Recensione Battleship (2012)

Fantascienza apocalittica, distruzione e catastrofi in grande stile con un po' di retorica, ma anche un'ispirazione quantomai insolita: parliamo del più classico dei giochi di carta e matita, la sempreverde battaglia navale.

Giochiamo al blockbuster

Alex e Stone sono due fratelli che non potrebbero essere più diversi. Il primo, inaffidabile e sfaccendato, accanito frequentatore dei bar e sempre alla ricerca di una rissa e/o di una ragazza; il secondo, il maggiore, con la testa sulle spalle e lanciato verso una brillante carriera nella marina statunitense. Quando Stone prende in mano la situazione, obbligando di fatto il fratello ad arruolarsi con lui, le cose non sembrano cambiare più di tanto: la sola differenza è che i guai, ora, Alex va a cercarseli direttamente tra i militari, nonostante il suo comandante sia anche il padre della sua nuova fiamma Samantha. Ci vorrà un evento eccezionale per far emergere l'uomo (o meglio: l'eroe) dietro all'immaturo e inaffidabile ragazzino: nientemeno che un'invasione aliena. Un attacco in pieno stile, di quelli che provocano morte e distruzione in quantità industriali, ma che predilige il mare come suo centro di irradiazione: i militari sembrano impotenti, ma gli invasori non sanno di aver risvegliato in Alex doti che neanche lui pensava di avere.


Ancora fantascienza apocalittica, ancora distruzione e catastrofi in grande stile provenienti dallo spazio, con echi degli inevitabili Roland Emmerich e Michael Bay e la puntuale dose di retorica militaresca e patriottica. Tutto come da copione del consueto blockbuster fanta-catastrofico, quindi, se non fosse che l'ispirazione di Battleship è quantomai insolita: parliamo del più classico dei giochi di carta e matita, quello che tutti almeno una volta abbiamo giocato sotto i banchi di scuola, la sempreverde battaglia navale. Chi scrive non ha memoria, al cinema, di operazioni in qualche modo simili: solo il fantasy Dungeons & Dragons, in passato, aveva provato a portare un gioco da tavolo sul grande schermo, ma il carattere della trasposizione era ovviamente diverso e molto più settoriale nel suo target. Fatto sta che il film di Peter Berg (uno che di scontri navali se ne intende: suo padre era ufficiale della marina, lui è da sempre un appassionato di navi belliche) costruisce intorno all'idea del gioco una storia di eroismo e forti legami familiari, riagganciandosi al "concept" originale in una singola sequenza, riuscita e divertente, che ovviamente evitiamo di svelare. Più in generale, c'è nel film di Berg una certa tendenza all'autoironia, un clima di smitizzazione di certi temi che in alcune sequenze va in primo piano, cercando di controbilanciare l'inevitabile retorica della narrazione.

E' un peccato però che i motivi di interesse di Battleship, di fatto, finiscano qui. La costruzione narrativa è talmente semplice e basilare da sconfinare spesso nella banalità, le spruzzate di ironia (che in scene come quella iniziale sconfinano nell'umorismo demenziale) non riescono a far digerire meglio uno script colmo di ridondanze e luoghi comuni. Berg dimostra di conoscere bene la "materia", ma al suo film manca una vera sceneggiatura: la sua narrazione arranca, e a volte annoia, tra alieni ferocissimi ma a loro modo "umani" (non sparano se vedono un cuore che batte), militari burberi ma dal cuore d'oro, reduci senza gambe che ritrovano la voglia di lottare e tecnici di telecomunicazioni nerd chiamati a dare una mano a salvare il mondo. C'è persino un gruppo di reduci alla guida di una gloriosa corazzata, chiamata a rimettersi in sesto per dare il suo fondamentale contributo alla battaglia: peccato che questi simpatici signori in pensione non riusciamo proprio a prenderli sul serio quando il film ci chiede di farlo. Mentre la regia si affida all'impatto delle roboanti battaglie, spesso commentate da canzoni hard rock (gli AC/DC, comunque, non dispiace mai risentirli) gli attori non fanno molto per migliorare la situazione: l'esordio di Rihanna non è certo di quelli che resteranno nella storia del cinema, mentre Taylor Kitsch e Alexander Skarsgard non brillano per sfaccettature o finezze di recitazione. Anche Liam Neeson appare piuttosto sacrificato (per non dire sprecato) in un ruolo in fondo marginale.

Troppi, decisamente troppi i 131 minuti del film: ed è esattamente questo il tempo che la pellicola di Berg ci chiede di dedicarle, visto l'ormai immancabile post-finale piazzato dopo i titoli di coda. Anche nel cinema la sintesi è un dono, e tra i suoi difetti questo Battleship può annoverare anche la sua mancanza; una dilatazione eccessiva di una vicenda già vista, che offre poco al di là di qualche trovata azzeccata, e di una componente ironica che lo script non ha avuto il coraggio di portare fino in fondo.

Movieplayer.it

2.0/5