Chi ha ucciso Colorado Kid? Un delitto, irrisolto da un quarto di secolo, ormai dimenticato dai cittadini della graziosa e fredda Haven, Maine, un caso così oscuro che anche l'identità della vittima è sconosciuta. Il romanzo di Stephen King Colorado Kid ricostruisce i fatti accaduti tanti anni prima, riportati dal quotidiano locale e riesumati da una giornalista alle prime armi. Non si contano i film e i telefilm che sono nati come adattamenti della vasta bibliografia del maestro dell'horror: alcuni sono capolavori, come Shining e La zona morta, molti altri, invece, affatto degni di menzione, e comunque diligentemente elencati da wikipedia; Haven non rientra né nella prima né nella seconda categoria, e tuttavia è una serie televisiva da inserire nell'elenco "da vedere". I letterati amanti dell'horror kinghiano possono partire prevenuti nei confronti del telefilm di SyFy, e i serie-dipendenti possono fare altrettanto, vagamente irritati dalla prospettiva di un incrocio furbetto tra Smallville,I segreti di Twin Peaks, X-Files, Happy Town ed Eureka, ma a tutti possiamo garantire che i pregiudizi sono infondati. Ad Haven manca la morbosità kinghiana, in cui l'orrore ordinario della realtà è molto meno digeribile di quello straordinario del fantastico, mentre abbonda di espedienti in grado di conferire alla serie un'identità indipendente, ricca di sorprese e colpi di scena.
Haven ha esordito su SyFy il 9 luglio (in Italia, il 18 ottobre su Steel); l'adattamento è stato affidato ai responsabili dell'insignificante La zona morta - The Dead Zone - lo showrunner Scott Shepherd, i produttori esecutivi Lloyd Segan e Shawn Piller e gli sceneggiatori Sam Ernst e Jim Dunn -, mentre John Morayniss, Noreen Halpern e Michael Rosenberg provengono dallo staff di Hung - Ragazzo squillo, serie irriverente negli intenti, e solo in quelli, di HBO, ma dalla vena decisamente ironica.
Tredici episodi dopo affermiamo serenamente che il cast se la cava, i personaggi sono più delineati della maggior parte degli altri omini telefilmici, e ammettiamo che Haven smentisce le poco promettenti premesse grazie alla maestria degli sceneggiatori nel padroneggiare la narrazione. Le trame verticali fondono aspetti di dramma e commedia, mistero, ironia, fantasy e horror; l'orizzontale regala alla spettatore l'immane soddisfazione della risoluzione esaustiva del mistero in oggetto - prova tangibile che è possibile fornire al pubblico le risposte che merita senza perdersi per strada e barare sul finale (dente avvelenato da Lost?, ovviamente) - fornendo nuovi tasselli man mano che la stagione procede e dando un bello scossone a una season finale ricca di colpi di scena e con tanto di twist (preannunciato) in cliff-hanger per tenere in caldo lo spettatore fino alla nuova stagione.
Haven brilla per modestia: priva di grandi risorse economiche, dispiego di effetti speciali e aspirazioni di eleggibilità a fenomeno di cultura popolare, eppur accattivante sin dalle prime battute. La première introduce il personaggio dell'agente dell'Fbi Audrey Parker (della reporter in erba non v'è più traccia, e di fatto Haven si distacca sensibilmente dal romanzo), spedita dal capo in una remota cittadina del Maine - scenario prediletto delle storie kinghiane - per riacciuffare un evaso: con un talento per l'anormale che neanche la Liv di Fringe, la giovane orfana cresciuta dallo Stato attira l'attenzione dello sceriffo Wournos, ben consapevole delle stranezze locali.
L'incontro con il figlio dello sceriffo, anch'egli poliziotto, si risolve in un confronto armato quasi comico, antipasto di un sodalizio professionale in costante evoluzione nel corso della prima stagione. Anche il giovane Wournos è un adulto particolarmente condizionato dai trascorsi familiari: mentre Audrey spera di ritrovare la madre che non l'ha cresciuta, Nathan farebbe volentieri a meno dell'ingombrante presenza paterna. Nathan è perennemente sconsolato, intimamente introverso, imperscrutabile e alieno a qualsiasi declinazione dello humour: che sia il talento recitativo di Bryant in perpetua latitanza o un'esigenza di copione, la scarsa emozionalità del poliziotto è perfettamente aderente alla sua patologia; l'uomo è affetto da analgesia congenita (o neuropatia idiopatica, secondo la diagnosi del diretto interessato), l'incapacità di percepire il dolore. Questo isolamento dei sensi alla lunga sembra aver reciso la connessione tra il giovane e l'esterno, rendendolo distaccato ed emozionalmente ritardato, eppure anche Nathan ha i suoi attimi di vitalità, soprattutto in presenza di pargoli, che adora, o di Duke, ex compagno di scuola odiato sin dalle elementari (le motivazioni sono fondate, visto che questo ha testato la sua insensibilità al dolore decorandogli la schiena di puntine) con incrollabile perseveranza.Duke Croker, 25 anni dopo è un cattivo ragazzo sulla via della redenzione: il contrabbandiere dal nome impossibile vive su una barca, commercia in beni più o meno legali, è simpatico e accattivante, (non) nasconde un debole per Audrey e ha una sfilza di segreti. Il personaggio meno inquadrato della serie, passa da sollievo comico a improbabile interesse sentimentale della protagonista, a potenziale villain, a insospettabile testimone del ritrovamento di Colorado Kid, infine a vittima annunciata di un delitto che deve ancora avvenire.
Come lo sa? Ad Haven, inspiegabilmente, gli abitanti coltivano qualità particolari: in molti hanno abilità soprannaturali, di cui sono più o meno consapevoli, per lo più scatenate da stress emotivo: chi controlla le condizioni atmosferiche, chi fa impazzire la gente, chi crea incidenti, chi fa avverare le cose dipingendole, chi prevede come morirà chi lo circonda, chi resuscita gli esseri viventi impagliandoli, chi fa marcire i cibi o oscilla tra un piano dell'esistenza e l'altro.
La serie aggiunge piccole rivelazioni sul mistero dosandole e disseminandole per tutta la stagione, senza esagerare per eccesso o difetto, intrecciando efficacemente il caso della puntata con quello della stagione. Il talento di Audrey nel riconoscere e accettare i poteri soprannaturali dei cittadini di Haven è parte di una predisposizione a stabilizzare le capacità di questi individui puntualmente travolti dalle conseguenze della propria straordinarietà. Duke, personaggio dal passato misterioso e dal presente ricco di zone d'ombra, è legato in modo inspiegabile al caso di Colorado Kid: un oscuro simbolo è la chiave per risolvere il suo passato e il suo futuro, minacciato dalla presa omicida di un individuo senza volto che porta tatuato sul braccio quello stesso disegno. Il riservato poliziotto Nathan, seppur poco espressivo e dallo scarso senso dell'umorismo sembra quello, nonostante tutto, più normale, eppur sopporta su di sé il peso dei misteri più strabilianti, grazie alla sapienza degli sceneggiatori che tengono in serbo fino alla finale di stagione le sorprese più inaspettate, riservate proprio al legnoso agente: tra segreti di famiglia insospettabili, la verità sui misteriosi squarci che si aprono sul territorio di Haven, la sconvolgente scoperta di essere sensibile al tocco di un'altra persona, Nathan è sottoposto a una terapia d'urto di emozioni che lo travolgono tutto in una volta. Per scuotere l'atarassia del giovane Wournos, anestetizzato dal mondo esterno dall'età di otto anni, gli autori investono il poveretto con un'onda anomala di eventi difficile da metabolizzare.
I segreti dei genitori, la famiglia o la mancanza di questa sono tra i temi ricorrenti della serie: sia Nathan che Audrey soffrono a causa della figura parentale - il primo - o per la mancanza di questa - la seconda -, inoltre Haven indugia spesso, nella prima parte della stagione, su casi di bambini orfani e bambini adottati, e sulla difficoltà di accettare la verità su padri e madri.
Cosa manca a Haven? Per ora ci piace così. La serie esibisce una buona dose di umorismo, una prospettiva romantica ma a distanza di sicurezza espressa dal triangolo formato da Duke-Audrey-Nathan, lievità e al contempo serietà, fantasia, un pizzico di sano horror, mistero, dei personaggi che evolvono e si piegano sotto il peso delle rivelazioni, di cui alcune imprevedibili - soprattutto nel finale - e per i lettori di King, tantissime citazioni a costellare ogni puntata, da La zona morta, La metà oscura, Shining, 1408, Misery non deve morire, Desperation, Shawshank Redemption (Le ali della libertà): una montagna di riferimenti, molti dei quali elencati sul sito ufficiale di The Haven.
Non si può dire che SyFy non abbia mai preso toppe, anzi, ma questa volta ci ha proprio azzeccato (e ha già annunciato il rinnovo per la seconda stagione).