Avevamo da poco smesso di essere bambine, per cominciare a diventare ragazzine, un percorso tortuoso, pieno di insidie e di bellezza, segnato indelebilmente dalla ricerca delle prime canzoni "da grandi", quelle che non fossero sigle di cartoni animati. Ce la ricordiamo molto bene, quindi, la contrapposizione tra fan dei Duran Duran e degli Spandau Ballet, uno scontro (fintamente) feroce in cui si delineavano degli stili di vita ben precisi. Se Simon Le Bon e soci rappresentavano l'insolente sensualità dei cattivi ragazzi, Tony Hadley e il suo gruppo erano di contro quelli affidabili, i romanticoni, capaci di stenderti con una ballad al chiaro di luna.
Oggi, a trent'anni di distanza da quella guerra di note, assolutamente bonaria, gli Spandau Ballet tornano a essere protagonisti con un documentario, SPANDAU BALLET - Il Film - Soul Boys of the Western World, diretto da George Hencken, che ne ricostruisce le tappe essenziali della carriera, dagli esordi negli anni '80 fino allo scioglimento, all'inizio dei '90 e alla reunion. Al Festival di Roma per presentare questo lavoro, che sarà nelle nostre sale il 21 e 22 ottobre, grazie a Nexo Digital, Tony Hadley, Steve Norman, John Keeble, Steve Norman e i fratelli Martin e Gary Kemp sono ricomparsi per il tributo sincero e appassionato del pubblico capitolino.
God save the Spandau
Dopo lo scioglimento del gruppo nella prima metà degli anni Novanta, a causa di insanabili contrasti tra Gary Kemp e il resto della band, divisi da una disputa sui diritti d'autore, il gruppo londinese è tornato insieme per pubblicare una raccolta musicale, The Very Best Of Spandau Ballet: The Story e per una tournée che toccherà l'Italia in sei date a marzo. In questa rinascita artistica, dunque, il documentario della Hencken assume un valore di importanza fondamentale. "Questo film non parla solo di noi, ma di un'epoca, forse l'unica nella storia recente, in cui i ragazzi cercavano una propria identità attraverso la musica e la moda - ha spiegato Gary Kemp - noi pensavamo di vivere nel futuro, forse eravamo ingenui, ma potevamo esplorare il mito. Ricordo che Londra era piena di tribù, eravamo tutti partecipi, eclettici".
Lavorare sul materiale
La regista e produttrice inglese ha dovuto esaminare oltre trecento ore di materiale video, raccolto dagli stessi membri degli Spandau facendo appello agli amici. "Lavorare su un materiale di partenza è entusiasmante quasi quanto una caccia al tesoro - ha dichiarato la Hencken -, tutto dipende da quello che trovi, è il primo tassello che dà il senso al pezzo successivo. Il produttore Steve Dagger aveva molte pellicole di una prima intervista televisiva e il materiale era rimasto in magazzino per trent'anni! E' stato un po' come un viaggio nel tempo". Per Steve Norman è facile trovare il merito di George Hencken. "Ha trovato la storia migliore e il modo migliore per raccontarla. Nelle mani di un altro regista il risultato sarebbe stato diverso, invece George ha capito quanto fosse profonda l'amicizia che ci legava e ha reso gisutizia agli anni '80". "E' un film che parla di una band - ha aggiunto la Hencken - , ma mi sono divertita a usare la musica in maniera deliberata, per aggiungere qualcosa alla storia. All'inizio del progetto ho voluto che loro stilassero una lista di brani che li avevano influenzati, ho visto queste tracce e da queste ho capito come si fosse evoluta la loro musica. E se fate attenzione alle parole delle loro canzoni che ho scelto per una determinata sequenza, vi accorgerete che hanno significato".
Gli Spandau e l'Italia, un grande amore
I fan italiani, con grande e ovvia partecipazione della popolazione femminile ("Erano le più matte", ha spiegato Hadley), sono stati tra i più fedeli estimatori degli Spandau, che non hanno mai fatto mistero della predilezione per il pubblico di casa nostra. "Molto del materiale che è stato scelto da George lo dobbiamo a Red Ronnie, che peraltro continua ancora a girare - ha detto Gary Kemp, puntando il dito in sala verso il giornalista musicale - l'Italia è parte della nostra storia, qui era bellissimo, eravamo popolari, funzionavamo alla grande anche grazie al nostro sound melodico. Eppure in quelle immagini già si poteva notare quanto fossimo sotto pressione".
"In Italia siamo diventati famosi con leggero ritardo rispetto agli altri paesi - gli ha fatto eco Martin Kemp -, in quel momento si stava diffondendo a macchia d'olio il fenomeno MTV e l'unione di queste due cose è stata esplosiva".
Spandau vs. Duran
Il documentario della Hencken rivela che la tanto sbandierata rivalità con i Duran Duran era in realtà qualcosa di molto diverso. In una sequenza si vede lo stesso Simon Le Bon presentare un video degli Spandau Ballet. Eppure, John Keeble rivela un piccolo particolare. "Erano concorrenti nel senso che li volevamo battere dal punto di vista delle vendite, tutto qui. Oggi con il nostro nuovo disco siamo ottavi nella top ten, abbiamo sette altri artisti che dobbiamo sconfiggere".