Qualcuno la ricorda sicuramente nei panni di Eva Kant nel cult Sensualità a corte, ma Francesca Faiella in verità ha un curriculum ampio quanto vario, che spazia dal piccolo schermo al teatro, al cinema, con qualche incursione in produzioni internazionali. Abbiamo fatto due chiacchiere lei, per parlare dell'esperienza sul set di Bloodline, diretto da Edo Tagliavini, ma anche del suo approccio al lavoro e del mondo del cinema nostrano, in generale.
Hai fatto teatro, televisione, cinema... Un curriculum ricchissimo quanto vario, il tuo. Tra tante strade intraprese ce n'è una che ti piacerebbe seguire con più attenzione, o preferisci dedicarti ogni volta a progetti differenti?
Mi piace intraprendere e conoscere più strade possibili sia nella vita che nel lavoro. Con il tempo si capisce meglio cosa ti interessa e quali sono le sfide che ti stimolano di più. Come ogni strada ti porta in posti diversi e a conoscere luoghi nuovi, così ogni lavoro ti apre diverse opportunità e diversi modi di concepire il tuo mestiere. A me appassiona il confronto e la ricerca. Fosse per me continuerei a saltare da un genere all'altro ma vorrei ottimizzare il tempo. Ho appena ottenuto i diritti del testo teatrale di un autore contemporaneo francese e conto di metterlo a breve in scena in Italia, mi piacerebbe poi continuare a lavorare per il cinema con i registi che stimo, ottenendo magari bei ruoli in storie efficaci.
Quando Edo mi ha proposto il ruolo di Sandra sono state due le cose che mi hanno convinto. La prima è che avevo appena finito di girare in Francia una docu-fiction sui trapianti di cuore dove, interpretando una cardiochirurga, ho avuto l'opportunità di assistere ad una vera operazione a cuore aperto. Ho trovato incredibile la coincidenza! La seconda è che una parte consistente del budget del film veniva dal product placement di una grande agenzia di pompe funebri! E infine una certezza che hai quando sei protagonista di un film horror: o sei l'ultimo a morire o sei l'unico che si salva.
Dalle prime brevi sequenze mostrate dal trailer, sembra una pellicola molto dura. Com'è stato lavorare ad un progetto di questo tipo?
E' stato un bel viaggio nell'inconscio. Mi suggestiono con grande facilità e sul set del film in mezzo a tutto quel sangue, quelle frattaglie, zombie e fughe disperate sono arrivata persino ad avere paura per davvero. Fracassare crani per difendersi da un assassino, anche se per finta, fa sempre un certo effetto.
Non è stato tutto rose e fiori, certo. Il bassissimo budget (dichiarati al tempo circa 70000 euro), il pochissimo tempo a disposizione e il freddo polare di quell'inverno hanno messo alla prova qualche nervo in più su un set composto solo per metà da professionisti.
Come ti sei preparata al ruolo di Sandra? Hai aggiunto qualcosa di tuo al personaggio, o al contrario è stato il ruolo a lasciare in qualche modo il segno su di te?
Il senso di colpa che Sandra vive nei confronti della sorella gemella morta bambina al posto suo è stato il nodo su cui ho costruito il personaggio. Sandra è una ragazza di provincia, giornalista di una web tv locale, ambiziosa e determinata ma con un grande trauma alle spalle non ancora superato. In seguito agli eventi viene messa di fronte al suo passato e dopo un primo momento di riluttanza e fuga decide di affrontare il suo incubo peggiore: tornare sulle tracce della sorellina scomparsa. Il personaggio compie durante il film un importante arco psicologico di conoscenza e accettazione. Ho dato a Sandra, quasi involontariamente, un'ironia che spero sia palpabile nella relazione con il suo collega Marco (Marco Benevento).
Bloodline vanta le collaborazioni di Sergio Stivaletti per gli effetti speciali e Claudio Simonetti per le musiche. Due nomi legati al periodo d'oro del nostro cinema di genere. Voi interpreti avete preso spunti da quel modo di fare cinema, o avete seguito percorsi differenti?
Avevo visto i mitici film di Dario Argento da ragazzina nell'unico raro momento in cui ho affrontato senza paura i film dell'orrore, in seguito però non ho più seguito molto il genere. E' stato quindi interessante recuperare il tempo perduto andandomi a guardare qualche film di riferimento e poter chiacchierare con Sergio delle sue esperienze e delle novità tecniche degli effetti speciali.
Penso che nel nostro paese esista l'eccellenza ma che il cinema che ha a disposizione budget superiori non prenda particolari rischi sulle storie da raccontare. I giovani registi hanno molta difficoltà per arrivare a produrre il loro primo film e la difficoltà diventa ancor maggiore quando il film deve raggiungere la distribuzione. Credo che complessivamente l'Italia debba credere di più nella sua cultura contemporanea.
In televisione invece hai partecipato alle produzioni più popolari - da Distretto di Polizia a Un posto al sole, per citare qualche titolo - ma anche ad una serie ormai di culto come Sensualità a corte. Parlando di quest'ultimo, cosa ricordi di questa esperienza? Facevi una Eva Kant un po' fissata col sesso...
Eh già! Ed è stato molto divertente interpretare una ninfomane grottesca. Marcello Cesena è un amico e mentre aspettiamo che parta il suo film su Jean Claude stiamo cercando di far conoscere il baronetto eccentrico e il format di Sensualità a Corte Oltralpe.
Se dovessi fare un bilancio sul tuo lavoro, c'è qualche esperienza che avresti evitato, col famigerato 'senno di poi', o qualche rimpianto artistico... oppure non cambieresti nulla?
Nel mio lavoro non amo i rimpianti nè tantomeno compiere scelte non ragionate. Certo, forse avrei potuto cercare di fare cinema prima, subito dopo il diploma alla Civica Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano per esempio, ma probabilmente non l'avrei affrontato con la stessa maturità. Esistono ed esisteranno sempre esperienze evitabili e sorprese inaspettate, piacevoli e non, ma dal momento che appartengono al passato penso che l'unica cosa sia di farne prezioso fardello per compiere scelte più puntuali nel futuro.