Dopo essersi aggiudicato la Palma d'Oro a Cannes nel 2004 per la regia di Exils, il regista di origine algerina Tony Gatlif (Michel Dahmani) arriva alla Berlinale con il suo Indignados, senza dubbio uno dei film più attesi dai cronisti accorsi in città da ogni parte del mondo. E non è una novità, perchè i film di Gatlif sono e saranno sempre destinati a fare scalpore e a far discutere per il loro fascino latino, per la loro verità, per la loro palpabile e commovente poesia, per il racconto sempre appassionato di chi al mondo non ha fissa dimora. Indignados è sì un documentario che segue in lungo e in largo il diffondersi e il brulicare pacifico del movimento di protesta contro la repressione, il predominio delle banche e delle grandi multinazionali sulla finanza mondiale a discapito delle popolazioni meno abbienti ma in piccola parte è anche un film di finzione che segue il viaggio attraverso l'Europa di una giovane immigrata africana clandestina di nome Betty, interpretata dalla bellissima attrice di origine senegalese Mamebetty Honore Diallo, in fuga dalla povertà del suo paese. Indignados mostra uomini e donne che si ribellano pacificamente al sistema e rivendicano il loro diritto naturale di cittadini del mondo, mostra i loro obiettivi, le loro ragioni, i loro slogan e i loro sogni e ci racconta come tutto questo 'movimento' sia nato grazie all'insurrezione letteraria di un ex-politico e scrittore berlinese naturalizzato francese, Stéphane Hessel, che a novantaquattro anni suonati esce nei primi mesi del 2011 in libreria con un libricino di poco più di trenta pagine intitolato Indignez-vous! (più di settecento mila copie vendute solo in Francia) in cui sfoga tutta la sua rabbia. Eroe della Resistenza Francese al fianco di De Gaulle e deportato nel campo di concentramento di Buchenwald durante la Seconda Guerra Mondiale, Hessel è arrivato nella sua città natale insieme al regista Tony Gatlif, all'attrice che interpreta il ruolo di Betty e a Isabel Vendrell Cortès, protagonista di un piccolo ruolo, arrivata in conferenza stampa con sul viso una maschera assai eloquente con su scritto "Occupy everywhere".
Il film è dedicato al filosofo Jean-Paul Dollé, suo grande amico, la persona che le ha dato lo spunto per il film...Tony Gatlif: Ero alla ricerca di un progetto che mi desse ancora una volta la possibilità di parlare di quella fetta della popolazione mondiale che non ha fissa dimora, di immigrati e di migranti, di chi si sposta e non sta mai fermo nello stesso posto. Un giorno ero a casa dell'amico Jean-Paul e la mia attenzione viene catturata da un libricino che era sulla sua scrivania, si trattava di Indignez-vous! di Stéphane Hessel, un libro che stava diventando molto famoso in tutto il mondo proprio in quel periodo. Su consiglio di Jean-Paul inizio la lettura e subito mi accorgo che in quelle pagine potevo rispecchiarmi in tutto e per tutto, sembrava non solo che quel libro parlasse di me ma che parlasse con me.
Quindi non lo conosceva prima di quel momento?
Tony Gatlif: No e non avevo idea che i movimenti di piazza che iniziavano a diffondersi fossero stati innescati proprio da questo libricino all'apparenza innocuo. Ho chiamato subito Delphine (Delphine Mantoulet la produttrice ed autrice delle musiche di molti dei film del regista ndr.) e le ho subito detto che volevo fare un film liberamente tratto da questo piccolo testo di trenta pagine e su quello che è accaduto dopo la sua pubblicazione. Personalmente vedo il mio film come una prosecuzione ideale degli eventi descritti in Indignez-vous!.
Com'è avvenuto l'incontro con il signor Hessel?
Tony Gatlif: L'ho incontrato nel gennaio successivo e gli ho parlato del mio progetto, del fatto che volevo realizzare un film liberamente ispirato al suo libro. Era un periodo di estremo fermento, in cui i movimenti di piazza divenivano sempre più forti e si diffondevano anche in Africa. Quando gli Indignados occuparono poi Puerta del Sol a Madrid tutte le persone che conoscevo e che sapevano di questo mio nuovo progetto mi consigliarono di prendere di corsa la telecamera per andare a filmare quello che stava accadendo. E io ovviamente l'ho fatto. Da quel momento in poi ho avuto in mano il film anche perché la sorpresa è stata grande, non mi aspettavo che i giovani si ribellassero tutti insieme in giro per il mondo e soprattutto non mi aspettavo che arrivassero ad occupare la più grande piazza di Madrid, simbolo della città, per manifestare il loro dissenso.
Tony Gatlif: Non è tanto importante quello che ho pensato io ma quello che ha pensato la gente che mi ha visto arrivare con la telecamera e iniziare a filmare. Mi guardavano tutti con sospetto pensando che fossi un uomo di televisione manipolabile e manipolato. Poi quando ho spiegato l'origine del mio progetto documentaristico e ho dato loro le mie referenze tutti hanno potuto controllare su Internet la veridicità delle mie parole e la natura dei miei lavori precedenti. Da quel momento tutto è andato liscio, sono diventato quasi invisibile ai loro occhi, mi ero finalmente guadagnato la loro fiducia ed ero diventato uno di loro.
Come autore sente di aver trovato la chiave giusta per parlare di questo argomento?
Tony Gatlif: Credo proprio di sì, sento di essere riuscito a trovare la giusta angolazione narrativa, la giusta prospettiva figurativa e musicale. Sono riuscito a mettere molto di mio in questo film, soprattutto perchè la protagonista di questo viaggio attraverso l'Europa degli Indignados è una giovane africana come lo ero io quando sono fuggito dall'Algeria. Ho voluto guardare il mondo con i suoi occhi innocenti, gli stessi che avevo io quando ero giovane.
Com'è riuscito a trovare l'attrice giusta per Indignados?
Tony Gatlif: Quando sono stato avvertito dai miei collaboratori che era forse stata trovata la ragazza giusta a Parigi mi sono precipitato a conoscerla e subito dopo abbiamo cominciato la nostra avventura. Abbiamo iniziato le riprese nella città greca di Patrasso, quella che si vede all'inizio del film sulla spiaggia, una scena che ho voluto dedicare ai profughi e agli immigrati di tutto il mondo, soprattutto a quelli che non ce la fanno e si perdono in mare.
Come ha diretto l'attrice durante le riprese, quali indicazioni le ha dato?
Tony Gatlif: Ho tenuto la macchina da presa sempre vicino a lei, l'ho seguita passo passo senza essere invadente, non le ho detto praticamente nulla prima di iniziare le riprese, sono sempre stato molto discreto. Nel film non si spettacolarizza né si strumentalizza nulla, il mio impegno è stato quello di mostrare unicamente la gente nel momento in cui protesta e rivendica la sua dignità. Il primo giorno le ho detto "vai, scendi dal treno che io ti seguo, tu fai qullo che vuoi e quello che ti senti di fare". Non avevamo una sceneggiatura, avevo solo in mente i diversi capitoli della storia che avrei voluto inserire ed amalgamare al meglio. Amo il cielo, la terra, la natura e le musiche di tutto il mondo, ed è proprio attraverso le splendide musiche di Delphine Mantoulet che lo spettatore può godersi un'esperienza speciale con le musiche ed un sound design che acuiscono il senso di paura, di allegria, di rabbia e di indignazione che si respira nel film.
Stéphane Hessel: Tutto è iniziato quando ho deciso di scrivere un libricino sulla mia personale visione del mondo odierno alla luce della mia esperienza passata di deportato e poi di politico e diplomatico per il governo francese. Edito da una piccola casa editrice indipendente di Montpellier, il mio libro narra di come i valori odierni su cui si fonda la società moderna vadano scomparendo progressivamente, di come i diritti umani siano violati di continuo, di come ci sia bisogno di una resistenza al potere e di ricominciare a credere nel futuro. La sorpresa è stata enorme per me quando Tony è venuto a conoscermi e mi ha parlato del suo film. Ero sconcertato, quasi non ci credevo che un regista di questa fama potesse pensare di trarre un film dal mio libro. E' stato molto importante per me.
Come avete collaborato al progetto?
Stéphane Hessel: Ho deciso di mettermi a disposizione di Tony in tutto e per tutto, di andare ovunque e discutere di qualsiasi cosa con lui. Sono immensamente fiero di essere qui a Berlino, la città che tantissimi anni fa durante la Rivoluzione Russa, nel lontano 1917, mi diede i natali. Sono felicissimo di essere qui a supportare il suo lavoro con il mio pieno sostegno.
Il titolo originale Indignez-vous! rappresenta per lei un imperativo?
Stéphane Hessel: Sì, era necessario svegliarsi dal torpore, è necessario indignarsi di fronte a tutto quello che sta accadendo intorno a noi. Quello di Tony è un gran film ed insieme un grande poema e un maestoso musical che cerca in tutti i modi di coinvolgere la massa a fare qualcosa per ribellarsi e cambiare l'andamento delle cose. Ognuno di noi, uomini e donne, anche tutti quelli che sono in questa stanza oggi ha sicuramente una buona ragione per non lasciarsi sopraffare dall'inerzia e per dare al mondo una possibilità di migliorare. Nessuno di noi può permettersi di abbassare la testa di fronte a quel che accade in Palestina ad esempio, in Afghanistan o in Africa.
Cos'ha significato per una giovane come lei partecipare come protagonista in un progetto simile?
Mamebetty Honore Diallo: Ho amato la semplicità delle idee di Tony, è stato semplice anche il modo in cui sono stata scelta per il ruolo, devo ammettere che nel momento in cui mi ha illustrato il progetto non lo conoscevo ma poi ho visto i documentari su Mtv e ho capito chi avevo di fronte. Indignados mi ha dato l'opportunità di esprimere la mia personale indignazione di fronte a questa società, di esprimere il mio senso di rifiuto per la condizione attuale delle cose, credo fosse importante che qualcuno facesse un film di questo genere. Il film di Tony era necessario soprattutto per una donna come me, arrivata in Francia esattamente come Betty, senza passaporto ma con tanta speranza.
Mamebetty Honore Diallo: Penso che Betty sia pessimista, basta guardare tutto quel che le accade in ogni paese in cui arriva. La realtà é che milioni di persone vivono come lei, in condizioni estremamente precarie, ed è bello che Tony sia andato in giro per l'Europa a documentare lo squallore di queste vite smarrite. Io personalmente sono un'ottimista e penso che questo movimento possa effettivamente cambiare le cose.
Signor Hessel, è soddisfatto dei risultati del suo libro e soprattutto cosa si aspetta per il futuro?
Stéphane Hessel: Non sono ancora pienamente soddisfatto, quel che è accaduto e sta accadendo è un fatto sicuramente molto positivo ma sarò soddisfatto e appagato solo quando si comincerà a parlare di nuovo di speranza e non ci limiteremo più a dimostrare in piazza la nostra insoddisfazione.