Un film visionario, una storia di straordinaria potenza, fluttuante tra il reale spietato delle banlieue parigine e la tensione all'onirico. È quello che riescono a fare nel loro esordio alla regia Fanny Liatard e Jérémy Trouilh: un'opera 'cosmica' potremmo definirla (come leggerete nella recensione di Gagarine - Proteggi ciò che ami), che sviluppa quanto già contenuto in un cortometraggio realizzato dalla coppia di registi sul progetto residenziale Cité Gagarine, un enorme complesso in mattoni rossi costruito a Ivry-sur-Seine nei primi anni '60 sull'onda dello slancio dell'architettura comunista e che nel 2019 fu completamente demolito, seguendo il destino di molte altre costruzioni dell'epoca. Il film è in sala dal 19 maggio, non vederlo sarebbe un peccato.
Una storia di resistenza e identità perdute
Sin dalla scena d'apertura il film chiarisce la sua natura ibrida: a scaraventare lo spettatore nel mondo immaginifico del protagonista di Gagarine - Proteggi ciò che ami, è un filmato di repertorio che mostra Juri Gagarin, il primo uomo approdato nello spazio, mentre partecipa all'inaugurazione del complesso abitativo che porta il suo nome, alla periferia di Parigi. Sono gli anni in cui l'urbanizzazione cede alle utopie socialiste e l'architettura ripensa anche gli spazi più remoti in chiave moderna. Una scena surreale che per Fanny Liatard e Jérémy Trouilh rappresenta il punto di partenza di un'opera che è insieme viaggio epico, riflessione sul senso di appartenenza e documentario urbano. Non è l'unico materiale d'archivio presente, ne seguirà altro e non è un caso: per anni a partire dal 2014 quando fu deciso di demolire i 370 appartamenti del quartiere, le telecamere dei due registi hanno seguito i suoi inquilini, catturato frammenti di vita stretti in quell'ammasso di cemento, raccolto testimonianze e immortalato i ricordi che gli abitanti di Gagarine si lasciavano alle spalle una volta ricollocati in altre unità abitative.
Perché demolire un luogo significa anche seppellire, insieme al suo scheletro, l'identità e le storie delle famiglie che attraverso generazioni vi sono cresciute. A tutto questo Youri, che a Cité Gagarine ha vissuto tutta la vita, non si rassegna. Si chiama come il primo cosmonauta il sedicenne protagonista del film con la passione per le stelle e il sogno di diventare un astronauta. Alla notizia della demolizione Youri, in compagnia degli amici Diana e Houssam, inizia una caparbia resistenza per salvare Gagarine filo dopo filo, un tubo dopo l'altro e stanza dopo stanza mentre tutto attorno le luci si spengono, gli appartamenti si svuotano e la gente se ne va altrove a bordo di auto cariche d'ogni cosa.
Il realismo magico
L'ultimo custode di Gagarine (interpretato con una grazia unica da Alseni Bathily) è un personaggio a tratti mitologico, un ragazzone con "un piede ancora nell'infanzia" che metterà tutta la sua creatività e l'amore per lo spazio al servizio di quella battaglia, trasformando l'enorme complesso residenziale in una astronave. Mentre gli operai sigillano le finestre con pannelli di legno, distruggono stanze a picconate, puntellano il cantiere di gru e lo recintano impedendone l'ingresso, Youri scivola via negli appartamenti ormai deserti e tra gli oggetti lasciati dai vecchi inquilini recupera quelli necessari a costruire una capsula, che diventerà il suo rifugio. Tra la macerie prende vita così un mondo parallelo realizzato con materiali di risulta e attraverso il quale Youri cerca di mantenere vivo quel vecchio mausoleo brulicante di gente, un totem di cemento e luci che avrebbe dovuto rappresentare il progresso e la speranza per il futuro. Nel microcosmo in cui ha deciso di barricarsi si fa spazio una nuova fauna, il mondo vegetale rinasce rigoglioso mentre Youri può continuare a guardare le stelle e a sognare un universo alternativo. Gli autori firmano così un racconto in continua evoluzione tra lo spazio terreno e quello magico, tra le visioni fantasmagoriche del protagonista e quelle realistiche della demolizione.
Il viaggio di Youri è un'odissea segnata simbolicamente anche a livello sonoro: dal mondo rumoroso e vitale che il ragazzo spia quotidianamente attraverso il suo telescopio, al silenzio più assoluto del vuoto. L'immagine di Youri avvolto nella sua tuta spaziale, galleggiante nello spazio e ricoperto da un groviglio di tubi, diventa la rappresentazione dell'ostinato attaccamento alle radici e ai luoghi che ci definiscono. Il mondo fuori delle rovine e dei detriti si fonde a quello ovattato e visionario dell'ultimo dei sognatori, in un perfetta sintesi di realismo magico.
Conclusioni
La recensione di Gagarine – Proteggi ciò che ami non può non concludersi con la convinzione di trovarci davanti a uno degli esordi più potenti degli ultimi anni. La coppia di regista riesce a mettere in piedi un’opera che fluttua, come il suo protagonista del resto, tra diversi mondi: dalla fantascienza al realismo, dalla denuncia sociale alla magia. Una storia di resistenza, una riflessione sul senso di appartenenza e di identità; al centro la forza di un sognatore, metaforicamente “l’ultimo uomo sulla terra”.
Perché ci piace
- Un film di rara grazia e poesia, capace di combinare il realismo spietato dell’emergenza abitativa con le visioni oniriche del protagonista: la perfetta espressione del realismo magico.
- Il personaggio quasi mitologico e umanissimo interpretato da Alséni Bathil.
- Un racconto di formazione e insieme un viaggio epico tra terra e cielo.
- L’incursione di originali soluzioni stilistiche.
Cosa non va
- Lo spettatore meno abituato a una narrazione così sovversiva, potrebbe rimanere deluso.