In anticipo sullo schedule, ci colleghiamo su Zoom nel tardo pomeriggio. Dall'altra parte dello schermo, Kate Winslet. L'attrice, ora anche splendida regista, non tradisce le aspettative: affabile, delicata, puntuale e profonda nelle risposte. Una manciata di minuti a disposizione, sfruttati a pieno. Del resto, Goodbye June, il suo debutto dietro la macchina da presa merita una decisa attenzione. Arrivato su Netflix, il film è scritto da Joe Anders, il 22enne figlio della regista.
Al centro, una storia che mischia dolore, calore, umorismo, tra l'altro impreziosita da un cast formidabile: Toni Collette, Johnny Flynn, Andrea Riseborough, Helen Mirren, uno strepitoso Timothy Spall e, poi, la stessa Winslet. "Se il tono si intristiva troppo il mio compito era poi riportare tutto a un livello più umano, senza dimenticare l'umorismo", confida l'autrice nella nostra intervista, spiegando poi quanto è stato importante modulare la luce e, soprattutto, riempire la scena di personaggi splendidamente riconoscibili.
Goodbye June: intervista a Kate Winslet
Quanto è importante raccontare persone comuni con problemi comuni?
"Per me è molto importante. Ho sempre amato il lavoro di Mike Leigh e Ken Loach. Quel senso di realismo sociale è molto importante per me. E credo davvero che quando andiamo al cinema e guardiamo una storia che si svolge sullo schermo, in qualche modo inconsciamente cerchiamo delle versioni di noi stessi nei personaggi, spesso cercando dei modi in cui possiamo connetterci con quelle storie per poter sentirci visti e ascoltati".
In che modo Goodbye June parla al pubblico?
"Grazie alla brillante sceneggiatura scritta da mio figlio, abbiamo avuto l'opportunità di parlare di qualcosa che le persone trovano molto difficile affrontare. Perché quando si pensa alla perdita o alla morte, si pensa automaticamente: "Beh, mi sento triste". Non voglio parlarne". Ma in realtà, ciò che Goodbye June ci dice è che una famiglia può avvicinarsi grazie a quella perdita. L'amore avvicina. Quindi è stata un'esperienza davvero molto speciale realizzare il film, e ne sono incredibilmente orgogliosa".
L'emozione è il modo migliore per raggiungere il pubblico?
"Penso che il modo migliore per raggiungere il pubblico sia essere sinceri, perché credo che il pubblico sia molto intelligente e molto selettivo riguardo a ciò che sceglie di vedere. Non credo che si possano ingannare le persone. E non credo che si possa manipolare con le emozioni. Per questo era importante per me che il film non risultasse mai sentimentale. Doveva sempre sembrare reale".
Il potere dell'umorismo
Per questo ha spinto molto sull'umorismo?
"Se qualcosa iniziava a sembrare un po' triste, era mio compito assicurarmi che tornasse l'umorismo, che ci sollevasse immediatamente da quella sensazione. Quindi non ci si sofferma mai su alcun grado di tristezza in modo manipolatorio o pesante, perché è necessario intraprendere questo viaggio, questa esperienza con questa famiglia, con questi personaggi, e si arriva a conoscerli tutti in modi diversi. Si arriva a sperimentare ciò che ciascuno di loro sta vivendo come individuo, che è, ovviamente, molto diverso l'uno dall'altro".
Del resto, il dolore fa male, ma il dolore unisce le persone. "Le esperienze di vita possono essere molto utili per unirci. Personalmente, ho condiviso delle cose con amici molto cari che mi hanno aiutato ad avvicinarmi a loro. Queste esperienze condivise, credo, possono creare legami che a volte aiutano a superare i momenti difficili".
Un film di Natale
È importante l'uso della luce. Come ha lavorato su questo aspetto?
"La luce era particolarmente importante perché non volevamo che risultasse austera, fredda, solitaria. Gli spazi ospedalieri possono sembrare molto inquietanti con una certa luce. Quello che volevamo fare era creare quel senso di calore. Secondo me si percepisce nella stessa June, e credo si percepisca anche all'interno delle dinamiche familiari. Si tratta di un gruppo di persone che si amano tutte".
Anche il Natale, è un altro punto importate del film.
"Sì, era importante mostrare il passare del tempo e celebrare il Natale con tutte quelle lucine scintillanti, le decorazioni, che contribuiscono a dare colore allo spazio. Avevamo due modi per far entrare la luce dalle finestre. C'erano delle tende che ruotavano, e che a volte potevano dare una luce piuttosto stilizzata, che abbiamo usato poche volte. Ma avevamo anche una tenda color pesca che dava davvero un bagliore caldo a quella stanza, a qualsiasi ora del giorno. Ci sono poi piccoli dettagli, su cui ho lavorato per diverse settimane insieme al direttore della fotografia, Alwin H. Küchler, pianificando i cambiamenti della luce, mostrando il tempo che passa pur mantenendo vivo il calore".