Fiore gemello, la recensione: Dell’innocenza perduta

La recensione di Fiore gemello, un film di Laura Luchetti tra favola nera e racconto di formazione ma soprattutto una storia sul potere dell'incontro.

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Fiore Gemello: Kalil Kone insieme ad Anastasyia Bogach in una scena

Storia di fughe e innocenze violate, un'epica del viaggio di formazione sospeso nel tempo di un cinema di frontiera. Come leggerete nella recensione di Fiore gemello in sala dal 6 giugno, sono questi gli ingredienti del secondo film di Laura Luchetti, regista che abbiamo imparato ad apprezzare e conoscere per una narrazione dell'amore nelle sue più svariate declinazioni, dal suo esordio con la commedia romantica Febbre da fieno ai pupazzetti in stop motion del corto Sugar Love.
Lei lo definisce una "favola nera", ma Fiore gemello sfugge alle categorizzazioni: è cronaca del reale, è realismo magico e insieme cinema di denuncia centrato sulla tematica sociale dell'immigrazione. Ed è soprattutto un film fatto di silenzi, rumori primordiali, suggestioni, sussurri e grida.

Una trama tra favola noir e western dell'anima

Tutti abbiamo bisogno di protezione, recita una delle battute del film, e suona come un monito in un paese che si dimostra invece incapace di proteggere i più fragili. Integrazione è la parola d'ordine, perché Fiore gemello è un racconto di cammini, dove l'incontro di mondi lontanissimi acquista una funzione salvifica: è salvezza dalla perdizione ed è viaggio iniziatico.
Al centro della trama di Fiore gemello troviamo Basim (Kallil Khone), immigrato clandestino che viene dalla Costa d'Avorio e per il quale l'Italia è solo un passaggio verso il Nord Europa, e Anna (Anastasiya Bogach), figlia di un trafficante di migranti, creatura quasi aliena, senza voce per buona parte del film e in fuga dal violento Manfredi (Aniello Arena) e da un passato che vuole dimenticare. La regista li sorprende entrambi in viaggio verso una terra promessa, attraverso i paesaggi solitari e lunari della Sardegna più remota, mentre trovano nell'amore dell'uno per l'altra la forza per camminare e andare avanti.

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Fiore Gemello: i protagonisti Anastasyia Bogach e Kalil Kone in una scena del film

La storia semplice e lineare concede ai pochi flashback lo spazio necessario a chiarire il percorso che ha ridotto Anna al silenzio, e ha un incedere che in alcuni momenti ricorda il polveroso Far West, in altri evoca la poesia di Michelangelo Antonioni. È un cinema quasi muto, che lavora per sottrazioni e dialoghi rarefatti.
Laura Luchetti riesce a raccontare con pennellate leggere e una regia personalissima, una vicenda di innocenza perduta e riconquistata nel bel mezzo di una terra di confine, tra il mutismo di paesi abbandonati, paesaggio surreale delle saline, le recinzioni di fortuna, i casolari in rovina, i muri che corrono veloci, il sottobosco della vita notturna di certi posti di frontiera.
È il frutto di un lungo lavoro di scrittura partito dalla realtà, ma che poi ha cambiato faccia molte volte, modellandosi sugli ambienti e i personaggi e diventando una sceneggiatura solida, che una volta preso vita aveva già tutto dentro, persino il sibilo del vento o degli insetti, dei ragni, delle formiche che popolano questo film insieme a Basim, Anna e ad un microcosmo di figure in cui nessuno è veramente buono o cattivo, perché ci sono infinite sfumature nelle quali ogni presenza trascolora e ogni personaggio ha la propria occasione di redenzione.

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I personaggi di Anna e Basim: fiori gemelli

Fiore gemello è anche una storia vera di sopravvissuti che ripercorre quella vissuta nella realtà dagli interpreti, perché Kallil Kone è veramente arrivato in Italia su un barcone dalla Libia pochi mesi prima dell'inizio delle riprese, mentre Anastasiya Bogach ha raggiunto la Sardegna all'età di quattro anni a bordo di un pulmino che nel giro di una notte le ha fatto lasciare l'Ucraina.
Sorprende la naturalezza con cui affidandosi ai propri corpi, ai piccoli gesti, agli sguardi smarriti i due giovanissimi attori alla loro prima volta sullo schermo, riescano a dare vita a personaggi reali, credibili, veri, capaci di trascinare il pubblico nella dimensione di una intimità profonda, che lo spettatore non riuscirà a mettere in dubbio neanche per un secondo. Un lavoro di rara sincerità che coinvolge anche i comprimari da un irriconoscibile Aniello Arena a Giorgio Colangeli, ambiguo legionario, fino a Mauro Addis, il padre di Anna.

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Fiore Gemello: una scena con Kalil Kone e Anastasyia Bogach

Immortalata dalla fotografia di Ferran Paredes Rubio, anche la Sardegna diventa personaggio: cristallizzata tra le dune di sale e il volo dei fenicotteri, battuta dal vento, narratrice di storie nella sua bellezza primordiale, una vera e propria "geografia dell'anima" come la descrive la regista stessa, che all'interno di quel perimetro traccia il peregrinare di Anna e Basim. Due fiori gemelli oltre ogni confine, al di là di qualsiasi barriera linguistica, anime colte nell'eternità del presente, senza sguardi sul passato, e di cui alla fine vi piacerà immaginare il futuro.

Conclusioni

Alla fine della recensione di Fiore gemello non possiamo non ribadire la potenza e l'originalità di un film che trova nei suoi interpreti e nella regista Laura Luchetti, la propria forza.
Ancora una volta il cinema indipendente dimostra di saper dare un contributo attivo alla costruzione del racconto cinematografico degli ultimi anni, spostandone i limiti sempre un po' più in là. Il film lascia il segno per linguaggio e impatto emotivo e per la delicatezza con cui affronta il dramma dell'immigrazione: trasfigurandolo nel lirismo di un cinema quasi muto, fatto di sospensioni e poesia.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.1/5

Perché ci piace

  • Per la capacità di raccontare una storia ancorata al reale attraverso registri diversi, che combinano insieme realismo magico, favola nera, storia di confine, epica e romanzo di formazione.
  • Per alcune scene di straordinario impatto visivo a metà tra la poesia di Antonioni e la spietatezza della cronaca del reale.
  • Laura Luchetti sa esattamente dove portare i suoi personaggi: li ha immaginati, scritti e cercati. In questa storia li tiene per mano accompagnandoli lungo percorsi, che sono soprattutto luoghi dell'anima.
  • I due inerpreti principali sono veri, credibili, reali: gli crederete dall'inizio alla fine.

Cosa non va

  • Chi spera in un racconto di tipo convenzionale o documentaristico rimarrà deluso.