L'idea di rendere uno spazio fisico metafora di uno spazio mentale è una delle trovate più usate nella Storia del cinema perché permette di costruire una cornice diegetica e ad arrivare allo spettatore in un modo più pieno e compiuto. Di fatto lo si rende a tutti gli effetti facente parte di un'esperienza immersiva all'interno di un'ambiente in cui significante e significato sono la medesima cosa.

Nel caso di Exterritorial - Oltre il confine, la nuova pellicola originale Netflix di matrice tedesca diretta da Christian Zübert (conosciuto oltreatlantico grazie a Tour de Force, un bel drama presentato da quelle parti niente poco di me che al Toronto Film Festival), il complesso del consolato USA a Francoforte diventa sinonimo della mente della protagonista del film. Una mente isolata, fallace, assediata dal passato e senza più bandolo della matassa.
La storia, che, al di là dell'involucro psicologico, è un thriller d'azione a tinte politiche, è incentrata sul tentativo della nostra di riuscire a recuperarlo. Nulla di nuovo, ma la base permette di costruirci sopra molto. Ecco, i problemi principali della pellicola sono da cercare proprio in cosa si è deciso di costruire e su come si è deciso di farlo.
Exterritorial - Oltre il confine: viaggio in una mente fuori dai binari

Sara Wulf (Jeanne Goursaud) è una veterana della guerra in Afghanistan, dove ha prestato servizio assieme agli statunitensi nelle Forze Speciali, essendo parte dei soldati della Bundeswehr assegnati in quella divisione. Un'esperienza che l'ha traumatizzata fortemente soprattutto a causa di un'incidente occorso alla sua squadra e dopo il quale è rimasta l'unica sopravvissuta. Da quel giorno i fantasmi ad esso collegati continuano a perseguitarla nonostante i tanti anni passati.
Di fatto l'unica cosa che fa rimanere la donna con i piedi per terra è il suo figlioletto Joshua, con cui si reca al consolato degli Stati Uniti a Francoforte con lo scopo di richiedere un visto dopo aver ricevuto un'irrinunciabile offerta di lavoro dall'altra parte dell'oceano. Per Sara questa occasione non costituisce solo un modo per tirarsi fuori da una situazione di stanca, ma anche per poter ricominciare finalmente da capo.

Tutto improvvisamente cambia quando il piccolo "Josh" sparisce tra i colori di una saletta dedicata ai bimbi. La donna va ovviamente nel panico e cerca aiuto in coloro che si occupano della sicurezza della struttura solo per sentirsi rispondere che il bambino non è mai entrato con lei nel consolato. Una trappola di una mente deteriorata o un tranello tesole da qualcuno di esterno e non propriamente amichevole?
Sotto il vestito (poco o) niente

Exterritorial - Oltre il confine è il primo film in lingua (parzialmente) anglofona diretto da Zübert, il quale se la cava molto bene potendo fare affidamento su un cast che fa in pieno il proprio dovere (capitanato dalla bionda protagonista interpretato da Jeanne Goursaud e dal baffuto ambiguo con il volto di Dougray Scott, il più noto tra gli attori presenti) e trasformando questa caratteristica in un altro modo di comunicare il senso di isolamento e di diversificazione all'interno dello spazio claustrofobico dove la storia prende forma.
Tutta quanta la costruzione di una cornice mutevole che assume man mano le peculiarità dell'inaffidabile stato psicologico della protagonista (tramite filmati di videosorveglianza, gioco di specchi, struttura dei corridoi, persone immaginarie, piani apparentemente complottisti) funziona bene nella misura in cui ripropone l'idea di claustrofobia e continuo sospetto riguardo ciò che lo spettatore vede. Anche se il gioco dopo un po' cade senza particolari scossoni e, probabilmente, cade anche anzitempo rispetto alle volontà degli autori della pellicola.

La causa principale è la scelta di ricorrere a tutti i cliché possibili, sia visivi che di scrittura, per sostenerlo, ottenendo così il risultato di farlo divenire presto troppo "sgamabile" da uno spettatore minimamente esperto. Messo da parte il divertimento nella costruzione del velo, Exterritorial diventa una pellicola piuttosto banale nell'intreccio e nello scioglimento e a poco servono le scene d'azione, che sono coreografate e girate cercando un equilibrio tra spettacolarità e ruvidezza non sempre credibile o coinvolgente.
Conclusioni
Su Netflix c'è un thriller d'azione piuttosto classico, ma con la particolarità di vantare una cornice metaforica interessante. Exterritorial - Oltre il confine di Christian Zübert è una pellicola che, finché può beneficiare di quest'ultima, risulta scorrevole e intrattenente, anche grazie ad un cast che ben si comporta, ma, purtroppo, una volta esaurita, presenta solo un intreccio invece didascalico e abbastanza scontato.
Perché ci piace
- La cornice metaforica è funzionante.
- Il cast si comporta bene.
Cosa non va
- L'intreccio è piuttosto banale.
- Ci sono dei cliché che depotenziano la struttura.
- Le scene d'azione sono riuscite parzialmente.