Mads ha avuto un'infanzia difficile ed è diventata poi durante l'adolescenza dipendente dall'eroina. Questo non le ha impedito di crearsi un rapporto tutto particolare con la religione cristiana e in particolare con la figura di Gesù, al quale spesso chiede consiglio quando si trova alle prese con le situazioni più improbabili.
Come vi raccontiamo nella recensione di Habit, Mads convive con le amiche Evie e Addy, anch'esse eroinomani, e insieme a loro si propone per spacciare ventimila dollari di droga affidatigli da Eric, un ex attore di serie b datosi al narcotraffico. Peccato che dopo una serata di bagordi le ragazze scoprano di essere state derubate e si trovino ora a dover recuperare quell'ingente somma di denaro nel minor tempo possibile. Le protagoniste decidono così di travestirsi da suore per ottenere donazioni da ignari fedeli e ben presto la finzione rischia di condurre su sentieri sempre più rischiosi. Nel frattempo la gangster Queenie e il suo braccio destro Truff sono sulle loro tracce, con intenzioni per niente concilianti...
Can che abbaia, non morde
È sbarcato su Prime Video uno dei titoli più controversi degli ultimi mesi, capace negli Stati Uniti di attirarsi gli strali delle associazioni cattoliche, che lo hanno accusato di cristianofobia e avviato anche una petizione per evitare che fosse distribuito. Accusato, poi ingiustamente a conti fatti, di voler rappresentare una versione di Gesù rappresentato come una donna - e non ci sarebbe nulla di strano, cinematograficamente parlando, dopo Alanis Morissette che in Dogma (1999) indossava proprio le vesti divine - e inoltre lesbica. A interpretare infatti il figlio di Dio è sì Paris Jackson, figlia del compianto Michael, ma della sua sessualità non se ne fa menzione nella breve scena onirica in cui appare alla protagonista.
Le polemiche comunque invece che far finire Habit nell'anonimato hanno contribuito ad attirare le attenzioni su un film altrimenti modestissimo, che scimmiotta qua e là il cinema di Tarantino e Rodriguez e l'exploitation in un ammasso informe di gag e battute di cattivo gusto, all'insegna di un estremo a tutti i costi, gratuito e sbracato.
Alle prime armi (scariche)
Il film segna l'esordio dietro la macchina da presa dell'attrice Janell Shirtcliff, la quale non sembra ancora pronta per il lavoro di regista. Negli ottanta, scarsi, minuti di visione infatti la messa in scena è ben più che approssimativa e in più di un'occasione pare di assistere ad una produzione amatoriale, con movimenti di camera confusi e una psichedelia insistita e veemente a tentare di imporre ritmo alle varie sequenze che si susseguono in un racconto povero di idee e contenuti.
Il voler essere blasfemo a tutti i costi necessita di una certa inventiva e di uno stile pulp maturo e consapevole, qui schiavo di ingenuità e soluzioni nonsense e tirate per i capelli, dai sexy preti che si lasciano sedurre nei confessionali alla gangster asiatica iper-cattiva che si porta dietro formiche velenose come mezzo di tortura.
Cattive abitudini
Habit è fortemente derivativo, banale in una gestione del racconto che si affida ripetutamente al voice-over del personaggio di Mads - interpretata da una Bella Thorne non nuova a ruoli da cattiva ragazza - e in svolte di trama che scimmiottano qua e là diversi classici di genere, senza mai trovare una coesione narrativa o stilistica che giustifichi la forma di lungometraggio, giacché le idee sono esaurite già dopo la prima mezzora e procedono su una reiterazione di topoi archetipici.
Un film isterico, che vuole scandalizzare ad ogni costo - ma per sparare a zero con cognizione di causa ci vuole una lingua affilata e tagliente, che qui manca in fase di sceneggiatura - e che gioca tutto sul classico motto "l'abito non fa il monaco", in questo caso la suora. Troppo poco per dar vita a qualcosa di appassionante o, almeno, divertente.
Conclusioni
Tre amiche eroinomani si fanno soffiare da sotto il naso un'ingente partita di droga e nel tentativo di recuperare il denaro perduto si travestono da suore per racimolare "soldi facili", ignare delle conseguenze. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Habit, il film è un pasticcio volgare e gratuito che ha fatto parecchio discutere per le sue tematiche ipoteticamente blasfeme, che finiscono ben presto in secondo piano di fronte alla pochezza stilistica e narrativa che caratterizza gli ottanta minuti di visione, popolati da riferimenti sessuali e da una violenza pulp della peggior specie, scimmiottante i classici in maniera semi-amatoriale.
Perché ci piace
- Nulla da segnalare.
Cosa non va
- Il film è inutilmente blasfemo e nei suoi eccessi forzati si rivela involontariamente ridicolo.
- Bella Thorne e il resto del cast sono alle prese con personaggi ben più che caricaturali.