Going Underground, intervista alla regista Lisa Bosi: “I Gaznevada? Sono stati luce e ombra”

Il documentario racconta la parabola degli "invincibili guardiani della libertà del mondo", il più importante gruppo italiano punk e new wave degli anni Settanta e Ottanta. In sala il 24, 25 e 26 febbraio con Wanted Cinema.

Un'immagine di Going Underground

Bologna, anni Settanta. Quando per acquistare un vinile di un gruppo che non si conosceva bisognava scrutare più e più volte la copertina. Gli anni del movimento del Settantasette, dei Ramones e dei fumetti di Andrea Pazienza. Gli anni dei Gaznevada. La band, il cui nome è ispirato a un racconto di Raymond Chandler, che ora è al centro di un documentario diretto da Lisa Bosi, Going Underground, in sala il 24, 25 e 26 febbraio con Wanted Cinema.

Un viaggio in cinque vite

Gaznevada Intervista Regista Lisa Bosi Qkjeqni
I Gaznevada negli anni Settanta

Il più importante gruppo italiano punk e new wave, qui nella sua formazione originale, ripercorre un decennio di vita e musica. Una stagione fatta di ideali, di "letture sbagliate fatte troppo in fretta" e di promesse. "Li ho conosciuti tramite amicizie comuni", ricorda Lisa Bosi. "Una sera hanno fatto un dj set al DAMS, un luogo iconico per la Bologna di quegli anni e paradossalmente tutto è nato da quel momento. Dopo ho avuto la fortuna di andare a cena con loro. Ero zitta al tavolo mentre si raccontavano come fanno i vecchi amici tra di loro. Da lì è nato il mio interesse, mi è sembrata una bella storia da raccontare. Hanno avuto una vita pazzesca e ancora oggi sono persone profondamente non convenzionali. Sono come allora".

Ma come li ha convinti Bosi ad aprirsi dopo tutti questi anni e tutto quello che c'è stato in mezzo? "Ho dovuto conquistarmi la loro fiducia", ammette la regista. "Sono storie che vanno maneggiate con molta cura. È stato un lungo lavoro di interviste audio private nel mio studio. Un approccio lento. Volevo entrare nella loro mentalità, diventare una sesta Gaznevada. Dovevo prendere la loro poetica ed estetica. Non volevano essere gli Skiantos, non volevano essere simpatici. Hanno sempre avuto un'estetica crudele, cattiva, punk".

"Hanno capito che non gli avrei fatto un classico documentario con interviste sedute, ma che dovevamo impegnarci un po' di più per fare un viaggio in queste cinque vite. Per tanti anni non si erano più sentiti, per loro è stato anche un ritrovarsi", continua Bosi.

Uno spaccato della musica e della società italiana

Going Underground Auto Yrxtgpn
Un'immagine di Going Underground

In Going Underground a fare da filo rosso al racconto sono le parole degli stessi membri del gruppo che rievocano quei giorni di cinquant'anni fa. Aprirsi in questo modo era qualcosa di cui sentivano il bisogno? "Forse sì. Tutti e cinque sono rimasti abbastanza fermi nelle loro opinioni, ma fin dalle prime riunioni per ognuno di loro era giusto raccontare quello che era successo", spiega Bosi. "Sono stata molto chiara nel dire che, per quanto potesse essere crudele, dovevamo affrontare anche il discorso sull'eroina. Una volta che hanno capito e si sono fidati, si sono aperti".

"Da tutte le interviste fatte privatamente sono nati i voice over che si sentono nel film senza che ci fosse un approccio troppo didascalico. Doveva essere un film che mi permettesse di raccontare un buon spaccato della musica e della società italiana. E di come quando cambia la società cambia la musica, ti vendi e fino a che punto riesci a venderti e a vestirti tutto d'oro. Arriva un punto in cui dici: "Non ce la faccio più'".

Rimanere avanguardia

Gaznevada Intervista Regista Lisa Bosi Gehnazb
Una scena del documentario di Lisa Bosi

Quello che colpisce del documentario è la capacità di Lisa Bosi di aver saputo tradurre in immagini l'universo sonoro e immaginifico dei Gaznevada. "A seconda della storia che racconti devi avere la sensibilità registica di mettere in scena determinate cose. Ho iniziato a scrivere prima tutti i dialoghi e i voice over, poi ho iniziato a immaginarmi le scene. La cosa pazzesca è che andando avanti nella scrittura in contemporanea stavo rileggendo tutto Andrea Pazienza".

"La conferma che stavo facendo un percorso corretto è arrivata nell'accorgermi che stavo scrivendo delle scene che poi ritrovavo nei suoi fumetti. È stato illuminante. Anche nel mio caso stavano diventando dei fumetti. C'era una storia nella storia che volevo raccontare. Il loro claim era: 'Gli invincibili guardiani della libertà del mondo'. Nella mia testa era come se nel 2025 ritornassero sulla terra per provare, anche in questo caso, ad andare contro le false retoriche e le false ideologie. A rimanere sempre avanguardia".

Bologna, la città della musica e dell'avanguardia

Going Underground Blue Pic
Un momento di Going Underground

Un'altra protagonista assoluta di Going Underground è Bologna. La città che ha fatto da sfondo al fermento culturale di un'Italia passata. L'unica in grado di accogliere le tendenze, la bellezza, la gioia ma anche la disperazione e il dolore di quegli anni irripetibili. "Sono nata a Bologna, raccontare la mia città in quel modo è anche fonte d'orgoglio", confessa la regista.

"Oggi tutti dicono che è cambiata molto, però secondo me lo spirito ancora rimane. C'è ancora la città della musica e dell'avanguardia. Questo fermento non poteva che nascere lì, perché il DAMS è stata un'università che ha rivoluzionato le menti di quegli anni. C'erano avanguardie artistiche che si trovano tutte nella stessa città nello stesso momento storico. Sono stati anni pazzeschi per Bologna".

Le luci e le ombre dell'architettura (e dei Gaznevada)

Going Underground Foto
Una scena del documentario di Lisa Bosi

Lisa Bosi, (anche) architetto, cosa ne pensa di uno dei film in lizza per l'Oscar, The Brutalist? pazzesco, magari fare dei film così (ride, ndr)", ammette la regista ."Mi faceva abbastanza sorridere perché, avendo esercitato per buona parte della mia vita, le problematiche che aveva lui con il committente sono esattamente quelle che ci sono. In certi momenti era un riso amaro il mio. Ho letto la polemica sull'intelligenza artificiale con cui immagino ci scontreremo tutti di qui a pochissimo. L'hanno utilizzata per le scene finali, ma provengono da disegni fatti da artisti. Alla fine la mano dell'uomo c'è".

"Siamo nell'epoca più buia dell'architettura", continua la regista. "Non ce ne sarà una che ricordi i nostri anni. Sono un architetto quindi per me è normale guardare il mondo per luci e ombre. Peter Zumthor diceva che non sono nemiche, ma compagne. Là dove c'è una luce fortissima c'è anche un'ombra molto scura. Per me i Gaznevada sono stati questo. Ho visto una luce abbagliante e il buio dell'ombra. Non puoi dividerle perché altrimenti non hai il traino delle cose. Una visione veramente realistica delle persone, degli oggetti e di tutto ciò che ci sta attorno".