E' stata una breve ma stimolante conferenza stampa, quella in cui Francesco Patierno ha presentato alla Mostra del Cinema di Venezia il suo Cose dell'altro mondo: una commedia che affronta il difficile tema dell'immigrazione nel nostro paese, e che ha già suscitato le polemiche "preventive" di alcuni esponenti politici, in particolare della Lega. Insieme al regista, erano presenti all'incontro con i giornalisti i due sceneggiatori Giovanna Koch e Diego De Silva, e i protagonisti Diego Abatantuono, Valerio Mastandrea e Valentina Lodovini.
Il film è stato già contestato dalla Lega Nord, che ha addirittura presentato una interrogazione parlamentare; eppure, proprio qui in Veneto, è stato ben accolto. Cosa direste a questo punto ai leghisti?
Francesco Patierno: Tutti noi, fin da subito, abbiamo cercato di non alimentare polemiche, visto che volevamo promuovere il film solo sui contenuti. Quello che conta è solo che siamo riusciti a fare il film, e l'accoglienza che ha ricevuto qui è indicativa; è un film non ideologico, ma che cerca solo di portare una riflessione allo spettatore, di porre domande che non sono in sé politiche. Comunque va detto che i leghisti non rappresentano il Veneto.
Diego Abatantuono: Spesso si dà molta importanza a ciò che si dice sui film prima di vederli, la polemica è nata "sulla fiducia", ma credo che la cosa si sgonfierà vedendo il film. Il trailer può ingannare, forse il problema è stato quello. La polemica comunque non ha guastato, dal punto di vista commerciale è sempre interessante che si parli di un film. E comunque, in percentuale, sono stati pochi quelli che lo hanno aggredito.
##Il fatto che si sia accesa questa polemica però è indicativo di un humus culturale. Si giudica solo da un trailer, e questa pessima abitudine c'è sempre più spesso in Italia. Ci sono argomenti tabù a cui bisogna bisogna fare attenzione, si rischia sempre di urtare delle suscettibilità.## Diego De Silva: Scrivendo, in effetti, volevamo far vedere anche queste contraddizioni, tipiche del nostro paese e che ritengo veramente umilianti.Il film è una perfetta esemplificazione dell'atteggiamento italiano verso gli immigrati: molti pensano che si debba rimandarli nel proprio paese, con l'eccezione però della propria colf, badante, e simili. Il film non è ideologico ma è forse un po' a tesi, è un film politically correct, ma non vi sembra che sia anche un po' manicheo?
Francesco Patierno: A me pare un film tutt'altro che manicheo. La suggestione che pone è il rapporto che abbiamo col diverso, non tanto con l'immigrato. La fine del film è una "non fine", e serve proprio a stimolare questa suggestione: l'immigrato ci manca perché ci serve o perché ne sentiamo la mancanza emotivamente? Non è un film politico ma un film che parla di sentimenti, delle vicende affettive di tre persone.
C'è stato un fronte polemico col figlio di Giorgio Panto, che addirittura ha minacciato azioni legali per una presunta somiglianza del protagonista con suo padre. C'è stata davvero una qualche ispirazione, da parte vostra?
Francesco Patierno: Ma come si fa a dire una cosa del genere? La fonte di ispirazione per il personaggio è un assessore veneto che faceva discorsi agghiaccianti ma anche divertenti. Panto non c'entra assolutamente niente: sono colpito dalla creatività che hanno certe persone nel fare certi accostamenti.
##Il film è una storia di sentimenti, si parla del rapporto tra italiani e migranti ma anche delle vicende affettive di tre persone. Ci parlate dei vostri personaggi?## Valentina Lodovini: Laura l'ho amata molto, apparentemente è l'unica idealista rimasta in questo paesino del nord; ma quando accade ciò che accade, in fondo, non ci rimane poi così male. C'è in lei una sottile ipocrisia: è a contatto con i bambini, che naturalmente filtrano le ipocrisie dei grandi, e il loro contatto fa capire che i suoi sentimenti non sono poi così veri. Lei parla, esprime a parole grandi ideali, ma poi finisce per chiedersi se vuole davvero passare tutta la vita col suo ragazzo, che è di colore e ha una cultura diversa dalla sua.Valerio Mastandrea: Il mio personaggio è molto simbolico, così come molte altre cose nel film. Io trovo che in realtà un'ideologia ci sia, nel film, ma non nel senso di gabbia politica, quanto di attenzione a certe tematiche. E' un film che parla anche di sentimenti, che si chiede cosa succederebbe se in questo paese si smettesse di parlare solo di produttività. Il mio personaggio rappresenta il tipo di persona più pericoloso della nostra società: una persona di responsabilità, un uomo di stato disilluso nei confronti della vita, che trasforma la sua disillusione in continua opposizione verso chi ha davanti; questo, solo per continuare a galleggiare nel mare di indifferenza che lo circonda. E' bello, comunque, che alla fine questo personaggio possa dire che i figli sono in realtà di chi li cresce, un'idea che più moderna non potrebbe essere.
Diego Abatantuono: I personaggi sono contestualizzati nel film, è difficili raccontarli avulsi dal contesto: se ci si provasse, sembrerebbero persone anomale. Il film è una fiaba, quello che si racconta non può succedere nella realtà: però potrebbe esistere un personaggio simile al mio, e il fatto, anzi, che sia ispirato a un personaggio reale lo rende inquietante. Io ho cercato di raccontarne la mancanza di sentimenti, anche con la propria famiglia, ma resta un personaggio che va visto nel contesto del film. A suo modo è anche divertente.