C'è una regola non scritta ma evidente all'interno del linguaggio cinematografico: non c'è romanzo di Jane Austen che non si possa trasporre sul grande schermo. Ed ancora, l'origine di ogni commedia romantica trova le sue radici in un romanzo di questa prolifica scrittrice le cui opere più famose, Orgoglio e Pregiudizio, Ragione e Sentimento ed Emma, sono già state oggetto di adattamenti, citazioni, omaggi e numerose rivisitazioni in chiave moderna. Per quanto la scrittura di Austen sia plasmabile e adattabile in ogni salsa, ricalcare senza rimpolpare una storia rischia di far perdere colpi. La recensione di Fire Island, moderno Orgoglio e Pregiudizio in versione gay, su Star di Disney+, è il film perfetto per analizzare cosa funziona sempre dell'epica Austeniana e cosa invece ha bisogno di uno sforzo in più.
Chi naviga facilmente nell'universo ottocentesco a cui facciamo riferimento, non avrà difficoltà a collocare i riferimenti in questa storia. Protagonisti sono principalmente Noah e Howie, equivalenti alle sorelle Bennett del romanzo poiché amici fraterni sin dai tempi in cui entrambi venivano discriminati o giudicati secondo le dure regole dell'etnia, nel loro caso, quella asiatica. L'amicizia che lega i due non è stata scalfita negli anni dal fatto che le loro strade si son separate, per città. Noah (Joel Kim Booster) vive la gay scene newyorkese mentre Howie (Bowen Yang) è rimasto a San Francisco dove si può ancora rimanere naive e sottrarsi alla trincea del dating incessante. Ogni anno, si riuniscono nel viaggio verso una mecca gay estiva, Fire Island, dove passano, insieme ad un gruppo di amici-famiglia, una settimana a casa di una amica lesbica, Erin (Margaret Cho), un po' mamma adottiva di tutti. Missione della vacanza sarà per Howie lasciarsi andare e trovare qualcuno con cui vivere dei bei momenti e per Noah mettere da parte il suo instancabile balletto di uomo in uomo per dedicarsi all'obiettivo dell'amico.
L'impianto del film, scritto, prodotto e interpretato da Joel Kim Booster, segue le sicurezze narrative del romanzo ed una scansione temporale divisa per i giorni della settimana che lo rende facile da seguire nei suoi 100 minuti. Questa commedia romantica perde di potenza lungo la via per il desiderio di Ahn e Booster di colpire, senza però affondare, anche questioni irrisolte su inclusione, discriminazione per corpo, origini, etnie presente anche nella comunità lgbtq+ e al tempo stesso arrivare ad un pubblico più vasto con spiegazioni e contestualizzazioni che allungano il brodo. Per dirla in poche parole, ci si dovrebbe ricordare che il particolare può diventare universale e non bisogna forzare la mano. Fire Island è un film sull'importanza dell'amicizia e delle famiglie per scelta e non per sangue e questo deve rimanere.
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Jane Austen non basta
È impossibile sfuggire al riferimento austeniano in Fire Island. Noah scomoda la scrittrice fin dai primi fotogrammi, la definisce una regina ma scredita le sue idee sul volersi maritare come "una schiocchezza da etero". È il suo il voice over da narratore, al pari della Austen, a presentare il gruppo di amici con cui sta per iniziare la vacanza. Bisogna dare credito ad Ahn e Joel Kim Booster di aver fatto una buonissima scelta di casting per i personaggi, primo tra tutti il Darcy di questo Orgoglio e Pregiudizio queer, Will, avvocato interpretato da una delle star di Le regole del delitto perfetto, Conrad Ricamora. Quest'ultimo funziona chimicamente molto bene con il Noah di Booster e rende la loro danza attrattivo-repulsiva molto credibile, come vuole la tradizione della favolosa Jane.
Ma Jane da sola non basta a garantire il successo di un film, non a caso, nel nostro immaginario è molto più presente Ragazze a Beverly Hills, riuscitissima versione adolescenziale americana anni '90 di Emma che, per fare un esempio, Matrimoni e Pregiudizi, molto più dimenticabile adattamento bollywoodiano di Orgoglio e pregiudizio con Aishwarya Rai. Fire Island ha il pregio di utilizzare a suo favore le cartucce in suo possesso grazie al mix Austen in salsa queer ma di sporcare il tutto con qualche spiegone di troppo per un potenziale pubblico etero.
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Britney Spears, Gays in space e la Rivincita delle Bionde
La comunità LGBTQ+ ha sempre dichiarato le proprie icone, le ha venerate e omaggiate e Andrew Ahn non si sottrae certo a questa pratica, in questo suo terzo film e sceglie, regina tra le regine, la neo-liberata Britney Spears. Grazie a lei ci godiamo uno dei momenti migliori del film che quando si crogiola, senza voler venire incontro a tutti i target, nel suo mondo queer centra sempre il bersaglio. Complice un karaoke ed ecco che ci godiamo un numero da musical sulle note di Sometimes, brano del 1999 che ritraeva una virginale Spears mentre chiedeva al suo amore di aspettare con "baby all I need is time". Con la stessa forza e ilarità arrivano anche i riferimenti ad uno sketch del SNL sui Gay nello Spazio - Gays in Space e un paragone con La rivincita delle bionde interpretato da un'altra amatissima attrice, Reese Witherspoon.
Razzismo, discriminazione, tossicità nel mondo LGBTQ+
Quando si pensa alla comunità LGBTQ+ in senso ampio, spesso si fa l'errore di immaginarla in armonia, superiore, grazie alle battaglie che ha dovuto combattere ed ancora combatte, a tutte quelle brutture con cui, oltre il cerchio arcobaleno, bisogna avere a che fare in termini di razzismo, discriminazione, bullismo. Ed invece, film come Fire Island, ci ricordano giustamente che, paese che vai, pregiudizio che trovi e che di strada l'essere umano deve ancora farne tanta. C'è la comunità asiatica, qui rappresentata da una folta parte di attori e dallo stesso regista Ahn, fortemente soggetta a generalizzazioni e categorizzazioni.
Allo stesso modo, anche lo sguardo sul corpo è spesso impietoso, in certe cerchie, tossico addirittura, quando esalta il bello secondo certi standard e penalizza ogni altra variabile. Peccato che di queste digressioni su tematiche più "alte" Ahn ne faccia poche, preoccupandosi di più di arrivare a tutti, non capendo che invece la potenza della commedia sta proprio nel riuscire a dare voce anche al disagio ma attraverso il filtro della leggerezza.
Conclusioni
Concludiamo la recensione di Fire Island, confermando che i romanzi di Jane Austen si adattano sempre perfettamente ad ogni rivisitazione, anche quella gay moderna come nel nostro caso. Il regista Andrew Ahn sfrutta bene l’impianto di Orgoglio e Pregiudizio e riproduce la chimica Elizabeth Bennett-Mr Darcy con il protagonista, sceneggiatore produttore Joel Kim Booster e la star di Le regole del delitto perfetto Conrad Ricamora. Fire Island, però, forse per onorare la sua collocazione su Star di Disney+ e l’americanissima Hulu, pecca dell’ansia di arrivare a tutti e lascia che inutili spiegazioni o contestualizzazioni rubino tempo e spazio ad approfondimenti più seri su problematiche che affligono questa società tutta e non solo quella Lgbtq+ come razzismo, discriminazione razziale, body shaming.
Perché ci piace
- La coppia Joel Kim Booster e Conrad Ricamora riproduce bene la dinamica Elizabeth Bennett - Mr Darcy
- Sottolinea il valore dell’amicizia e delle famiglie per scelta e non per forza di sangue.
- Punta il dito, seppur non sempre efficacemente, su problematiche come discriminazione razziale, body shaming e pregiudizio, che affliggono anche la comunità LGBTQ+.
Cosa non va
- Rileva le grandi contraddizioni e problematiche che il mondo LGBTQ+ deve contrastare e risolvere ma non affonda il coltello.
- Si dilunga in spiegoni inutili per un immaginario pubblico etero.