Visti i fatti di Palermo di cui siamo venuti a conoscenza in questi giorni, sembra doppiamente importante scrivere la recensione di Happy Valley 3, il british crime che va a concludersi dal 25 agosto su Sky Investigation e in streaming su NOW con appuntamento settimanale, non dimenticando il fil rouge che ha sempre contraddistinto il suo racconto, andando oltre il genere. Ovvero la violenza, di vario tipo e grado, sulle donne, con spesso drammatiche conseguenze. Questo unito alla criminalità di un piccolo paesino di campagna, spesso frutto dell'ignoranza e dell'analfabetizzazione, e agli incidenti che la vita ci riserva e che spesso uniscono cause e conseguenze in modo davvero inaspettato e incredibile. Ma di cosa parla la serie e di cosa è tornata a parlare nel suo ultimo ciclo di episodi?
La trama di Happy Valley
Tutto parte dalla carismatica protagonista, Catherine Cawood (una fantastica Sarah Lancashire), spesso una spina nel fianco per i suoi colleghi e familiari, ma proprio per questo particolarmente brava nel suo lavoro e con una sensibilità fuori dal comune, perché questo argomento l'ha toccata da vicino. L'abbiamo infatti conosciuta nella prima stagione insieme al nipote Ryan (Rhys Connah), risultato di uno stupro (senza che lui lo sappia) subìto dalla figlia molto giovane ad opera di Tommy Lee Royce (un inquietante James Norton), violenza per la quale pochi mesi dopo la nascita del piccolo - era troppo tardi per abortire quando lo confessò alla madre, per paura che la costringesse a denunciarlo - Becky si suicidò. La nonna ha deciso a quel punto di prendersi cura del nipote, che non ha colpe per come è stato concepito, altrimenti sarebbe finito nel sistema affidatario, ma fin da piccolo egli dimostra una propensione alla violenza che deve sfogare in alcuni attacchi di rabbia, e questo preoccupa la donna per il DNA del ragazzino. Dopo che Tommy esce di prigione, le cose si complicano ulteriormente per la famiglia Cawood, perché Ryan vuole instaurare un rapporto col padre, è piccolo e ancora non capisce molte questioni, anche se la nonna insieme ad amici e familiari prova a spiegargliele.
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Ultimo giro di boa
Nella terza ed ultima stagione di Happy Valley sono passati sei anni (come nella realtà) dagli ultimi avvenimenti, ed è interessante - anche se capita spesso nelle serie inglesi - sia passato così tanto tempo ma la creatrice Sally Wainwright abbia voluto concludere questa storia che è sempre stata molto più orizzontale e familiare che verticale e procedurale. Ha richiamato tutti i membri del cast, compreso quel Rhys Connah ora adolescente e ancor più pieno di domande, anche se di nascosto. Nei primi episodi infatti Catherine, prossima alla pensione dopo tanti anni di onorato servizio come poliziotta, scopre con sconcerto e rammarico che a sua insaputa da un anno o poco più il nipote ha fatto visita al padre in prigione - ci era tornato per vari crimini commessi, tra cui quelli visti nel ciclo inaugurale che confermavano la sua natura da predatore. È comprensibile il suo volere risposte alle proprie domande, soprattutto cercare di capire al proprio istinto violento e con una tale rabbia dentro di lui. Per fermarla o per darle adito?
Mentre i due universi della donna e dell'uomo si incontrano e scontrano continuamente, anche le vite degli altri personaggi sono andate avanti: l'ex marito Richard (Derek Riddell) ha problemi con la nuova moglie e sta seguendo un nuovo caso come giornalista. La sorella di Catherine, Clare (Siobhan Finneran, già vista in Downton Abbey) è andata a vivere insieme al nuovo compagno Neil (Con O'Neill), entrambi ex tossicodipendenti ora puliti. Il figlio sopravvissuto di Catherine e Richard, Daniel (Karl Davies), che nel tempo si è affezionato a Ryan così come l'ex marito, quando inizialmente non riuscivano ad accettarlo, si è rifatto una vita con Ann (Charlie Murphy), la giovane che la poliziotta aveva salvato nella prima stagione. Quest'ultima, oltre ad essere diventata un'amica di famiglia aveva deciso di entrare nelle forze dell'ordine per salvare altre persone, e la coppia ora sta provando ad avere un bambino. Infine Nevison Gallagher (George Costigan), il padre di Ann, chiede proprio a Catherine di provare a frequentarsi.
Non così Happy Valley
Il titolo della serie è già ironico di per sé perché si riferisce al soprannome dato alla valle in cui c'è un grande spaccio di droga. Un argomento caldo nelle prime due stagioni che aveva avuto una sua risoluzione, continuando con la tratta delle donne immigrate dai paesi dell'Est Europa, costrette a prostituirsi o peggio, da parte dei fratelli Knezevic, che tornano protagonisti in quest'ultimo giro di boa come famiglia criminale apparentemente intoccabile a capo di molte attività illecite dell'area. Ad incastrarsi con il disegno più grande le vite degli abitanti di Halifax, West Yorkshire, spesso apparentemente insignificanti eppure motore di azioni molto più grandi (e terribili) di loro, proprio come accade nell'universo cinematografico e televisivo degli inetti e dei risolutori di Fargo.
Al centro della terza stagione le vite di Faisal Bhatti (Amit Shah), un farmacista che si prende cura come può del proprio quartiere e per questo si ritroverà in un mare di guai, soprattutto quando prova ad aiutare una vicina in difficoltà, Joanna Hepworth (Mollie Winnard), una donna totalmente succube del marito Rob (Mark Stanley), uno degli insegnati di Ryan che l'ha preso fortemente di mira. In un dialogo tra loro due emerge un altro tipo di mascolinità tossica affrontata dallo show, ovvero quella di un uomo che si concentra sui propri studenti che secondo lui non hanno un sostegno familiare adeguato, per poi prendersela proprio con la moglie e picchiarla a non finire, pretendere che le figlie seguano una dieta ferrea e salutare (una delle due non si toglie mai il cappotto, sarà per un senso di protezione?) e farlo lui stesso davanti a loro, per poi bere e mangiare allo sfinimento una volta a settimana.
Stiamo parlando della figura di un educatore, che dovrebbe aiutare a plasmare gli adulti di domani, nondimeno. Il fil rouge che ha sempre contraddistinto la serie quindi, ritorna anche in questi ultimi sei episodi: oltre alla defunta figlia di Catherine, la stessa Ann ha subito violenza da Royce nel ciclo inaugurale, la risoluzione del caso del serial killer nella seconda stagione finiva per raccontare un passato di abusi familiari che aveva generato un uomo incapace di amare le donne, la tratta delle prostitute è anch'essa un modo per raccontare un abuso del corpo e della psicologia femminile, e infine la storyline di Joanna. Così come la ramanzina di Catherine verso le due giovani poliziotte del turno di notte per come affrontarono al minimo sindacale una giovanissima sex worker che aveva subìto violenza, solo per il mestiere che faceva.
Happy Valley chiude insomma il proprio cerchio provando a rispondere a tutte le domande lasciate in sospeso, tanto quelle familiari quanto quelle etiche e morali, tutte riguardanti l'universo della protagonista e delle persone a lei vicine. Lo scontro tra Sarah Lancashire e James Norton arriva ad un epilogo e le loro interpretazioni continuano ad essere il fiore all'occhiello dello show, insieme a quelle degli altri personaggi - che negli anni hanno raccolto interpreti famosi da altri serial, come Sophie Rundle di Peaky Blinders, Kevin Doyle di Downton Abbey e Matthew Lewis di Harry Potter - per un ensemble veramente encomiabile che non si dimentica mai di essere un poliziesco ma utilizza il genere per raccontare molto altro e parlare della nostra società. Dell'inadeguatezza del sistema, dell'importanza del sangue in una "dinastia violenta" e dell'inettitudine umana, che spesso ci porta a fare qualcosa di talmente efferato che mai avremmo pensato di poter commettere.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Happy Valley 3 felici che la serie abbia mantenuto fede a se stessa fino a questa terza ed ultima stagione, continuando il discorso sulla violenza di genere attraverso vari stadi e personaggi, e quello sulle cause e conseguenze dei piccoli gesti delle persone ordinarie e quotidiane e di come il loro piccolo mondo venga stravolto dai crimini più tremendi. Interpretazioni convincenti e il ritorno di praticamente tutto il cast dopo molti anni sono la ciliegina sulla torta di questa serie che risulta ancora più importante e necessaria in questi tempi così difficili e pieni di terrore che stiamo vivendo.
Perché ci piace
- Sarah Lancashire e James Norton e le storyline dei loro personaggi che vanno a collidere definitivamente.
- Tutto il cast di supporto che ritorna e l'aver mantenuto anche Rhys Connah nei panni di Ryan, ora adolescente.
- Il discorso sulla violenza domestica e sull’eredità di sangue: si nasce cattivi o si diventa tali?
Cosa non va
- La parte procedurale è comunque presente, anche se è bene notare come passi in secondo piano rispetto alle tematiche principali che tornano sempre.