In mezzo a Shazam: La furia degli dei, il riuscito Creed III di Michael B. Jordan, l'affascinante polar nostrano L'ultima notte d'Amore, Scream VI e l'arrivo dell'attesissimo John Wick 4, a marzo esce in sala anche Headshot, opera prima di Niko Maggi. Prodotto da Cine 1 Italia, il thriller italiano ambientato nel mondo degli e-sports sarà al cinema per soli tre giorni - dal 20 al 22 del mese -, secondo un modello di distribuzione mirata e indipendente che non ha paura di competere con tanti altri titoli di genere muscolosi e in un periodo di release davvero caldissimo. La serenità proviene dalla passione di Maggi per il suo lavoro e per il mondo del cinema, vissuto dall'interno fin dall'adolescenza anche in ottico produttiva e distributiva, ora anche all'esordio registico. E la verità è che Headshot ha grinta e carisma da vendere sul piano estetico, curatissimo quasi a livelli maniacali rispetto però a una sceneggiatura che, al netto di critiche centrate e tematiche attuali, risulta un po' povera d'approfondimento e frettolosa.
Passione, lavoro, morte
Il mondo degli e-sports è dominato da FoXMinD, nickname di Chris (Alessandro Bedetti). È lui il campione in carica nel gioco del momento e follower e visualizzazioni continuano ad aumentare vertiginosamente sul suo canale Zzip - praticamente Twitch. Oltre alla sua carriera videoludica, nel metaverso digitale e mediante piattaforme social e simili, Chris condivide con i suoi fan anche tanta della sua vita privata insieme al suo gruppo, i Wind Arrows, come ad esempio la relazione finita male con la collega E-Angie a.k.a. Angela (Virginia Diop), la grande amicizia con Luky_Lok1 a.k.a. Samuel (Riccardo de Rinaldis Santorelli) e la rivalità con B4ard_Out_OF_TuN3 (Vittorio Magazzù Tamburello), ex-campione prima di Chris.
In questo frenetico panorama sempre più attivo e crescente che attira ogni giorno milioni di streamer e altrettanto pubblico, improvvisamente fa la sua entrata in scena il Deep Oblivion, misteriosa organizzazione tra Anonymus e la fSociety di Mr. Robot che mira a destabilizzare la società partendo dalle menti più plagiabili e sfruttando i mezzi digitali a loro disposizione. I migliori professionisti degli e-sports si ritrovano così catapultati dalla notte al giorno in una gigantesca arena boschiva per partecipare a un evento che inizialmente sembra solo un gioco di ruolo dal vivo in stile sparatutto.
Chris e gli altri non tarderanno però a notare che tra gli alberi si muove uno spaventoso partecipante noto come il Boia, deciso a uccidere davvero i suoi avversari in un vero death match all'ultimo sangue. Tra tensione e insospettabili alleanze, FoXMind dovrà riuscire a vincere l'evento e scoprire cosa e chi si cela dietro al Deep Oblivion tentando di sopravvivere alla sfida più brutale e inaspettata della sua vita.
Il coraggio di sperimentare
A Headshot va riconosciuta tanta grinta creativa e voglia di produrre in piccolo qualcosa di concettualmente virtuoso. Come rivelato dallo stesso Niko Maggi nella nostra intervista, il film nasce da reference "che lo hanno cresciuto", in particolare per quanto riguarda l'aspetto visivo. Il modello di riprese è in effetti eterogeneo e ispirato e passa da strutturati piani sequenza tra interni ed esterni a meccaniche che sfruttano bodycam, go-pro e droni per confezionare sequenze attente e ricercate che si muovono dalla soggettiva ai campi lunghissimi. Persino la fotografia di Emanuele Pasquet ha un taglio deciso e autoriale che non tenta di sbarazzarsi della sua grammatica cinematografica da b-movie e anzi la integra e la supporta con scelte che spaziano dall'oculato all'azzardato, dimostrando quella risolutezza e quel coraggio di cui parlavamo.
Con tutti i limiti del caso, inizialmente sembra tratteggiare un utilizzo del rosa e del neon à la Refn e poi con i colori più caldi o scuri strizza l'occhio a prodotti mainstream come The Batman, fallendo (risulta troppo ombrata e poco leggibile) nella riproposizione ma fieramente, con orgoglio, mettendoci sperimentazione e personalità. Bisogna considerare i costi ridotti e le effettive disponibilità nel mercato indipendente, il che a dire il vero rende ancora più interessante persino il lavoro di missaggio sonoro e audio del film, a tratti migliore del cinema italiano più noto e costoso. Purtroppo la cura tecnica non viene equiparata da quella narrativa. Il racconto è fin troppo striminzito e il grande numero di co-protagonisti mai approfondito a dovere, più abbozzati che altro.
Vengono fuori appena i tratti caratteristici di Chris, Samuel, B4ard e degli altri, quasi fossero delle "maschere di personalità" anziché personaggi ben delineati, pure se incarnano ognuno a modo proprio tematiche e criticità della generazione Z (l'omosessualità di Samuel, l'empowerment femminile con Angela, il bullismo digitale con B4ard ecc.). È comunque mediante le ispirazioni anni '90 e precedenti che Maggi e Gabriele Braschi - lo sceneggiatore - vogliono parlare anche a quel pubblico di riferimento, oltre ogni possibile linguaggio adolescenziale moderno (l'utilizzo di counterare, killare_ e altri termini è vincente) e riferimenti palesi - Fortnite, Apex, Call of Duty, Ride -, tirando fuori ad esempio da Dragon Ball la rivalità tra Chris e B4ard, dagli slasher anni '70 la parte thriller-horror e da Battle Royale o da George Orwell il senso stesso di un death match dai tratti sociali con una rivisitazione live streaming del grande fratello a tirare le fila di tutto.
È onestamente interessante al netto di tutte le perplessità descritte e uno di quei titoli capaci di parlare faccia a faccia con il pubblico di riferimento, che è il core dell'intero progetto. Fosse stato prodotto in America con qualche attore più famoso, una scrittura più marcata e più budget, a quest'ora ne starebbero parlando come un nuovo The Hunt.
Conclusioni
Tirando le somme della nostra recensione, Headshot funziona bene sul piano tecnico ed estetico (con tutte le limitazioni del caso) e molto meno su quello narrativo. Un film che sfrutta un modello di riprese virtuoso e a basso costo per immergersi nell'universo e-sports ibridato a quello slasher e screenlife, senza dimenticare il dinamismo dell'azione. Nonostante la vivida critica sociale e l'utilizzo tematico e linguistico caro alla generazione Z, il titolo risulta narrativamente frettoloso e poco approfondito sul piano psicologico ed emotivo, anche se c'è struttura. Tra varietà registica e dialogo diretto con i teenager, comunque, il film può arrivare bene a chi vuole arrivare.
Perché ci piace
- La regia di Niko Maggi, virtuosa e ispirata.
- L'ibridazione di generi è coesa e funzionale.
- Tecnicamente è migliore di quanto ci aspettassimo, specie per un titolo indipendente.
Cosa non va
- Narrazione sottotono e frettolosa.
- Personaggi appena abbozzati e poco delineati.
- Al netto della critica sociale, la volontà di non schierarsi potrebbe non piacere a tutti.