Tutti conosciamo l'impresa sportiva realizzata da Jesse Owens, il velocista afroamericano che ottenne molteplici vittorie nelle Olimpiadi di Berlino del 1936: uno smacco per Adolf Hitler, che presenziava in tribuna, e per le sue teorie sulla superiorità della razza ariana. Vittorie epiche raccontate in diversi film e documentari e che hanno parzialmente rubato la scena ad altre epopee agonistiche che nella medesima manifestazione iridata hanno dato lustro e gloria alla compagine statunitense.
A colmare questa lacuna, come vi raccontiamo nella recensione di Erano ragazzi in barca, ci ha pensato il George Clooney regista, che ha deciso di ripercorrere in forma cinematografica una sfida altrettanto impegnativa e meritevole di attenzione, ovvero quella compiuta dalla squadra di canottaggio a stelle e strisce, già raccontata nell'omonimo libro di Daniel James Brown pubblicato nel 2013.
Uno per tutti, tutti per uno
La storia ha inizio proprio a metà degli anni Trenta, un periodo storico ben complicato per il Vecchio Continente. Anche negli Stati Uniti la situazione non è delle migliori, con gli strascichi della Grande Depressione che si fanno sentire sull'economia delle famiglie, molte delle quali costrette a uno stato di semi-povertà. In questo contesto aspro Joe Rantz è un giovane studente di ingegneria che frequenta l'università di Washington, anche se rischia di non riuscire a pagare la prossima rata della retta in quanto costantemente al verde; la sua ricerca di un lavoro non va a buon fine e sta pensando di abbandonare gli studi. Un giorno scopre che la squadra di canottaggio dell'istituto sta cercando nuovi allievi e decide di tentare la fortuna: coloro che saranno selezionati infatti avranno diritto a una sorta di stipendio. Insieme a lui altri ragazzi in difficoltà, che vedono nello sport un'occasione di riscatto. Giorno dopo giorno il team dimostra un incredibile affiatamento che si riverbera nei successivi successi locali, tanto da garantire un vero e proprio salto di qualità e rendere il sogno di partecipare alle Olimpiadi non soltanto una semplice utopia...
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Niente di nuovo
Quando ha fatto il grande passo dietro la macchina da presa con il folgorante esordio di Confessioni di una mente pericolosa (2002) per poi confermarsi con l'ottimo Good Night, and Good Luck. (2005), in molti si aspettavano da Clooney una gloriosa carriera anche come autore, seguendo l'esempio di altri suoi rinomati colleghi. Ma da allora ha alternato film godibili ad altri memo memorabili, senza più raggiungere le vette dei primi passi e mantenendosi su uno stile classico sì gradevole ma altrettanto innocuo. Con questo Erano ragazzi in barca non si smentisce e segue le linee guida del cinema biografico d'ordinanza, con l'elemento agonistico quale ulteriore facile approdo per il percorso di formazione dei protagonisti, che devono affrontare non soltanto la sfida sportiva ma anche gli ostacoli che la vita mette loro davanti: tutto troppo semplice e altrettanto prevedibile.
L'unione fa la forza
Ovviamente a remare contro non sono soltanto gli avversari sul campo, ma anche quelli ai piani alti, con gli interessi politici ed economici che rischiano di negare quel traguardo ampiamente meritato dai protagonisti: ennesima soluzione narrativa non certo originale, per quanto qui sicuramente dovuta agli eventi realmente accaduti, che semplifica ulteriormente quello schema narrativo che non si discosta dalla consuetudine. Allo stesso modo la caratterizzazione dei vari protagonisti è ai minimi storici, con le ambizioni e le speranze di questi giovani virgulti che non trovano adeguato contraltare nelle caratterizzazioni in fase di sceneggiatura, ma nemmeno in un cast per gran parte anonimo. Leggermente meglio fa Joel Edgerton nei panni del cocciuto allenatore, ma anche in questo caso si salva spesso con il mestiere e non esce mai dai ranghi di un personaggio misurato e studiato a tavolino.
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Nel cuore del nemico
La mezzora finale ambientata nella Germania nazista, con tanto di rapide comparsate di Jesse Owens durante la parata olimpica e di un macchiettistico Adolf Hitler ad assistere alle gare, cerca di variare un po' i toni e le atmosfere del racconto, ma le due ore di visione si sentono tutte e i tempi morti fanno capolino qua e là, tra discussioni esistenziali e introspettive che lasciano il tempo che trovano. Meglio va nelle fasi prettamente agonistiche, con discorsi motivanti e incitazioni ad hoc e una regia che rimane attaccata agli atleti e all'imbarcazione, garantendo almeno il corretto slancio enfatico fino all'ultima, decisiva, vogata.
Conclusioni
Solitamente messa in ombra dall'impresa ben più famosa e conosciuta di Jesse Owens, l'incredibile vittoria della squadra di canottaggio americana alle Olimpiadi di Berlino nella Germania di Adolf Hitler rivive nell'ultimo film diretto da George Clooney. Erano ragazzi in barca è un bio-pic sportivo eccessivamente classico nella riproposizione della vicenda, privo di effettivi guizzi se non nella gara finale, summa enfatica ed emotiva di un racconto altrimenti ligio e incolore. Una fiacca caratterizzazione dei personaggi e un cast giovane che non brilla per carisma, con Joel Edgerton nelle vesti di determinato coach, caratterizzano due ore a tratti pesanti, formalmente oneste ma mai capaci di lasciare il segno.
Perché ci piace
- Buona ricostruzione d'epoca.
- Un cinema classico sempre più raro...
Cosa non va
- ...ma altrettanto prevedibile e privo di spunti originali.
- Un cast poco convincente.
- Le emozioni latitano a parte qualche rara occasione.