È davvero strano quando un film che è stato un piccolo grande cult diventa, come spesso accade di questi tempi, un adattamento seriale che vuole ripetere e riprendere quel piccolo grande fenomeno che la pellicola ha rappresentato. È soprattutto strano ritrovarci a scrivere la recensione di Full Monty - La serie, dal 5 luglio su Disney+, perché siamo combattuti da vari sentimenti contrastanti: si tratta di un sequel davvero sui generis, che riprende in toto il cast del film originale e i suoi personaggi per mostrare come siano cambiati in ben venticinque anni ma allo stesso tempo non si concentra su una nuova generazione di "squattrinati organizzati" e nemmeno vuole riprendere quasi pedissequamente la storia originale, ma piuttosto sceglie di raccontarne il seguito: il cambiamento, la maturità, la vecchiaia. Più o meno sempre con lo stesso spirito e arguzia.
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Full Monty, il film del 1997 vincitore del BAFTA e disponibile anch'esso su Disney+, raccontava di un gruppo di operai ed ex dipendenti delle acciaierie oramai fallite a Sheffield, nello South Yorkshire, che per sbarcare il lunario si inventavano una soluzione estrema: uno spettacolo di spogliarello maschile con nudo integrale per racimolare il denaro per fidanzate ed ex mogli, ispirandosi a quei Chippendales che sono diventati anch'essi una serie su Disney+. Full Monty - La Serie si prefigge di raccontare come se la passa la cittadina dell'entroterra inglese dopo venticinque anni. Simon Beaufoy, lo sceneggiatore del film originale, ritorna insieme alla co-sceneggiatrice Alice Nutter (Accused), mentre Uberto Pasolini (Nowhere Special) torna come produttore esecutivo. Anche davanti alla macchina da presa tornano davvero tutti: Robert Carlyle (Trainspotting, C'era una volta) è di nuovo Gaz, ancora spiantato e che vive alla giornata, mentre si barcamena tra il figlio oramai cresciuto Nathan (ancora William Snape, The Beaker Girls, Gentleman Jack) e padre a sua volta di un figlio disabile che necessiterebbe di una nuova carrozzina, e una seconda figlia adolescente avuta da un'altra donna che sembra ripercorrere pericolosamente le orme del padre, Destiny (la debuttante Talitha Wing, vista in Wolfe e Alex Rider).
Mark Addy (II Trono di Spade, Il destino di un cavaliere) torna come Dave, il migliore amico di Gaz con cui non parla da anni che vive la sua esistenza quotidiana di bidello alla scuola locale, dove la moglie Jean (sempre Lesley Sharp, anche in Before We Die e Scott and Bailey) è diventata preside. Hugo Speer (Britannia, Tenebre e ossa) è di nuovo Guy, che ora è un assicuratore, anche se è presente in poche scene e per lo più respingenti dopo essere stato allontanato dal set per presunti atti osceni. Paul Barber (The Dumping Ground, Gloves Off) è ancora Barrington Mitchell detto Cavallo, il più anziano della gang che scopriremo vivere come accumulatore in casa da solo. Steve Huison (The Royle Family, Paul, Mick e gli altri) è nuovamente Lomper, il più timido e tranquillo del gruppo che si era scoperto gay alla fine del film insieme a Guy e ora ha un'attività, un bar-tavola calda dove i protagonisti bazzicano spesso, insieme al marito Dennis (Paul Clayton, The Crown, The Split). Infine Tom Wilkinson (Batman Begins, Michael Clayton) interpreta ancora Gerald, il mentore dei Full Monty che continua la propria vita quotidiana tra una puntatina al bar e una passeggiata con gli amici.
Satira sociale
Quella che presenta Full Monty - La serie, un po' sulla scia di Shameless ma meno incisiva e dirompente, è una satira sociale non solo sulla comicità oggi - non si può più scherzare su nulla, per via del politicamente corretto, in un tipico british humour che costella tutti gli otto episodi, tra imprecazioni e svalvolate, a partire dal disclaimer iniziale che ci ricorda che sono passati 25 anni e quindi nove primi ministri inglesi. Ma anche sulla società stessa e sulla rivoluzione post-industriale che non ha portato nulla di buono se non il caos e l'incertezza, tanto per le vecchie quanto soprattutto per le nuove generazioni: tutti ancora precari e in balia di ciò che arriverà quel giorno, come la stessa Destiny che sogna di fare musica ma ha una vita familiare a dir poco complicata, il figlio disabile di Nate e tutti i costi che ciò comporta per la famiglia, il matrimonio spento di Dave e Jean per qualcosa successo molti anni prima, quello apparentemente tranquillo di Lomper e Dennis così come la vita di Gerald. Infine Cavallo va a rappresentare la malnutrizione degli anziani nella società odierna, troppo spesso abbandonati a se stessi o che si vergognano di chiedere aiuto con la pensione di invalidità.
Tutte le difficoltà della società odierna e delle conseguenze di una politica al ribasso sono messe in scena, tra una risata amara e una lacrima sorridente in questa dramedy dal cuore british, che non riesce ad eguagliare l'impatto che aveva avuto a livello mondiale il film del 1997. Si tratta di un racconto più maturo che guarda alla mezza e terza età e che solo di straforo pone la lente sulle nuove generazioni, ma soprattutto è un'operazione particolare poiché non ripropone l'idea di uno spogliarello organizzato dai protagonisti più giovani ma racconta piuttosto la vita degli adulti ora anziani.
Il film originale utilizzava lo spogliarello, il ballo e la musica per parlare di altro ed anche nel serial torna la musica, con una colonna sonora meno iconica ma che attraverso il personaggio di Destiny diviene la lingua con cui farsi ascoltare dagli adulti, che siano i propri genitori, gli insegnanti oppure i direttori di una prestigiosa scuola. Il rapporto genitori-figli è sicuramente al centro della narrazione proprio per via del passaggio di testimone generazionale; si parla anche di bullismo e altre tematiche attuali e delicate tra un episodio e l'altro, in cui ci sono altre new entry tra volti giovani e adulti, ma il focus rimane sulla vecchia guardia e su come sono cambiati e hanno saputo (o meno) adattarsi mentre cambiava un intero Paese e una società intorno a loro. Una sorta di rivincita della classe operaia.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Full Monty - La Serie ancora interdetti per come si tratti di un esperimento di sequel davvero particolare, che continua e approfondisce le tematiche del vecchio film. Ma lo fa attraverso una storia diversa, di eroi quotidiani della classe operaia, di piccole grandi sconfitto in un paesino dell’entroterra britannico, piuttosto che ripercorrere le gesta del gruppo originario attraverso quelle di una nuova generazione, in fondo poco rappresentata nello show. È una sorta di reunion scolastica molti anni dopo per provare a capire dove sono finite le loro vite e se possono ancora aiutarsi l’uno con l’altro.
Perché ci piace
- Il ritorno di praticamente tutto il cast principale originario, William incluso.
- La musica, anche se meno incisiva del film.
- L’aver scelto di continuare la satira sociale ma senza spogliarello o altri stratagemmi visti nel film…
Cosa non va
- … che potrebbe far storcere il naso a qualcuno.
- Il british humour pungente e amaro non è per tutti.