"È una storia che unisce, una storia sulle possibilità dell'incontro". Ci tiene ribadirlo Laura Luchetti, perché il suo raro e preziosissimo Fiore gemello in sala dal 6 giugno, è questo e molto altro. Secondo lungometraggio della regista - dopo l'esordio nel 2011 con Febbre da fieno e il corto in stop motion Sugar love del 2018 - il film** racconta l'incontro tra due ragazzi, poco più che adolescenti: un immigrato clandestino Basim, che arriva dall'Africa, ha il sogno di giocare a calcio e raggiungere il Nord Europa, e Anna, figlia di un trafficante di migranti in fuga da un trauma che le ha tolto la parola. Come potere leggere nella nostra recensione di Fiore gemello, insieme impareranno a fidarsi l'uno dell'altra, si innamoreranno in un viaggio che è insieme riconquista dell'innocenza perduta, romanzo di formazione, favola nera. Il tutto sospeso tra le saline, i fenicotteri, i paesini arroccati e silenti di una Sardegna che la Luchetti trasforma in un paesaggio lunare, quasi alieno. Lei la definisce "geografi dell'anima che ti fa sentire fuori dal mondo", e proprio lì ha deciso di immergere i suoi due protagonisti perché "trovassero il loro nido".
Storia di fughe e innocenze perdute
Fiore gemello inizia il suo cammino molti anni fa: "Ciò che mi ha portato a scrivere questa storia non è cambiato, a parte casi specifici in cui l'integrazione e i sentimenti tra persone diverse sono possibili. Quello dell'innocenza e dell'incontro di mondi differenti sono temi a me molto cari e ricorrono spesso nella mia scrittura. Era importante raccontare la collisione che diventa incontro", ci spiega durante l'intervista Laura Luchetti.
In equilibrio tra diversi generi il film "è stato un attento lavoro di disciplina per trovare i personaggi e capire la griglia entro la quale potevamo muoverci. Avevamo bisogno di un'ossatura e una struttura per raccontare il mondo che avevo scritto; ma all'interno di questa struttura, una volta entrati in contatto con i personaggi, gli attori hanno avuto estrema libertà. Per me era un romanzo di formazione, la storia di una fuga di due giovanissimi a cui è stata strappata l'innocenza". Ma ciò che ha sempre contato era "raccontare la verità, pur dentro gli archetipi di una favola nera, come qualcuno ha definito il film".
Kallil Kone e Anastasya Bogach, tra realtà e finzione
E alla realtà Fiore gemello è profondamente ancorato a partire dalle vite dei due attori protagonisti: Kallil Kone proprio come Basim è fuggito a piedi dalla Costa D'Avorio e una volta arrivato in Libia si è imbarcato per l'Italia a bordo di un gommone, mentre Anastasiya Bogach che interpreta Anna, è arrivata in Sardegna all'età di cinque anni, dopo aver attraversato l'Europa su un furgoncino che nel giro di una notte l'ha portata via dall'Ucraina. Per entrambi si tratta di un esordio: "L'ho fatto quasi per caso, per il gusto di provare, mi sono sentita dentro il personaggio appena mi hanno dato le scene da provare: mi sono immaginata la mia faccia in quel corpo e in quella storia. È stato un vortice, una continua riflessione su me stessa, perché per poter essere qualcun altro devi conoscere te stesso, capire cosa sai fare, chi sei e da dove vieni. Ogni giorno devi scavare dentro di te", ci racconta Anastasya.
Anna non parla per quasi tutto il film, e la vera sfida, confessa, "è stata riuscire a trasmettere tutto il suo dolore con gli occhi, con il linguaggio del corpo, con il sentimento e l'intenzione. Ci ho lavorato tanto, a diciotto anni è stato un grande percorso interiore".
Kallil invece ha sempre sognato di fare l'attore, sin da quando in Africa si esibiva per strada, così quando nel 2017 qualche tempo dopo il suo arrivo in Italia ha sentito del casting, ha deciso di partecipare. "È la mia storia, ho vissuto la vita di Basim e avevo voglia di far vedere chi sono e di dimostrare che i ragazzi come me hanno tanto talento. Il mio è stato un viaggio difficile, pesante, il film mi ha fatto rivivere certe situazioni, ma mi ha anche aiutato a superare le mie fobie, a ritrovare la parola. - dice - Vivevo nel buio, non parlavo e non mi avvicinavo mai a nessuno, ma grazie a Laura e alla mia cooperativa ho trovato la luce. Grazie a loro oggi sono Kallil, recito e ho trovato la forza di essere me stesso".