Happy Holidays, Scandar Copti: “Il problema della nostra storia? Chi crede di avere una moralità superiore”

Liberarsi da ogni forma di oppressione e l'onore inteso come ego, il cinema come cambiamento sociale e il lato positivo della rabbia: il regista palestinese racconta il film in sala dal 3 luglio dopo l'anteprima al Nuovo Sacher Arena.

Una scena di Happy Holidays

"Non ho soluzioni. È per questo che sono un regista. Ma so che dobbiamo essere proattivi. Faccio film non solo per amore del cinema. È il mio modo di evidenziare i problemi". Il regista palestinese Scandar Copti ha una lucidità disarmante nel parlare della sua professione e del contesto socio-politico nel quale vive e lavora. Una lucidità che si riscontra anche in Happy Holidays, premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura a Venezia 81 nelle nostre sale dal 3 luglio dopo l'anteprima al Nuovo Sacher Arena dove introdurrà il film insieme a Nanni Moretti il 27 giugno. Una proiezione, seguita da un Q&A, il cui ricavato sarà devoluto a Emergency.

Happy Holydays Foto
Una scena del film di Scandar Copti

Il film mostra le vite di quattro personaggi interconnessi attraverso i quali il regista mostra le complessità dei rapporti tra culture e generazioni. Rami, palestinese di Haifa, la cui ragazza ebrea ha cambiato idea sul suo aborto programmato. Lui cerca di convincerla a tornare sui suoi passi insieme alla sorella di lei, Miri, alle prese con la depressione della figlia. Mentre Hanan, madre di Rami, che deve affrontare una crisi finanziaria e le complicazioni relative al risarcimento per l'incidente della figlia Fifi. La ragazza vive con il senso di colpa per aver nascosto un segreto che mette a rischio la reputazione della sua famiglia e la relazione con il dottor Walid.

Liberarsi da tutte le forme di oppressione

Happy Holidays Un Immagine
Un'immagine del film

"Non permettere mai a una donna di dirti cosa fare", è da questa frase ascoltata da ragazzo e pronunciata da una sua parente al figlio che Scandar Copti ha preso ispirazione per la genesi di Happy Holidays. Una storia con protagoniste 4 donne in cui assistiamo ad atti di potere perpetrati su altrettante donne. Loro stesse fanno parte della struttura oppressiva della società patriarcale. "Ciò che principalmente fa il film è collegare tutte le forme di oppressione", sottolinea Copti. "Credo fermamente che non si possa essere liberati solo da una cosa, ma da tutte le forze e poteri che ci opprimono".

"Noi palestinesi non possiamo essere liberati solo dal sionismo. Non possiamo liberarci solo dall'occupazione o dall'apartheid. Dobbiamo liberarci da tutto", continua il regista. "Una volta che tutti saremo liberati da ogni forma di oppressione, allora saremo liberi. Ma è una cosa bidirezionale. Non ci si libera solo dalla sottomissione che ci viene imposta. Bisogna liberarsi dall'oppressione che ci si autoinfligge".

"Le donne non possono accettare comportamenti, scelte morali o valori di altre donne perché diventano meno libere. È un circolo vizioso", spiega Copti. "Capire questo, parlarne, evidenziarlo con empatia e tanto amore, senza giudizio e con consapevolezza è un inizio per poter camminare. Come Fifi alla fine del film. Non sappiamo verso cosa cammini, ma sappiamo da cosa si sta allontanando. Dall'uomo, dal patriarca, ma anche dall'oppressione politica. Perché c'è la sirena che suona ed intima a tutti di stare fermi. Lei, invece, spezza quel circolo e si allontana".

Happy Holidays e l'onore inteso come ego

Happy Holidays Una Sequenza
Una scena di Happy Holidays

Uno dei temi del film è l'onore. Tra le storie raccontate in Happy Holidays appare chiaro grazie alla figura di Miri e alla sua relazione con il giovane dottor Walid. Il passato della ragazza, considerato peccaminoso e una vergogna capace di gettare un'ombra sulla sua intera famiglia, diventa un ostacolo al loro amore. In questo Scandar Copti sembra suggerirci che l'onore è una limitazione che ci imponiamo da soli, attraverso società e religione. "Lottiamo per i nostri valori. Ma sono molto, molto soggettivi. Sono elementi che ereditiamo attraverso l'amore", riflette il regista.

"Penso ai valori della religione. Sono cattolico. Ma come ho ereditato questa religione? Due persone che amo, mia madre e mio padre, mi portavano in chiesa con i miei nonni. L'autorità dei genitori, più l'amore e la fiducia che si hanno verso di loro, possono convincerti a fare qualsiasi cosa. È molto facile instillare dei valori. Il problema è quando vengono instillati senza che ci pensiamo".

"Noi esseri umani abbiamo un ego che vogliamo proteggere. È la natura umana, non dice se siamo buoni o cattivi. Se qualcuno li infrange, dimostra di non crederci o li contraddice, li proteggiamo anche se sono dannosi", continua Copti. "Per me, l'onore è ego. Che sia collettivo o personale. Attraverso questo ego proteggiamo i nostri valori. Ma non lo facciamo perché siamo cattivi. Lo facciamo perché la vita è caotica. Sappiamo che un giorno moriremo, ma non lo sappiamo davvero. È qualcosa che non possiamo capire. E quindi almeno manteniamo le cose in cui crediamo e per cui siamo pronti a lottare. Ci dà un senso".

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Il grande problema della moralità

Happy Holidays Una Scena
Un'immagine del film

Una delle scene più forti del film è ambientata in una scuola dell'infanzia e mostra dei bambini alle prese con dei lavoretti. I piccoli alunni stanno scrivendo delle lettere per i soldati israeliani. Una sequenza raggelante perché capace di farci riflettere sul futuro. Come si può costruire qualcosa se il nostro presente e il nostro futuro partono da una realtà del genere? "Lavoro con attori non professionisti e quella è un'attività che stavano svolgendo realmente. Mi sono seduto con l'insegnante e le ho chiesto a cosa stessero lavorando. Mi ha spiegato che avevano già impacchettato i regali per i soldati, ma che avrebbe potuto far scrivere loro delle lettere dai bambini", ricorda il regista.

"Quando vedo questo tipo di realtà mi diventa più chiaro come siano stati possibili 400 anni di schiavitù. Non è che quelle persone che hanno ridotto in schiavitù gli africani fossero cattive. Erano convinti che il loro modo di agire fosse l'unico giusto. Erano brave persone che andavano in chiesa e si pentivano quando facevano qualcosa di sbagliato".

"Quando nasci e cresci indottrinato sei convinto che tutti vogliano ucciderti, ma l'occupante sei tu. Arrivati dall'Europa hanno occupato una terra e si sono sbarazzati di 750.000 persone. All'epoca c'era la più grande crisi di rifugiati al mondo. Oggi siamo circa 6 milioni di rifugiati palestinesi", prosegue Copti parlando di ciò che accade sistematicamente da oltre sette decenni in Palestina.

"Ma quando sei convinto delle tue azioni è facile. Così come è facile fare ciò che si vuole con quel bambino che non merita quella vita. Il mio cuore si è spezzato in quella scena, perché è terrorizzato. 'Non voglio che il soldato muoia', scrive piangendo. Abbiamo la responsabilità di diseducare le persone razzismo, segregazione, superiorità e supremazia. Perché in fin dei conti, il grosso problema della nostra storia, dai crociati alla schiavitù, dall'Olocausto al genocidio a Gaza, è che alcune persone pensano di avere una moralità superiore a quella degli altri. Tutto qui. E con questo pensiero in testa, puoi fare quello che vuoi. Puoi uccidere le persone e bombardare i neonati perché non contano".

Fare film per il cambiamento sociale

Scandar Copti è palestinese, ma è un cittadino israeliano. Come sta vivendo la situazione che da poco meno di due anni ha distrutto la Striscia portato al genocidio della popolazione palestinese? "Mi sono trasferito ad Abu Dhabi da 11 anni, ma tutta la mia famiglia è lì. La situazione sia orribile. Il genocidio si è esteso. È ovunque. Non solo a Gaza, ma anche in Cisgiordania. Ma la situazione è orribile anche a causa delle false maschere che devono indossare i palestinesi che lavorano con gli israeliani", racconta il regista. "Una minoranza all'interno di Israele che deve andare a lavoro fingendo che vada tutto bene. È quello che mi raccontano i miei amici. 'Andiamo a lavoro e ci prendono in giro. Ci mettono alla prova'".

"Questo ovviamente influenza il mio lavoro. Mi chiedo: 'Cosa sto facendo? Fare film è tutta una sciocchezza'. Ma è il meglio che posso fare. Sono un professore di cinema. Cerco di educare le persone su ciò di cui discutiamo, sul mettere in discussione i nostri valori, sul cercare di capire come le cose vengono influenzate e perché. Ma mi sento impotente".

"Non faccio film per l'estetica o per i festival. Faccio film per il cambiamento sociale. La cosa peggiore che potrebbe succedermi come regista è che il pubblico si metta sulla difensiva. Ed è per questo che Happy Holiday è molto sottile e non prende posizione contro nessuno.", prosegue Copti. "Tutti soffrono. È solo che le persone sono così intrappolate nella realtà che è stata costruita per loro che non riescono nemmeno a impedire a se stesse di farlo. Ne sono stato molto consapevole in fase di scrittura. Il mio modo di lavorare aiuta. Non fornisco dialoghi agli attori, nemmeno la sceneggiatura. Non sanno di cosa parla la storia. Procediamo cronologicamente dall'inizio alla fine e ogni persona si percepisce come buona. Questo si riflette sullo schermo".

Immaginare il futuro

Provare a immaginare il futuro in un contesto così drammatico e incerto può sembrare un atto insensato. "A volte sono disperato, ma a volte penso anche che forse tutta questa rabbia potrebbe essere qualcosa di buono", ammette il regista. "Chi sono io per iniziare a imporre il pessimismo? Gli irlandesi hanno trascorso 800 anni sotto l'occupazione britannica. Noi palestinesi 76. Ho speranza anche nei confronti degli israeliani che si dichiarano antisionisti, ritenendo che ciò non abbia nulla a che fare con l'antisemitismo e rifiutandosi di arruolarsi nell'esercito.".

"Ma sono ottimista anche in relazione a quello che sta succedendo nelle università di tutto il mondo. È incoraggiante. Le persone stanno pagando un prezzo. Quando credi in qualcosa e ti permetti di pagare un prezzo, essere cacciato dall'università, penso che sia lì che avvenga il cambiamento. L'abbiamo già visto storicamente con il Vietnam e l'Algeria".