El Conde, recensione: il volto mostruoso del potere secondo Pablo Larraín

Recensione di El Conde, film in concorso a Venezia 80 in cui Pablo Larraín trasforma il dittatore Augusto Pinochet in un vampiro. Satira politica grottesca e irresistibile. Su Netflix il 15 settembre.

El Conde, recensione: il volto mostruoso del potere secondo Pablo Larraín

Nel 2023 sono 50 anni dal colpo di Stato di Augusto Pinochet in Cile: l'undici settembre del 1973 si autoproclamò presidente, instaurando una dittatura militare. Una manovra così rapida e violenta da ricordare il morso di un vampiro. Ed è proprio in questo mostro avido di sangue che lo trasforma Pablo Larraín, il primo regista a portare Pinochet su uno schermo. Girato in un bianco e nero drammatico, il film ha un tono molto particolare: siamo di fronte a una satira feroce, che affonda le zanne in profondità, anche se con una sete diversa da quella del suo protagonista. L'autore è infatti in cerca di giustizia, quella che il suo paese non ha mai avuto. La recensione di El Conde, dal 15 settembre su Netflix dopo il concorso a Venezia 80, parte con un avvertimento: questo è una pellicola volutamente folle.

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El Conde: un'immagine del film Netflix di Pablo Larrain

L'autore ci presenta infatti il dittatore come un vampiro in piena regola: facendosi suggestionare dal suo cognome, gli dà origini francesi e lo segue attraverso i secoli, sempre in cerca di soldi, potere e belle donne. Dopo una vita di cuori umani strappati dal petto e lusso estremo, il conte (Alfredo Castro) è però stanco: il Cile lo ha disonorato, accusandolo di aver rubato, i suoi figli scalpitano per spartirsi l'eredità, la moglie, Lucia (Gloria Münchmeyer), ormai anziana, spinge per essere morsa e acquistare così l'immortalità. L'unica soluzione è lasciarsi morire, senza toccare più una goccia di sangue.

Qualcuno però vuole ancora tenerlo in vita: sarà il suo fido braccio destro Fyodor Krassnoff (Jaime Vadell), l'unico che Pinochet ha trasformato in vampiro? La moglie Lucia? I figli? Tutto si complica quando arriva la suora Carmencita (Paula Luchsinger): ufficialmente si presenta come una contabile incaricata di tracciare tutte le ricchezze di famiglia, in realtà il suo scopo è scacciare il demonio che dimora da secoli nel corpo di Pinochet. Da satira politica, El Conde diventa anche un giallo, di quelli alla Agatha Christie, in cui gli interrogatori rievocano, insieme alla pura fantasia, diversi fatti reali della storia cilena. Su cui si ride in modo nero.

El conde: il trailer del film di Pablo Larraín

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Larraín e il colore dei soldi

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El Conde: Alfredo Castro in una foto del film

Sete di giustizia, dicevamo. Mentre nella vicina Argentina c'è stato un processo ai generali della dittatura (durata dal 1976 al 1983), Pinochet ha goduto di immunità fino al 2002. Accusato di crimini contro l'umanità, ha sempre evitato il tribunale per "motivi di salute", fino alla sua morte, avvenuta nel 2006. Quindi, a differenza degli Argentini, i Cileni non hanno mai potuto chiudere la propria ferita, continuando a vivere con lo spetto del dittatore.

Pablo Larraín, ormai lo abbiamo capito, è un regista estremamente affascinato dagli spettri: la stessa Lady D in Spencer ne è ossessionata. Ma anche la sua Jackie Kennedy in Jackie e Pablo Neruda in Neruda. Questa volta però l'unico modo per raccontare e prendere le distanze dall'orrore è stato utilizzare il tono della farsa. E il regista, anche sceneggiatore insieme a Guillermo Calderón, non si limita a mettere sotto torchio il potere politico: nell'angolo ci sono anche la nobiltà, la Chiesa e l'istituzione della famiglia. Politici, aristocratici, patriarchi tutti hanno in comune un solo desiderio: i soldi. In questo caso soldi sporchi di sangue: più si va indietro nel tempo, più chi detiene il potere se n'é macchiato.

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El Conde: Paula Luchsinger in una foto del film

Tra uomini e donne non c'è differenza: il potere non conosce genere, una volta che ti è entrato nel corpo, come un virus o una presenza mostruosa, si impossessa di te e ti spinge a fare l'unica cosa che gli interessa. Autoconservarsi. Mantenersi immutabile nei secoli dei secoli. "El Conde", pur deriso, mostrato come un "pappone" (così viene definito dalla voce narrante, che parla un inglese very british), con pellicce, occhiali da sole e scarpe da ginnastica ai piedi, rimane una presenza terrificante.

Anche grazie a un cast formidabile: Alfredo Castro è perfetto. La suora di Paula Luchsinger, con gli occhi da folle (la più invasata di tutti, guidata da un'altra associazione, quella della Chiesa Cattolica, che detiene potere e ricchezze da millenni e su cui Larraín va giù duro), è inquietante quasi quanto Pinochet. A rubare la scena sono però Gloria Münchmeyer nel ruolo della moglie Lucia, quella che, come scopriamo nel film, in realtà gli ha dato tutte le idee più sanguinose, e Jaime Vadell (attore feticcio del regista, presente anche in No - I giorni dell'arcobaleno, Il club e Neruda) in quella del torturatore di professione Fyodor Krassnoff. Con l'innocenza di un bambino e il coraggio di un artista ormai al pieno della sua maturità, il regista cileno indica il re, anzi, El Conde, ne ride e lo spoglia delle sue medaglie, della sua avidità. Rendendo giustizia al proprio paese e mettendo in atto l'unico processo ormai realizzabile: quello della parodia.

Conclusioni

Come scritto nella recensione di El Conde, il film di Pablo Larraín è satira raffinata, che unisce il bianco e nero, il teatro e il genere crime per portare giustizia al paese del suo autore, il Cile, a cui è stata negata la possibilità di chiudere la ferita lasciata dal dittatore Augusto Pinochet. Il regista trasforma questa figura rimasta impunita in un vampiro, mettendo in atto l'unico processo ormai realizzabile: quello della farsa. Non si ferma qui: Larraín estende la sua riflessione anche su politica, nobiltà e Chiesa. Un film folle e imperdibile.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • La scrittura brillante di Pablo Larraín e Guillermo Calderón.
  • La fotografia in bianco e nero.
  • Il cast.

Cosa non va

  • Chi non conosce nei dettagli la storia del Cile potrebbe perdersi diversi riferimenti importanti.