se fosse la sofferente sequenza d'apertura di un parto - alla crescita e sviluppo della protagonista, in mezzo all'allevamento e alla produzione industriale di uova. Una denuncia sociale presente fin dall'incipit insomma. La pennuta però si distingue da subito per essere un pulcino nero in mezzo e tanti gialli, tutti uguali. Una peculiarità che evidentemente caratterizzerà la sua vita, che seguiamo passo passo mentre, alla ricerca costante di libertà, fa di tutto per sopravvivere ad una lunga serie di sfortunati eventi, come Lemony Snicket.

Non c'è mai patetismo o dramma eccessivo nella narrazione di Pálfi: tutto è sempre alleviato dalla commedia, per il divertimento degli spettatori. Tragicomico, proprio come la vita di tutti (noi umani compresi). È incredibile come ci si immedesimi così facilmente nella protagonista: chi non ha avuto un'espressione strana e buffa quando accadeva qualcosa di insolito, oppure in preda alla paura (anche immotivata) ha cominciato a correre urlando?
Da tanti piccoli gesti appare subito chiaro che si tratta di un racconto universale, che parla indistintamente a tutti, di qualunque specie si faccia parte.

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Una regia intelligente e consapevole, a misura di animale

Hen Sequenza
Le compagne nel pollaio della protagonista

Come far arrivare questa sensazione di immedesimazione a così tante persone? György Pálfi dimostra di avere grande maestria nell'utilizzare la macchina da presa in due modi paralleli: ad altezza di gallina, dal suo punto di vista, che è chiaramente più basso rispetto agli umani che incontra. E ad altezza degli umani, mentre pensano di "fregare" e sfruttare la capacità primaria del volatile (deporre uova) senza conseguenze.
La nostra Hen (κότα in originale greco) scopre il mondo, lo affronta a becco alto, comprende il destino amaro e inevitabile suo e delle proprie uova, scopre l'istinto materno, e una grande forza interiore.

Hen Sul Set
La pennuta sul set: ci sono volute 12 galline per interpretarla

È determinata, resiliente, coraggiosa: guardarla fa aspirare anche gli spettatori a non accontentarsi del ruolo che altri vorrebbero imporre. Cadendo spesso ma rialzandosi sempre.
Hen sta lì, insomma, a titolo di esempio, spronando a vivere la vita con prudenza, e a volte paura - chi ha detto che le galline devono per forza essere tutte sciocche? - ma allo stesso tempo con grande coraggio. Un'audacia che anche noi dimostriamo nei momenti in cui meno ce lo aspetteremmo.

La tematica sociale in Hen

Nella vita di Hen, da un paesaggio rurale passiamo ad un mondo più cittadino, ma sullo sfondo rimangono sempre la natura selvaggia e il Mar Mediterraneo che caratterizzano il paesaggio greco. Così come i colori del film, che mostrano tutta la vitalità della pennuta protagonista, insieme agli altri animali presenti (una volpe, un cane, alcuni piccioni e gatti). Il "romanzo di formazione" della gallina ricorda quasi quello di Antoine Doinel ne I 400 Colpi, che voleva tanto vedere il mare.

Hen Immagine
Hen: un'immagine del film

Non manca, naturalmente, il riferimento, esplicito, al traffico di esseri umani, spesso deportati dall'Europa dell'Est in condizioni al limite del bestiale, le cui vite saranno sorprendentemente intrecciate a quella della protagonista. Una correlazione alla denuncia iniziale sull'allevamento intensivo. La pellicola pone la domanda: cosa siamo disposti a fare nei confronti degli altri, esseri umani o animali che siano, pur di farcela? In mezzo a questa barbarie, Hen racconta una storia di sopravvivenza in un mondo in cui tutti vorrebbero solo fare di te un buon brodo.

Conclusioni

Hen di György Pálfi è un film a misura di animale che mostra la crudeltà e allo stesso tempo la dolcezza della vita, in cui tutti possiamo immedesimarci. C’è grande consapevolezza nell’uso della macchina da presa e non manca lo sfondo sociale: non solo quello dell’uomo nei confronti degli animali (l'allevamento intensivo iniziale), ma anche nei confronti di altri esseri umani (il traffico di immigrati nella parte finale).

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La protagonista, adorabile (interpretata da otto galline diverse).
  • La regia di György Pálfi, a misura di animali e non solo di umani.
  • Il tema sociale, dalla doppia valenza.

Cosa non va

  • Ha qualche battuta d’arresto, ma di poco conto.
  • Si vedono pochi attori umani nel film, e per alcuni potrebbe essere un problema.