Due donne diverse tra loro, quasi antitetiche, ed una bambina contesa nel mezzo. È così composto il triangolo al centro di Figlia mia, il nuovo film di Laura Bispuri presentato in concorso al Festival di Berlino. Ma un secondo, solido rapporto si è in realtà venuto a formare anche a livello produttivo, con le due attrici protagoniste della pellicola, Alba Rohrwacher e Valeria Golino, ad affidarsi completamente alla guida della regista di Vergine giurata, lasciandosi andare all'intensità delle situazioni narrate, mettendo in scena due figure femminili complesse, fragili in modo diverso, che condividono un segreto difficile da conservare.
Le tre donne, accompagnate dalla piccola scoperta Sara Casu, da due controparti maschili, Udo Kier e Michele Carboni, e dai produttori del film, si sono raccontate in una esaustiva conferenza stampa in quel di Berlino, raccontando l'esperienza sul set, il metodo di lavoro della Bispuri e le scelte fatte per mettere in scena una storia intensa e toccante, che si concretizza in un triplice percorso in cui ognuna delle tre figure femminili compie la propria evoluzione. Un film che sarà a brevissimo, da giovedì 22 febbraio, anche nelle nostre sale.
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Lavorare sui personaggi: l'attenzione sulle donne
Come lavori con i tuoi attori? Segui molto la sceneggiatura o li lasci liberi di improvvisare sul set?
Laura Bispuri: Mi dedico molto alla sceneggiatura, per tanto tempo, e tendo a rispettarla fedelmente. È una base fondamentale che cerco di non tradire. Faccio molta ricerca sul luogo, faccio visite e cerco di immaginare la messa in scena. Abbiamo costruito riprese complesse, quasi delle coreografie con la macchina da presa, ma all'interno di questi schemi, c'è comunque una libertà che cerco di mantenere e che incoraggio nelle attrici. A livello di emozioni, siamo state tutte e tre molto coinvolte in un rapporto quasi di sorellanza. Non amo la figura del regista sul piedistallo, tendo a mettermi a nudo e cerco la stessa condivisione da parte delle attrici. Senza filtri, perché da questo nascono emozioni sincere.
Alba Rohrwacher: Conoscevo il modo di lavorare di Laura e anche quell'esperienza è stata un'avventura, un salto nel vuoto, perché mi chiedeva di fare qualcosa di straordinario, di andare a indagare in territori sconosciuti e avevo molta paura. Per questo film, ha chiesto lo stesso approccio sia a me che Valeria, ma in direzioni opposte. Io ero avvantaggiata, perché già mi fidavo di lei ed ero sicura che anche facendo un salto nel vuoto, lei ci avrebbe rette. Abbiamo instaurato un rapporto franco, sincero e libero, di fiducia reciproca.
Valeria Golino: Posso aggiungere solo che entravo in un nucleo creativo che già esisteva ed all'inizio ero la nuova. Pian pianino ho preso tutto lo spazio che mi serviva e abbiamo potuto essere il peggio di noi stesse, che è una grande libertà quando questo succede in un lavoro creativo. Sapevamo anche di dipendere una dall'altra.
Come hai trovato la bambina?
Laura Bispuri: Sara ha undici anni, li ha compiuti lo stesso giorno in cui giravamo la scena del compleanno nel film, ma lì ne compie solo dieci. L'ho trovata dopo una ricerca durata otto mesi, l'ho cercata in Sardegna e non solo, perché ero alla ricerca di una bambina con i capelli chiari che potesse sembrare la figlia di Alba. È stata una ricerca difficile, perché è un ruolo che richiede una certa intensità. Poi è arrivata Sara e mi sono subito innamorata di lei, abbiamo lavorato con una grande unità e condivisione. Potevo chiederle tutto.
E tu, Sara, come ti sei sentita durante le riprese?
Sara Casu: Lavorare con loro è stato molto bello perché mi capivano e mi aiutavano e potevamo parlare liberamente. Con Alba e Valeria abbiamo letto il copione insieme per provare le scene. Era un ambiente familiare.
Non ci sono solo donne nel film, però. Come hai lavorato sui personaggi maschili?
Laura Bispuri: Il film ha in primo piano personaggi femminili e non è un caso perché sto facendo un percorso che è una presa di posizione. Ma c'è un personaggio maschile che amo molto, che è il ruolo di Umberto, il marito di Tina, il più positivo di tutto il film. È in secondo piano, ma racconta un tipo di uomo diverso, che non ha a che fare con il machismo. È un uomo buono, giusto, che riesce ad amare.
Michele Carboni: È un uomo che ama la moglie e la figlia ed è costretto a stare ai margini di questa storia di contrasti personali. È un personaggio tranquillo, serio, che non si espone più di tanto.
Udo Kier: Sono molto lieto di essere qui con due film completamente diversi uno dall'altro. Ho conosciuto Laura, ho visto il suo primo film con Alba in cui lei è bravissima. Dopo cinquant'anni di esperienza lavorativa, questo è stato il primo film in lingua italiana, e non è stato facile, anche se ho vissuto a Roma. Laura è una regista molto forte, che sa guidare bene gli attori ed è contenta solo quando vede che le offrono la performance che si aspettava.
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Costruire Figlia mia
Come mai hai scelto di girare in Sardegna?
Laura Bispuri: La scelta è stata inizialmente istintiva. Avevo un legame con l'isola, ma mi ha catturato l'atmosfera. Ho fatto molta ricerca, come per Vergine giurata. Ho fatto un viaggio, ho scelto un mondo e ho cercato di capirlo. Dopo la visita c'è stata una riflessione su cosa poteva entrare nel film. Mi sono trovato al cospetto di un paesaggio potente, quasi disarmante, che mi ricordava la forza di questi personaggi. E lì ho trovato anche un discorso interessane rispetto all'identità. La Sardegna è una terra con una identità profonda che rivendica, ma subisce anche il fascino per l'esterno. Ha una grande identità ma continua a cercarne una nuova, come i miei personaggi. Soprattutto la bambina, che deve capire chi è.
Avete dovuto imparare il sardo?
Valeria Golino: Sì ed è stato difficile all'inizio, quando abbiamo dovuto iniziare ad entrare in quella lingua, in quella musicalità, perché in realtà non parliamo in dialetto, ma in italiano con un leggero accento sardo. Non volevamo che diventasse una macchietta o un'esagerazione, siamo stati preoccupati di fare onore a quella musicalità senza esagerare. Per questo ci siamo affidate a una bravissima attrice sarda che ci è stata dietro con grande affetto e attenzione.
Laura, ci dici qualcosa della tua collaborazione con Vladan Radovic?
Laura Bispuri: È un rapporto fondamentale, che ha due tipi di connessioni: una verbale, di normale condivisione tecnica, ma va oltre in con qualcosa di più sottile e profondo. A differenza di Vergine giurata che è molto freddo, volevo che questo film fosse molto caldo, perché lo sono i posti in cui vive la storia. Volevo che avesse questa luce che rimane impressa.
Nel tuo cinema riesci a far vivere un certo tipo di realismo. Ti ci ritrovi?
Laura Bispuri: Ci sono due definizioni che mi hanno dato che mi sono rimaste impresse: una è che faccio un cinema fisico e l'altra, che non so se è giusta, è che faccio una sorta di neorealismo disegnato. Di certo quello che cerco è un equilibrio tra la realtà e il disegno che cerco di fare su di essa.