Gena Rowlands, lo sguardo nell’abisso: perché è stata una delle più grandi di sempre

Da Una moglie a La sera della prima, Gena Rowlands ha innervato la recitazione di un tasso di intensità e di realismo senza precedenti: il nostro ricordo della straordinaria attrice americana.

Un'immagine di Gena Rowlands

"È un personaggio che non capisco. Se almeno avessi un qualcosa da esprimere, vedi, io... mi ci aggrapperei. Avrei una ragione per stare qui. Ecco, ecco io non ho più... è come se non afferrassi più la... la realtà della... della realtà". In piedi sul palco, durante le prove del suo nuovo spettacolo, Myrtle Gordon scuote lentamente la testa, le labbra contratte in quello che potrebbe essere un sorriso beffardo o una smorfia carica di amarezza. La sua voce incespica nel tentativo di trovare le parole adatte a esprimere il proprio smarrimento; un accenno di risata le muore in gola al termine della frase, mentre un'ombra le si allunga sullo sguardo quando giunge il momento di dichiarare la resa: "Ormai sogno e rido addirittura. Non sono più io". In appena sessanta secondi, in una scena del film La sera della prima, Gena Rowlands mette in luce cosa l'abbia resa una delle massime artiste del cinema del ventesimo secolo: sapersi tenere miracolosamente in bilico tra la forza e la disperazione; farci sentire la consapevolezza dell'abisso sotto i suoi personaggi, eppure, nonostante tutto, lasciarli aggrappati all'orlo del burrone.

A Woman Under The Influence
Una moglie: un'immagine di Gena Rowlands

Perché in effetti, forse nessun altro interprete ci ha fatto sperimentare la profondità dell'abisso con la stessa, straziante intensità di Gena Rowlands, scomparsa il 14 agosto a Indian Wells, in California, a novantaquattro anni. Nel suo caso, basterebbero appena un paio di ruoli - Mabel Longhetti in Una moglie e Myrtle Gordon ne La sera della prima - a giustificarne la fama quale una fra le più talentuose attrici drammatiche di sempre: ruoli in cui la Rowlands, diretta dal marito e collaboratore John Cassavetes, ha dato corpo e voce alle striscianti inquietudini del quotidiano, ma pure a quell'oscurità senza nome capace di inghiottire un po' alla volta le sue memorabili protagoniste. Ma il suo contributo alla settima arte, a partire dal debutto al fianco del divo portoricano José Ferrer nella commedia L'alto prezzo dell'amore (1958), si estende lungo sei decenni di attività, fino all'annuncio del ritiro dalle scene nel 2015; lo stesso anno in cui viene insignita dall'Academy del premio Oscar alla carriera in tributo a "un talento originale la cui devozione al proprio mestiere le è valsa il riconoscimento internazionale quale icona del cinema indipendente".

La nuova Hollywood di Gena Rowlands e John Cassavetes

Gena Rowlands Cassavetes
Una foto di Gena Rowlands e John Cassavetes

Del resto, il cinema indipendente americano per come lo conosciamo oggi ha un immenso debito verso John Cassavetes e Gena Rowlands, al secolo Virginia Cathryn Rowlands. Lui, alfiere di uno stile di recitazione alternativo al modello dell'Actors Studio, attore a propria volta per il piccolo e il grande schermo, ma innanzitutto artefice di alcuni tra i film più innovativi della propria epoca, come avrebbe dimostrato fin dal 1959 con la sua opera prima, Ombre; lei, nata in un villaggio del Wisconsin il 19 giugno 1939, che dopo aver mosso i primi passi a Broadway si era guadagnata una discreta notorietà come attrice televisiva in serie come 87ª squadra, Alfred Hitchcock presenta e soprattutto la popolarissima telenovela I peccatori di Peyton Place. Sono gli anni Sessanta, qualcosa sta cambiando nella società degli Stati Uniti e, di riflesso, pure nel cinema, con l'avvento della New Hollywood e la progressiva apertura a nuove realtà produttive: è in questo contesto che, fra innumerevoli difficoltà, la coppia Cassavetes/Rowlands mette a segno uno di quei film che scandiranno un 'prima' e un 'dopo'.

Minnie And Moskowitz
Un primo piano di Gena Rowlands in Minnie e Moskowitz

Il film in questione, Volti, girato a bassissimo costo, approda alla Mostra di Venezia 1968, dove John Marley si aggiudica il premio come miglior attore, e riceve tre nomination agli Oscar: un caso allora più unico che raro, per una pellicola che adotta i canoni del cinéma vérité - nello stile, nei dialoghi, nella recitazione - con un approccio radicale per l'America di quel periodo. Gli anni Settanta, inaugurati dalla bizzarra commedia sentimentale Minnie e Moskowitz (1971), saranno il decennio più proficuo per il sodalizio fra John Cassavetes e Gena Rowlands: ben lontana dagli stereotipi delle eroine romantiche della Hollywood del passato, Gena conferisce alla sua Minnie Moore, quarantenne disillusa ingabbiata in relazioni fallimentari, la concretezza, la vulnerabilità e quella punta di cinismo di una donna 'ordinaria', oscillando con estrema disinvoltura fra grinta, rassegnazione e una salutare ironia. Ma è l'immersione nel puro dramma che sancirà i picchi assoluti nella filmografia di Cassavetes e della Rowlands.

Una moglie e La sera della prima: donne sull'orlo di una crisi di nervi

Una Moglie
Un'immagine di Gena Rowlands in Una moglie

Una moglie, titolo italiano di A Woman Under the Influence, approda nel circuito arthouse e nei campus universitari nell'autunno del 1974, iniziando un percorso che lo porterà a essere annoverato fra le opere seminali della New Hollywood: la sua vivisezione di una famiglia in procinto di implodere è quanto di più impressionante, in termini di realismo, a cui il pubblico americano si sia mai trovato di fronte fino a quel momento. E nei panni di Mabel Longhetti, casalinga succube dell'alcol e degli psicofarmaci, sposata con l'operaio edile Nick (Peter Falk), Gena Rowlands si produce in un'interpretazione senza precedenti, destinata ad entrare negli annali: uno dei ritratti più viscerali e struggenti della depressione, di un male di vivere che si trasforma in ossessione (auto)distruttiva. In precedenza, nessun altro interprete aveva saputo destreggiarsi con altrettanta forza, nello spazio della stessa scena, fra tensioni sotterranee ma palpabili ed eruzioni di furia paranoica, tra una sofferenza indicibile e stilettate di affilato sarcasmo.

Opening Night
La sera della prima: un'immagine di Gena Rowlands

Osservare Gena Rowlands in Una moglie equivale a farsi coinvolgere in una delle più scioccanti rappresentazioni di malattia mentale che siano mai state catturate su pellicola: senza ricorso a manierismi, ma con un senso di immedesimazione e di naturalismo che le sarebbe valso il titolo di prima attrice autenticamente 'moderna' d'America. E lei, che aveva coltivato l'amore per la recitazione guardando e riguardando i film dell'adorata Bette Davis (con la quale si cimenterà nel 1979 nel TV movie L'abisso - Storia di una madre e di una figlia), nel frattempo si confronta anche con l'icona della Margo Channing di Eva contro Eva: l'occasione gliela offre ancora una volta Cassavetes nel 1977 con La sera della prima, in cui la sua Myrtle Gordon, attrice teatrale in crisi d'ispirazione e tormentata dal rimorso per la morte di una fan, si sforza di tenere testa ai fantasmi - letterali e metaforici - che rischiano di minarne il precario equilibrio. Realtà e finzione, sincerità e artificio sono i poli opposti entro cui oscilla la performance della Rowlands, fra piccoli gesti nervosi e quegli occhiali neri indossati come una maschera protettiva.

Gloria: lo storico Leone d'Oro di John Cassavetes e Gena Rowlands

Da Gloria a Un'altra donna, i volti di un'attrice insostituibile

Gena Rowlands
Gena Rowlands con il Golden Globe per Una moglie insieme al marito John Cassavetes

Il successo trasversale di Gloria, anomalo gangster movie vincitore del Leone d'Oro alla Mostra di Venezia 1980, è il suggello di un periodo floridissimo per John Cassavetes e Gena Rowlands, consacrata da vari riconoscimenti: il Golden Globe per Una moglie, il premio come miglior attrice al Festival di Berlino per La sera della prima e due nomination all'Oscar per Una moglie e Gloria, con due figure per certi versi agli antipodi. Con Mabel Longhetti, così come per Myrtle Gordon ne La sera della prima e in seguito Sarah Lawson in Love Streams, di cui è co-protagonista nel 1984 accanto a Cassavetes, la Rowlands esplora le fragilità insondabili dei propri personaggi; Gloria Swenson, al contrario, è un'eroina noir d'altri tempi (fin dal nome, omaggio alla diva Gloria Swanson), con pistola in pugno e impermeabile alla Bogart, la cui ruggente determinazione si coniuga a un inaspettato istinto materno nel voler proteggere a tutti i costi il piccolo orfano Phil Dawn. Love Streams chiude invece la collaborazione fra Rowlands e Cassavetes, che si spegnerà nel 1989 a causa di una cirrosi epatica.

Gloria
Gena Rowlands in una scena del film Gloria

Se i lavori con Cassavetes rimangono le punte di diamante nella carriera di Gena Rowlands, che intanto colleziona ruoli e trofei anche per il piccolo schermo (un esempio su tutti, la tormentata First Lady Betty Ford nel film del 1987 All'ombra della Casa Bianca), nel 1988 è però Woody Allen a costruire attorno a lei uno dei suoi drammi più sottovalutati e toccanti. In Un'altra donna, la Rowlands mette da parte le nevrosi dei suoi personaggi più noti per calarsi in un ruolo dal taglio bergmaniano: Marion Post, docente di filosofia il cui atteggiamento rigoroso si incrina da quando la donna decide di rimettere in discussione le proprie scelte. Nessuna esplosione, in questo caso: quella di Marion è una crisi silenziosa, una consapevolezza che affiora a poco a poco, colorandosi delle tinte autunnali del rimpianto. E attraverso di lei, Gena Rowlands disegna uno dei ritratti più affascinanti e complessi del cinema di Woody Allen: l'ennesima conferma della grandezza di un'attrice che ci ha insegnato a guardare al cinema come a uno specchio della nostra realtà, con tutte le sue terribili, meravigliose contraddizioni.