"Oggi manca il tormentone comico". Una grande verità che, come da tradizione romana, arriva così, d'impatto e di sostanza. A dirlo è Enzo Salvi, che raggiungiamo al telefono per una lunga intervista. Esce fuori una chiacchierata verace, appassionata e lucida. L'occasione è l'arrivo in sala di Due famiglie, un funerale, commedia di Mark Merville che "mescola leggerezza, risate a temi più importanti e inaspettati", spiega Salvi che nel film divide la scena con Maurizio Mattioli, Anita Kravos e Isabella Adriani. Al centro un impresario funebre (Mattioli) che, con il supporto del compare Spartaco (Salvi), prova a destreggiarsi tra due famiglie. "Un film che esorcizza la morte", secondo Enzo Salvi, allargando poi il discorso verso il politicamente corretto, i cinepanettoni e la "moda" di fare stand-up comedian.
Due famiglie, un funerale: intervista ad Enzo Salvi
Enzo, dato il tono del film, possiamo dire che si può ridere anche della morte?
"Sono cintura nera di scaramanzia. Praticamente ho lavorato con un mano sola, guidando per settimane carri funebri, alzando e spostando le bare. Nel film però succede l'inaspettato. Ci siamo molto divertiti, ma dalla storia arriva anche uno spunto di riflessione. Si miscela commedia e dramma. Approfondiamo il bilancio di una vita in tutte le sue forme. Un potenziale per riflettere emotivamente. Anzi, ringrazio il produttore Mimmo Marvasio, il figlio Giuseppe, e poi tutto il cast. Ce l'abbiamo messa tutta. C'è anche un simpatico pappagallo che farà felici i più piccoli. De Laurentiss lo dice sempre: devi portare i bambini al cinema, sono loro la vera ricchezza".
A proposito di commedie, lei ha segnato l'epoca dei cinepanettoni. Le mancano?
"Ho fatto 14 cinepanettoni, più un best-of. Prima era l'unico film atteso, una tradizione. Per gli italiani era un momento di evasione. I cinepanettoni ti garantivano le risate. Investivi bene i soldi nel biglietto, per ridere, tornando a casa con la pancia piena. Aurelio De Laurentiis aveva capito tutto, e dava la possibilità al pubblico di conoscere paesi bellissimi. Grazie a lui ho girato il mondo".
E poi? Cos'è successo?
"Le piattaforme hanno cambiato tutto, ormai le persone aspettano l film a casa. Eppure la sala ti regala atmosfere uniche. Per esempio: Natale sul Nilo ha incassato cifre da record, all'epoca c'era voglia di divertirsi. Adesso devi stare attento a ciò che fai e dici. Ma è assurdo, apri TikTok e c'è una volgarità inaudita. A confronto, io, Boldi e De Sica eravamo dei chirichetti".
Roma, il politicamente corretto e... Gasperini
Il politicamente corretto è un limite?
"Il politicamente corretto è ridicolo nella misura in cui accendi la tv e trovi il trash ovunque. Bambini davanti gli schermi che ascoltano e vedono robe assurde da personaggi che non meritano attenzione. Le commedie moderne sono leggere, stanno attenti al linguaggio, ma vedo miliardi di pillole sui social dei miei film, condivise dai giovani. Sanno i film a memoria, questo perché si ricerca ancora una certa comicità d'impatto. Ormai è tutto costruito. Stanno sfruttando lo stand up comedian per scavalcare politicamente corretto, ma non è la stessa cosa".
Anche in Due famiglie, un funerale viene fuori la sua romanità. Cosa ha di più Roma, rispetto ad altri tipi di comicità?
"Faccio un esempio: Massimo Boldi, maestro e amico, ha sempre imitato il romano per far ridere. Il romano è una melodia, di cuore e di impatto. In tutto il mondo è una cifra riconosciuta. Nel film, due caratteristi come me e Mattioli sono riusciti a narrare tutto questo. Il romano ha sempre una marcia in più rispetto agli altri. Abbiamo una forza unica".
A questo punto devo chiederglielo: che ne pensa della Roma di Gasperini?
"Siamo felici e soddisfatti, godiamoci questo momento. Ogni volta che parliamo succedono cose. Gasperini mi piace, noto che c'è interazione tra i giocatori. E poi la squadra diverte, e quando diverte hai raggiunto il risultato".
L'allenatore è come un regista, in fondo. E lei, alla regia ha mai pensato?
"È una grande responsabilità. Ci vuole capacità, e io posso solo dare consigli al regista con cui lavoro, magari sui tempi comici. Che dire, adesso va di moda fare il regista. Ma un conto è firmare la regia, un conto è farla davvero. Alcuni registi attori sono supportati dal consenso del direttore della fotografia".
Qualche ruolo drammatico in più?
"Ho ricevuto diversi premi per il film drammatico Il Diavolo è Dragan Cygan di Emiliano Locatelli. In precedenza avevo già girato un corto con il regista, in cui interpretavo un manager in crisi rimasto solo con il suo cane. Interpretata dalla mia amata labrador Peggy".
La causa animalista
Lei si è sempre speso molto per gli animali. Scontato sottolineare il perché sia importante...
"Dico che proteggere è più bello che amare. Ho creato un'associazione in difesa dei pappagalli, li educhiamo al volo libero. I cani? Loro sono degli angeli scesi dal cielo per donarci amore durante la loro breve vita. Una cosa è importante: dobbiamo insegnare ai più piccoli l'amore attraverso gli animali, solo così la società può migliorare".
Tornando sul suo film, non è mistero che sia supportato da una nota azienda funebre romana. Cosa pensa quando vede i loro manifesti in giro per Roma?
"Rido. Sono dei geni, perché ridere nella drammaticità è qualcosa di potente. Loro sono stati i primi ad adottare questa comunicazione, poi li hanno copiati. Quando la risata è spontanea apprezzi la generalità, e lo dice uno che è stato precursore della romanità comica insieme a Mariano D'Angelo. Insieme abbiamo sdoganato un certo linguaggio. Solo dopo è arrivato Er cipolla, che altro non se la versione assurda e fumettistica di una piaga sociale".
Di giovani comici in giro, c'è qualcuno che l'ha colpita?
"Non voglio fare torto a nessuno, ma apprezzo quelli che non utilizzano la parolaccia per sostituire la battuta. Molti ragazzi sono bravi, puntano sul politico e sul sociale. Eppure, manca il tormentone: la mia preoccupazione quando scrivevo le battute era pensare a qualcosa che restasse nel tempo. E sì, 'Mamma mia comme stò' è stato un tormentone. Suonava come un riff musicale".