Otavio possiede un bar-caffetteria a Rio de Janeiro. Vedovo, si è risposato con Joana e ha una figlia adolescente, Mariana, che sogna di diventare un'affermata violinista e di studiare a Parigi. L'uomo non condivide però le aspirazioni della ragazza, sperando anzi che questa lo aiuti nella gestione del locale di famiglia.

In Famiglia, ma non troppo un giorno, in seguito a una violenta lite, Mariana decide di trasferirsi in Europa per affinare il suo talento musicale. Dopo tre anni fa ritorno a casa annunciando una grande notizia: è prossima a sposarsi con un Miguel, un ragazzo argentino conosciuto al conservatorio proprio nella capitale francese. Da lì a qualche giorno Otavio e il parentame decidono di volare fino in Argentina per conoscere la famiglia del futuro genero, ma l'incontro tra i due consuoceri non è dei migliori e il matrimonio è ora in una situazione assai rischiosa.
Un film dal nulla cosmico
Due nuclei familiari apparentemente agli antipodi sono al centro di questa commedia di produzione brasiliana, che cerca di giocare su un riciclo degli stereotipi nel mettere prima l'uno contro l'altro - e poi di comune accordo per reciproco interesse - i due padri dei futuri sposi. Futuri sposi che loro malgrado si ritroveranno alle prese con una situazione di eventi sempre più paradossali e improbabili, con il loro stesso amore che va incontro a intralci imprevisti.

Se poi i "contendenti" appartengono a due nazioni vicine ma rivali come Argentina e Brasile, il cocktail è servito: battute sui luoghi comuni, la supremazia calcistica di Pelé o Maradona, l'immancabile partita a calcetto e così via, in ottanta minuti scarsi che certificano l'esaltazione del nulla.
Famiglia, ma non troppo: risate banali
Il personaggio di Otavio fin dai primi istanti ci viene presentato come l'incarnazione nazional-popolare per eccellenza, nella peggior concessione possibile del termine: sfegatato tifoso di calcio e dall'indole maschilista, al punto che approva il figlio maschio che fa i video su internet ma non quella primogenita che con, così tanto impegno e passione, suona il suo amato violino.

Non da meno la caratterizzazione del rivale Hector, ricco e snob, grande appassionato di vini e con la puzza sotto il naso nei confronti di coloro che potrebbero diventare parte della famiglia allargata. Naturalmente presenti anche la ex del futuro marito, insidia potenziale a quelle nozze sempre più in forse, e il contorno delle madri/matrigne che - armate di maggior accortezza e sensibilità - cercano di sistemare la situazione prima che sia troppo tardi. L'epilogo è quello che tutti immaginano, in una sceneggiatura che d'altronde sembra un banale copia-incolla di decine di operazioni a tema.
Vacanze sulla neve

Lo scontro generazionale tra giovani e meno giovani è messo in secondo piano e non è sbagliato dire che emergono echi dai nostri cinepanettoni, con tanto di ambientazione innevata che ricorda, più o meno volontariamente, i primi Vacanze di Natale. Discese in snowboard come guanto di sfida per dimostrare chi è il migliore, ad uso e consumo di risate di bassa lega e di un sentimentalismo schiavo di una mesta retorica: difficile trovare qualche spunto positivo, in un'operazione sempre in bilico tra il demenziale e la voglia di aprirsi al grande pubblico.
Gli sceneggiatori si affidano pesantemente a una serie di gag basate su "traduzioni sbagliate" che non solo sono poco efficaci, ma anche irritanti e al limite dell'offensivo per le rispettive culture coinvolte. La storia resta bloccata in una trama verticale sul cosa significhi essere buoni o cattivi genitori, con un anonimo climax da lezione di educazione civica che va a cozzare pesantemente con le interpretazioni del cast, a cominciare da Leandro Hassum che nei panni do Otavio risulta esagerato e fastidiosamente sopra le righe.
Conclusioni
Una commedia che spreca ogni potenziale riflessione sui rapporti familiari e sulle differenze culturali, rifugiandosi in gag prevedibili e in situazioni stereotipate. Per via di un umorismo grossolano, dinamiche viste e riviste e un sentimentalismo artificioso, il film scivola in soluzioni dimenticabili, incapace di offrire momenti genuini o realmente divertenti. Famiglia, ma non troppo è la fiera del riciclo e l'anonimo, a tratti irritante, cast non fa che peggiorare il già mediocre quadro generale.
Perché ci piace
- Dura poco.
Cosa non va
- Risate basate su battute e gag culturali di bassa lega.
- Una sceneggiatura basata su stereotipi e situazioni abusate.
- Un cast a tratti irritante.