Della sua bravura ci eravamo accorti da subito, fin dall'esordio del 2018, Io sono Tempesta di Daniele Luchetti, e poi sopratutto in Piove (2022) di Paolo Strippoli, in cui dimostra non soltanto la propria abilità mimica e vocale, ma anche una fisicità nrevosa, che si fa notare. Ora, il talento di Francesco Gheghi è stato premiato da una giuria internazionale: a Venezia 81 l'attore romano, nato nel 2002, ha vinto infatti il riconoscimento come miglior protagonista maschile nella sezione Orizzonti, grazie al suo ruolo in Familia.
Uscito in sala, il film di Francesco Costabile racconta la storia vera di Luigi Celeste, condannato, nel 2008, a nove anni di reclusione per l'omicidio del padre. Tratta infatti dalla sua autobiografia, Non sarà sempre così, l'opera si concentra sulla famiglia disfunzionale del protagonista, formata da un padre violento, Franco (Francesco Di Leva), da cui la madre, Licia (Barbara Ronchi), si è allontanata, per cercare di dare un futuro migliore ai due figli, Luigi, appunto, e Alessandro (Marco Cicalese), il maggiore.
Fortemente turbato dalla dinamica familiare (veniamo a sapere che Franco è arrivato a rompere tutti denti a Licia), Luigi si unisce a un gruppo di estrema destra, entrando in un brutto giro. L'unica luce della sua vita è Giulia (Tecla Insolia), che nonostante non approvi per niente gli amici che il ragazzo si è scelto, fa di tutto per aiutarlo. Nella nostra intervista, svolta proprio al Lido, Francesco Gheghi e i compagni di set ci hanno parlato di quanto possa essere subdola la violenza domestica.
Familia: intervista a Francesco Gheghi, Tecla Insolia e Francesco Di Leva
Non è un film facile Familia. E Francesco Gheghi ne è consapevole. Luigi per fuggire alla sua famiglia biologica se ne sceglie un'altra estrema, quasi un paradosso. Ma l'attore non giudica il suo personaggio: "Tutti, anche se hanno una famiglia sana, cercano altre famiglie. Perché sono dei luoghi sicuri. C'è chi li cerca nell'amicizia, chi nello sport".
"Gigi ha vissuto una forte rabbia: ha un grande conflitto tra rabbia e amore. Lo vive in tutti i rapporti. È questa la cosa delicata su cui dovevamo giocare. Sono due parole completamente slegate tra di loro, ma che nel film sono profondamente legate. Per Gigi la rabbia è stato il suo primo amore. Quindi è andato alla ricerca di una nuova famiglia, di un nuovo gruppo, ma sono sicuro che se sotto casa avesse trovato un altro gruppo estremista probabilmente si sarebbe aggiunto a quello. Ha avuto una forte mancanza e quindi ha cercato di colmarla fuori".
D'accordo Tecla Insolia: "Cerca il senso di appartenenza. In questo caso è un gruppo di estrema destra, che gli dà l'illusione del rigore, della rigidità e della violenza, nel quale il personaggio di Luigi, inevitabilmente si riconosce".
Familia, la recensione: Francesco Costabile e l'infinita tensione di una bomba ad orologeria
La violenza domestica ha sempre gli stessi schemi
Dai racconti della moglie e del figlio, il padre di Familia sembra un mostro. Invece poi quando il film ce lo presenta sembra una persona come tantissime altre. Scherza addirittura, fa battute, è simpatico. Potrebbe essere il vicino di casa di chiunque. E invece poi scatta la violenza. Francesco Di Leva ha proprio il ruolo, difficilissimo, di Franco. Come si fa ad affrontare un personaggio che in realtà ci ricorda come la violenza domestica sia subdola e potrebbe celarsi in qualsiasi famiglia?
L'attore: "Durante la mia ricerca ho ascoltato un sacco di podcast e mi sono accorto che, su 30 donne intervistate, che hanno subito violenza fisica, psicologica ed emotiva, il metodo è sempre lo stesso. Gli uomini non si mettono d'accordo su come agire strategicamente, ma ho capito che i segnali sono tutti uguali. Penso che l'uomo in realtà non sappia di avere questo verme dentro di lui. Qualcuno lo può chiamare gelosia, ma, ovviamente non è gelosia quella che vediamo nel film. È pura violenza, strategia manipolatrice. La cosa che mi ha fatto più impressione del mio personaggio, leggendo la sceneggiatura, è che lui non riusciva proprio a percepire la richiesta di aiuto da parte degli altri. Questa cosa mi ha spaventato, perché lui, così come sono i manipolatori affettivi, è totalmente su se stesso. Prova a vittimizzarsi, a far credere agli altri che sono loro la colpa del male. E che lui invece sta dalla parte giusta. Lui ci crede veramente che la moglie usa la scusa di buttare la spazzatura per incontrare un uomo. E si sente in dovere di metterle le mani addosso non per accarezzarla ma per picchiarla. Questo film dovrebbero vederlo più ragazzi possibile nelle scuole: per fare in modo che certi segnali vengano riconosciuti".
Un problema culturale
Ma siamo davvero sicuri che gli uomini che si comportano così non sappiano di avere questo verme dentro? Di Leva: "Sto insieme a mia mogie da 31 anni, ci siamo fidanzati quando avevo 15 anni e facevo il panettiere: quando vivi in un quartiere particolare, così come è successo a Franco Celeste, che era di Secondigliano, ci ha vissuto alla fine degli anni '60, è inevitabile che ci sia il patriarcato che incombe sulla famiglia e sul modo di agire. Pensi che quella sia la normalità. Ti hanno insegnato che tua moglie deve stare zitta, che delle cose non le deve fare, che non deve lavorare. Adesso per fortuna ne parliamo, ci sono film che lo raccontano, ma per tante persone questa è la normalità. Probabilmente anche Franco ha vissuto con un padre violento e ha riproposto la stessa cosa. Quando dice alla sua famiglia che le vuole bene, molto probabilmente ci crede veramente. Quindi il male va affrontato e analizzato per prenderne le distanze. Solo così si può provare a scardinare il sistema".
Secondo Tecla Insolia: "È un sistema culturale. Fortunatamente abbiamo la possibilità di star vivendo un momento storico in cui si ha la possibilità di discutere e di conoscere. Quindi credo sia essenziale comprendere che le vittime del patriarcato siano anche gli uomini, ai quali viene insegnato di essere riconosciuti soltanto in un certo tipo di virilità e a placare ogni altro tipo di emozione. È un sistema che va smontato alla radice".