Giorgia Faraoni e la sua origine del mondo: "Il cinema è la mia terapia"

Abbiamo intervistato la protagonista del film d'esordio di Rossella Inglese. E ci dice: "Niente accademie, ho iniziato questo lavoro per ricucire una parte di me".

Una foto di Giorgia Faranoni

Solo mentre il telefono squilla ci rendiamo conto di aver chiamato un'ora prima. "Figurati, è uguale, mi hai trovata sveglia!", ci dice Giorgia Faraoni, dall'altra parte della cornetta. Accento veneto, trent'anni, e un percorso artistico nato per "necessità personale". Niente velleità o voli pindarici, solo testa e cuore. In mezzo un'enorme consapevolezza che il mestiere dell'attrice possa rappresentare qualcosa di (anche) catartico. Intervistiamo Giorgia Faraoni perché protagonista di L'origine del mondo (al cinema il 5,6,7 maggio), opera prima di Rossella Inglese, tratta da un corto, Eva, in cui c'era già la stessa Faraoni. Una sfida mica facile per un film indipendente, tutt'altro che scontato.

Le Origni Del Mondo Scena Del Film
Giorgia Faraoni ne L'origine del mondo

L'attrice interpreta Eva, diciannove anni, conosce Bruno (Fabrizio Rongione), quarantacinquenne, iniziando con lui un percorso capace di portare ad un inaspettato perdono. Un lavoro di corpo e di anima, il suo: "Sono stata fortunata perché con Rossella avevo già lavorato nel cortometraggio. Sapevo cosa lei prediligeva nella recitazione", spiega l'attrice. "Per lei era importante il viaggio interiore del personaggio, lavorando sui sottotesti, sul non detto. Mi sono chiesta perché Eva facesse tante scelte sbagliate, pur seguendo un'etica, per arrivare alla redenzione. Snocciolando questo, e partendo dalla psicologia, ho lavorato sul corpo".

Giorgia Faraoni: la nostra intervista

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Un primo piano dell'attrice

Un film femminile, nonché un debutto. La normalità più lucida nel contesto del cinema indipendente, meno strillato rispetto ai didascalismi del mainstream che insistono sul genere, creando squilibrio. "Le opere prime sono difficili di per sé, poi se la regista non ha un nome forte, o una grande produzione, il titolo si perde. Rosella però ha una grande forza, e lo dico senza essere di parte. Ha una sua visione non scontata, non progetta il classico cinema italiano. Ha una visione forte e personale. Speriamo di farci ascoltare". Sul cinema italiano da lei citato, il pensiero è diretto: "Credo sia troppo risoluto. C'è la paura di andare a fondo, di indagare, di essere per forza triste. Si tende a volte ad essere perbenisti".

Giorgia Faraoni l'abbiamo già vista anche in Mia di Ivano De Matteo, altro regista che non ha paura di porre domande al pubblico. "Mi ritengo fortunata, perché la sorte sembra aver scelto per me: ho preso parte ad opere che ti fanno porre delle domande. È questo il bello. Quando ho letto il copione ho giudicato subito Eva. Mi sono spaventata, come faccio a darle la giusta purezza? C'è voluto tempo per capirla. Quando uno vede il film poi si pone le mie stesse domande. Anche se sbagli vai a fondo. E grazie ad Eva ho capito molto di me. Faccio l'attrice per indagarmi, per analizzarmi. E se poi arriva al pubblico è gratificante".

L'origine del mondo, la recensione: una riflessione su colpa e redenzione

E continua, "Sarei ipocrita se dicessi che non mi piace essere vista o apprezzata. Quando si fanno i primi film è facile perdersi. Non ho frequentato accademie, mi sono ritrovata cinque anni fa in mezzo a tutto questo. Stavo superando un modo per buttare fuori le mie emozioni. È sempre stato un bisogno per me: un modo per sfogare le mie cose e capirmi dentro. Sono arrivati i primi consensi, poi. Spero di farlo per me e non per gli altri, solo così c'è la giusta autenticità".

I legami emotivi impossibili

Non di certo casuale il nome Eva. Del resto, le differenze e gli squilibri tra generi partono proprio dalla Genesi. "Il film ha un significato anche Cristiano, con una donna che si fa portavoce dello scompiglio. Se analizzi l'origine del mondo altro non è che il caos che porta poi all'origine di un nuovo mondo. Questa donna crea caos, ma poi rimette insieme i pezzi, anche grazie al personaggio di Bruno. C'è uno scambio, due anime sofferenti che si trovano", prosegue l'attrice.

Un'interconnessione tra Eva e Bruno che stride rispetto alla realtà: oggi stabilire un legame emotivo è quasi impossibile. "Anche i social ci hanno predisposti, senza essere retorica, a vivere rinchiusi emotivamente", confida Giorgia Faraoni. "Per dire, mi sono fatta mangiare dal senso di colpa, anche colpe che non mi appartenevano. Ci inculcano una produttività assurda. Poi perdi pezzi per strada, ti dai la colpa per non esserci stata nel momento giusto, devi stare vicino alla famiglia ma intanto inseguire i sogni. Questo film è arrivato in un periodo importante, avevo appena subito una perdita. La sofferenza è stata un comune denominatore, sono cresciuta con il personaggio, mi ha spinta ad essere più indulgente con me stessa". Del resto, l'epoca in cui viviamo non ammette fragilità: "È complicato avere rapporti sociali. Quando recito mi posso permettere di essere fragile. La fragilità è un lusso. La società ti impone velocità e forza. Per assurdo sono più vera sul set, tiro fuori la mia parte interiore. Viviamo in un mondo di maschere".

Dalle campagne venete alla Capitale

Un viaggio professionale, quello di Giorgia Faraoni, iniziato relativamente tardi, e senza un desiderio principalmente artistico: piuttosto, l'esplorazione di sé partendo da un periodo di cambiamenti. Prima lezioni di canto, poi modella, e ancora attrice. Nel 2019 si trasferisce a Roma, dal Veneto. Un trasferimento, almeno all'inizio, tutt'altro che facile. "Sono sincera: inizialmente Roma l'ho odiata. Non conoscevo nessuno. Sono arrivata dal nulla per una serie che non si è più fatta. Venivo dalle campagne venete, facevo la cameriera, arrivavo da una relazione lunga e pesante. È stata una ricerca verso me stessa, buttando fuori certe emozioni. Non ero piccola, avevo 23 anni. Rispetto ad altri miei colleghi mi sono sentita in ritardo. Certo, Roma è calorosa, ma va a nuclei. Se non sei parte di questo è difficile entrare".

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Giorgia Faraoni e Fabrizio Rongione in scena

In qualche modo, ad aiutare l'attrice, un destino comune: "Nel 2020, poi, c'è stato il Covid, mi sono chiusa in casa ancora prima del lockdown. È stata un po' la mia salvezza: eravamo tutti uguali, le mie regole mentali si sono annullate e ho riscoperto la mia parte innocente. Ho stravolto la mia vita. Dopo sono andata un anno a Milano, e sono ritornata a Roma. A Milano ti fanno credere che tutto è possibile, a Roma sono più disillusi. Credo molto nelle energie: se sono curiosa e predisposta poi l'universo ti premia. Ora mi sto vivendo la Capitale con il mio gruppo di amici, non frequento troppo il mondo del cinema, non mi piace. Ho iniziato però a studiare per formare il carattere: è un lavoro che ti mette davanti tanti no. Non serve studiare recitazione, credo. Serve studiare invece il proprio carattere, la disciplina, con il giusto compromesso. Serve per trovare un equilibrio. E ora come sto a Roma? Beh... da Dio!".