Come sarebbe andata l'adolescenza di ognuno di noi se, nel bel mezzo della tempesta ormonale e caratteriale di quegli anni, ci si fossero messi anche i nostri genitali a, letteralmente, riempirci la testa di chiacchiere, imposizioni, desideri? Se lo è chiesto il regista e sceneggiatore tedesco Granz Henman, più d'una volta, visto che lo ha sperimentato in due film, uno scovato nella sua filmografia dal titolo italiano abbastanza evocativo Porky College: Un duro per amico e Hard Feelings, in top 10 su Netflix dopo l'uscita il 24 maggio e oggetto della nostra recensione.
Il punto di partenza del film suonerà sicuramente familiare: due adolescenti all'ultimo anno di scuola, Charly (Tobias Schäfer) e Paula (Cosima Henman), sono l'uno l'unico amico dell'altra, poiché non considerati tra i più desiderabili da quelli che contano. Due outsider semi-ignorati dagli altri, se non fosse che Charly se la passa decisamente peggio, additato sin da bambino con l'infelice soprannome di "Charly-senza c...o." A causa di o forse grazie a, chi può dirlo, un fulmine che una sera li sfiora, i due ragazzi si risvegliano, l'indomani, con una voce fuori campo che vuole la loro attenzione. Potrebbe essere nella loro testa ma proviene invece dalle loro parti basse, vulva (come ci tiene a farsi chiamare) e pene. Presi da questo evento totalizzante e pervasivo, i due, non sapendo di essere nella stessa situazione, si allontanano e finiscono per farsi dominare dalle scelte dei loro genitali, intenzionati a perdere a tutti i costi la verginità, soddisfare le loro voglie fisiche invece che favorire comportamenti dall'impegno emotivo. Facile immaginare il destino a cui vanno incontro, considerando la ancora inevitabile differenza che si fa tra uomo e donna in queste situazioni. Paula si guadagna presto, nonostante non abbia fatto niente di che, la sentenza di prostituta di scuola mentre Charly diventa appetibile nerd ben dotato solo perché la sua erezione durante un concerto scolastico è diventata virale.
L'obiettivo di Henman è evidente seppur quasi del tutto mancato. Il regista vuole raccontare le universali battaglie dell'adolescenza, una generazione che prova a distinguersi ma cade sotto i macigni del giudizio e del pregiudizio e infine il primo amore. Tutto questo è fatto con superficialità, in un ibrido che evoca Superbad e American Pie ma che non ha lo spessore di nessuno dei due titoli. Superbad era in fin dei conti un film quasi romantico, nel suo ricalcare l'importanza degli amici e la condivisione. American Pie ci andava giù pesante con il sesso, non si limitava certo a banali commenti su dimensioni e depilazione delle parti intime. Hard Feelings non è carne né pesce, non è commedia romantica e neanche un godibile intrattenimento demenziale e per questo la sua popolarità è destinata ad esaurirsi una volta soddisfatta la curiosità del pubblico sui genitali parlanti.
Il playboy e la ragazzaccia
Quando cerca di spiegare ad una ragazza il perché dello strano comportamento del suo amico Charly, Paula dice: "Sai, parla con il suo pene". E la ragazza risponde: "Ma non è quello che succede a tutti gli uomini?". Questa frase, buttata lì a mo' di battuta ben poco riuscita, come il film, sottolinea però uno dei temi portanti: dimostrare come ci sia tra maschi e femmine ancora una disparità di trattamento e valutazione del comportamento sessuale. Vige tutt'ora la valutazione per cui una che ci sta o semplicemente vuole sperimentare, è vicina alla prostituzione o è una ninfomane. Diverso destino invece tocca a Charly a cui tutto è perdonato, persino un'erezione ad un concerto oppure un tentativo di ménage à trois ad una festa. Semplifica un po' troppo la riflessione Hard Feelings che decide, per non sforzarsi troppo, di abbandonarsi agli stereotipi quando la realtà di oggi è molto più complessa di così e una generalizzazione così netta invalida i piccoli passi in avanti della Gen Z.
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"No shaming"
A proposito di passi in avanti, la sensazione nel guardare la fauna di cui si compone Hard Feelings è che si sia cercato semplicemente di riempire le caselle senza tentare veramente di rappresentare la realtà anche lontanamente in maniera verosimile. A tavolino allora, Herman prova a sbaragliare un po' le carte e inserisce la coppia gay felice e accettata dentro un contesto spesso maschilista come quello dello spogliatoio della palestra. Allo stesso modo, mette in bocca alle "Mean Girls" della scuola frasi come un "No shaming" utilizzato ogni qualvolta le ragazze esprimono giudizi infelici su qualcuno. Hard Feelings, così facendo, purtroppo ci comunica che è tutta una presa in giro, che le cose sono cambiate come nel caso della coppia gay ridotta a macchietta, ma solo nella facciata. Che sia vero oppure no, non è certo dividendo ancora una volta il mondo adolescente in cheerleader, sfigati e quarterback che si fa la differenza.
Chi sono davvero Charly e Paula?
Come dicevamo, Hard Feelings prova ad inserirsi in quel filone demenziale-sessuale-adolescenziale che ha visto American Pie in prima linea negli anni '90. Per farlo, ha però attinto da film con un approccio più profondo al tema perdita della verginità, come Super Bad. Diventa così un ibrido senza identità, fallendo sul delineare chi sono veramente i suoi protagonisti. Oltre a cantare nel coro solo per far piacere a sua madre e ad essere timido, chi è e cosa desidera dalla vita Charly?
Guida una 500 vintage gialla, sembra essere una anticonformista, ha una sorellina piccola molto saggia per la sua età. Al di là di questo, cosa sappiamo di Paula? In Un meraviglioso batticuore, per fare un esempio alto, dell'essenza di Watts capivamo in pochissimi scambi tra lei e Keith. In Hard Feelings ci dobbiamo addirittura sorbire tutto una sottotrama sui genitori di Charly di cui, come è normale che sia, ci importa poco all'inizio e ci importerà ancora di meno alla fine. L'idea dei genitali parlanti rimane brillante per lo stesso lasso di tempo con cui Hard Feelings cronometra la prima performance sessuale dei suoi protagonisti: 10 secondi.
Conclusioni
A fine recensione di Hard Feelings, constatiamo quanto anche una buona idea di commedia, vedi i genitali parlanti di due timidi adolescenti, possa diventare noiosa e poco divertente se inserita all’interno di un contesto di personaggi e trama poco sviluppati. Per questo teen tedesco su Netflix non siamo, ahinoi, né in area American Pie né in quella più romantica di Superbad ma in un ibrido senza identità e il destino di Hard Feelings è quello di esaurirsi in breve tempo così come la sua idea più brillante.
Perché ci piace
- Ha la buona idea comica e metaforica dei genitali parlanti che ossessionano i protagonisti.
- Ricorda che l’adolescenza è un periodo duro per tutti, di tutte le generazioni.
Cosa non va
- È un ibrido senza identità tra aspirazioni all’American Pie e romanticizzazione alla Superbad.
- Delinea con estrema superficialità i suoi protagonisti di cui sappiamo ben poco.
- Ridicolizza la Gen Z mostrandone solo i difetti.