Sei anni fa un giovane avvocato, Federico Baccomo, decise di scrivere in un blog le avventure semiserie che aveva vissuto quotidianamente nel prestigioso studio milanese in cui aveva lavorato, uno di quelli con almeno tre cognomi nell'intestazione. Si narrava con dovizia di particolari delle angherie subite dai capi, dell'immancabile stress e dell'ansia da prestazione, quell'angoscia che prende allo stomaco quando sai di dover portare a casa un risultato importante, a dispetto di tutto e tutti. Di lì a poco quei post sarebbero stati trasformati in un libro, scritto con lo pseudonimo Duchesne, Studio illegale, edito da Marsilio e portato oggi sul grande schermo da Umberto Carteni. Prodotto da Publispei e distribuito da Warner Bros in 340 copie, a partire dal prossimo 7 febbraio, il film racconta le vicende di Andrea Campi, quintessenza del leguleio rampante; un uomo che cerca di assicurarsi oggetti improbabili alle aste su internet, alla perenne ricerca del successo professionale (cosa che ottiene approfittando suo malgrado del suicidio di un collega) e che trova più di una difficoltà a rapportarsi con gli altri. Quando per motivi di lavoro conosce Emilie, una collega francese, antagonista in un'importante transazione d'affari, il suo mondo perfetto è destinato ad incrinarsi. Nei panni del protagonista troviamo uno che di successi letterari se ne intende, Fabio Volo, che oggi abbiamo incontrato assieme al regista della commedia e agli altri interpreti, Zoé Félix (Giù al Nord), la conturbante eroina che sconvolge la vita di Andrea, Ennio Fantastichini (il rozzo e volgare capo di Andrea) e Nicola Nocella (Tiziano, il nuovo arrivato dello studio legale) e agli sceneggiatori Francesco Bruni, lo stesso Federico Baccomo e Alfredo Covelli.
Fabio, come definiresti il tuo personaggio? Fabio Volo: Andrea non segue il canonico percorso di consapevolezza di un personaggio, ma parte e arriva con un occhio disilluso e cinico sulla realtà che lo circonda. Ha sacrificato tutta l'esistenza a un sistema lavorativo che in cambio ti chiede la vita, di essere sempre a disposizione e di togliere spazio alle emozioni. Poi ad un certo punto scatta un click, qualcosa che non viene spiegato, e inizia a lasciare spazio anche ad altre cose. E' un po' come il matto della barzelletta che scavalca 98 cancelli per scappare dal manicomio e quando arriva al novantanovesimo torna indietro. Non è l'amore a cambiare la sua visione, ma di sicuro è la molla che lo spinge, come ho già detto, a lasciare spazio per altre cose e a non pensare solo ed esclusivamente alla promozione, a qualcosa da guadagnare.
Hai messo qualcosa di te in Andrea?
Ci sono elementi simili, ad esempio il fatto di lavorare molto, ma a differenza di Andrea nel mio caso il lavoro mi permette di esprimere delle emozioni, non mi inaridisce, anzi è espressione della creatività e attraverso di esso posso indagare su me stesso.
Diciamo che iI fatto che non avessi una relazione stabile non faceva di me uno sciupafemmine, ma uno che amava più donne. Quanto ad Andrea, lui non ha rapporti con le donne prima di incontrare Emilie. Non aveva nulla da dire con le ragazze che frequentava, tanto è vero che preferisce lasciare dei bigliettini sul cuscino, piuttosto rapportarsi con loro, non aveva strumenti per andare. Poi è arrivata lei, qualcosa di diverso. Ma, no, non mi rivedo affatto in lui.
Uno degli aspetti più interessanti del film è il filo che lo unisce al blog e al libro che ne è seguito. Federico, com'è andata? Federico Baccomo: Per me è stato un piccolo sogno che si realizzava. Non so se c'entra molto con la domanda, ma quando ero piccolo mio papà aveva un film mito, Il prigioniero della miniera, di cui ci parlava in maniera entusiastica e che non si riusciva a recuperare perché non era mai uscito in VHS. Un giorno abbiamo scoperto che Rai Tre lo avrebbe trasmesso una domenica pomeriggio e allora papà ci radunò sul divano e per un'ora e mezza abbiamo assistito in silenzio ad una cagata micidiale. Per giustificarsi mio padre disse, beh, lo ricordavo diverso. Ecco, temevo che la gente vedesse questo film potesse avere la stessa sensazione, invece è un film bellissimo, creato grazie ad un lavoro di preparazione molto approfondito. Con Umberto è nato un rapporto di stima e amicizia e Fabio mi ha sorpreso per la sua bravura, lo vedevo in parte e oggi sono davvero contento.
Come avete lavorato sul libro?
Umberto Carteni: Costruendo una drammaturgia che non c'era, ma rispettando lo humour sofisticato, sottile, quasi anglosassone.
Francesco Bruni: Nel libro c'era tutto quello che uno sceneggiatore può chiedere, tanto materiale, documentazione e competenza dell'ambiente raccontato, oltre ad un umorismo speciale. Abbiamo messo insieme tutti questi ingredienti.
Non ti sembra però che il suo personaggio sia troppo vicino allo stereotipo della donna francese, un po' fredda e perfetta?
Il cinema è fatto di cliché, l'importante è essere ben bilanciati e il personaggio di Emilie è stato costruito sui mezzi toni. Spero di essere riuscito a rendere le differenti sfumature del suo carattere.
Zoé, conoscevi il fenomeno Fabio Volo?
Zoé Félix: No, non lo conoscevo affatto, forse è per questo che le cose sono filate liscie tra di noi. Probabilmente se avessi saputo non sarebbe andato tutto bene. Abbiamo avuto un rapporto da pari a pari sin dal primo momento, non si è affatto comportato da primadonna, è stato galante gentile, e delicato, ma non voglio lusingarlo troppo.
Fabio Volo: Accidenti, oggi ho imparato tante cose su di me, e dire che a me mancano gli strumenti per raccontarmi, ecco perché uno deve studiare.
Sei un intrattenitore a 360°. Fai film, hai un programma in televisione e scrivi libri di grande successo. Come scegli i progetti da intraprendere?
Può sembrare una risposta presuntuosa, ma scelgo solo ed esclusivamente quello che mi piace, voglio andare a lavorare contento. Nel caso specifico la storia ha avuto il suo peso e naturalmente anche il regista. Umberto è un seduttore, te ne innamori all'istante, è molto romano nel modo di coinvolgerti. Poi il libro di Federico l'ho letto, ho conosciuto gli attori e soprattutto Ennio Fantastichini. Grazie a lui potrò dire di aver accorciato i gradi di separazione con altri miei miti della recitazione.
Ti sei ispirato a qualcuno in particolare?
Ho pensato a Niccolò Ghedini (il legale di Silvio Berlusconi, ndr).
E tu Fabio? Fabio Volo: A Fantastichini! In realtà, quando vivevo in paese avevo degli amici che vestivano in giacca e cravatta e portavano il Rolex e forse mi sono rifatto al loro modo di camminare, sfruttando il costume di scena. Non entro nel personaggio, ma lo porto verso di me e poi, come uno Jedi, uso l'energia vivente.
Zoé, da attrice francese come hai giudicato la scelta di Gérard Depardieu di ottenere la residenza belga per pagare meno tasse? Zoé Félix: Penso che si sia trattato di una libera scelta che non mi sento di giudicare.
E cosa puoi dire invece del momento di crisi che sta attraversando il vostro cinema?
In Francia ci sono attori pagati troppo e allo stesso tempo sono pochi quelli che lavorano sempre, discorso, questo, che vale soprattutto le donne. La verità è che si scelgono le grandi stelle perché il loro nome è facilmente spendibile sul mercato e si è disposti a pagarli molto, anche se gli incassi non sono all'altezza delle aspettative. Questo è il problema vero. Io adeguo il mio cachet al bilancio del film.