Il mondo sottovaluta il valore del cinema e questo è il motivo per cui viene prodotta tanta spazzatura.
Un film di Peter Greenaway nel programma di un festival è sempre una gioia per gli occhi. Il regista più libero e visionario incanta la stampa con il suo caleidoscopio viaggio in Messico sulle orme di Sergei M. Eisenstein e la cattura ancor di più con la sua elegante affabulazione in una conferenza stampa pirotecnica in cui, senza privarsi del suo irresistibile humor, parla di cinema, di arte, di sesso e di morte. Parlando della genesi di Eisenstein in Guanajuato, Peter racconta: "Quando ero uno studente d'arte a Londra, sono stato colpito dalla potenza di Sciopero di Eisenstein. Credo che il suo film sia stato il primo vero capolavoro che ho visto. Il cinema è stato inventato nel 1895 e solo pochi decenni dopo Eisenstein, all'epoca giovanissimo, è riuscito a sviluppare il linguaggio inserendo nelle sue opere incredibili innovazioni. Credo che questo sia il momento giusto di ricelebrarlo".
Greenaway non ha parole tenere per la Russia, colpevole di non averlo aiutato a realizzare il film, ma anche di non aver mai celebrato a dovere uno dei suoi più celebri figli. Parlando della produzione, il regista puntualizza: "La Russia non è intervenuta in nessun modo nel film, ogni voce diversa è falsa. Proprio la confusione che regna sovrana nei media russi è la molla che ci spinge a preparare una seconda pellicola su Eisenstein. So che in Russia l'omosessualità non è ben vista, ma io sarei aperto a una collaborazione, a una discussione produttiva se il paese volesse co-produrre il film. Tra l'altro finora la Russia non ha mai fatto un bel film su Eisenstein".
Eisenstein il vulcano, Eisenstein il fanciullo
Eisenstein in Guanajuato è la cronaca visionaria di una spedizione fallimentare, di un tentativo di realizzare un nuovo capolavoro sul Messico mai giunto a termine a causa delle numerose 'distrazioni' in cui il grande regista russo è incappato nel corso del suo soggiorno. "A volte il fallimento è più interessante del successo" spiega Greenaway. "Io ho studiato montaggio e credo che Eisenstein fosse uno dei più grandi talenti di questa disciplina, era un mago nell'organizzazione dei materiali e ha avuto un enorme merito nello sviluppo del linguaggio. Ha realizzato tre capolavori: Sciopero, La corazzata Potemkin e Ottobre. Nella seconda parte della sua carriera si è concentrato più sulla natura umana e meno nello sviluppo del linguaggio. Dopo aver passato tre anni a Hollywood tentando di realizzare un film che è fallito, si è stabilito per otto mesi in Messico, ma dopo aver girato 400 km di pellicola non l'ha mai montata". Nella rappresentazione del suo illustre collega, Peter Greenaway non è privo del distacco ironico che lo contraddistingue, ma la fascinazione per il grande maestro russo si percepisce in ogni sequenza, come ammette lui stesso. "Eisenstein era un personaggio di grande spessore, era un intellettuale dotato di sense of humor, un maestro, parlava cinque lingue. E' uno degli ultimi padri del cinema. Ma era anche una persona che parlava in continuazione, un estroverso pieno di energia, è il focus del mio film".
Dal momento che la provocazione, nel cinema di Greenaway, non manca mai, l'autore inglese sceglie di affrontare un tema spinoso come la perdita della verginità di Eisenstein, omosessuale non dichiarato, per non incappare nelle ire della società sovietica. E lo fa in una scena estrema, potentissima e profusa di sarcasmo. A chi gli chiede lumi sulla sua scelta, Greenaway spiega: "I due fenomeni al centro della pellicola sono eros e thanatos, l'inizio e la fine, il sesso e la morte. Tutta l'arte occidentale ruota attorno a questi due poli. Volevo dar forma a queste due nozioni, volevo essere certo che il film avesse una corporeità, una fisicità. Non abbiamo ucciso nessuno nel film, ma abbiamo fatto finta che i due protagonisti facessero l'amore. La scena in cui Eisenstein perde la verginità è proprio a metà film. Se prestate attenzione, la mia opera è rigorosamente simmetrica e la scena cade proprio nel mezzo".
Due interpreti senza pronti a tutto
Un'avventura senza limiti come quella vissuta sul set messicano di Peter Greenaway richiedeva necessariamente interpreti pronti a tutto. Per il ruolo dello scatenato Eisenstein, la scelta è caduta sul finlandese Elmer Bäck, mentre il suo consulente messicano (e ben presto amante) Palomino Canedo è interpretato da Luis Alberti. "Mi è stata proposta una bellissima sceneggiatura" racconta il compassato Back. "Conoscevo bene il regista Eisenstein, ma non avevo molte informazioni sulla persona. Dopo aver letto lo script, ho cercato di affidarmi al mio intuito. Il personaggio era talmente vivo che è uscito dalla pagina. Per me la parte più interessante è stata quella intellettuale, ho cercato di riprodurre la sensibilità del regista, la sua fragilità, l'aspetto fanciullesco". Luis Alberti aggiunge: "E' stato difficile, è stata una sfida. Peter è un uomo complicato, ma ho accettato la sfida. Ho trovato un grande partner in Elmer. Abbiamo lottato, abbiamo lavorato insieme e ce l'abbiamo fatta".
Eisenstein in Guanajuato è un esplosione di virtuosismi in cui la macchina da presa danza intorno ai personaggi. L'antinaturalismo è parte essenziale del cinema secondo il pensiero del maestro inglese che ribadisce: "Le potenzialità del linguaggio cinematografico sono infinite. E' molto divertente costruire l'architettura di un film esplorandone tutte le possibilità. Il cinema è un medium artificiale, è finzione e io voglio sfruttare al meglio le sue potenzialità. Cosa accidenti è il realismo? E' ridicolo poter pensare di fare realismo. Finzione non vuol dire, però, non essere in grado di raccontare la realtà. L'arte deve essere intrattenimento, ma anche istruzione. Il mondo sottovaluta il valore del cinema e questo è il motivo per cui viene prodotta tanta spazzatura".
Potere del cinema è anche quello di descrivere nel modo più accurato possibile la natura umana, penetrando nell'intimità dei personaggi e mettendo a dura prova gli interpreti. Si pensi alle numerose sequenze di nudo presenti nelle pellicole di Greenaway e anche stavolta il regista dallo sguardo pittorico non fa eccezione. Sul suo set è ammesso l'imbarazzo. Come spiega Elmer Back "Peter ha il controllo assoluto di ciò che vuole, ma è pronto a giocare con gli attori, ti porta in un posto in cui ti senti confortato, sei al sicuro, in mani esperte. La nudità è qualcosa che imbarazza all'inizio, ma dopo un po' non ci fai più caso. Basta non pensare che tra poco tutti gli spettatori berlinesi mi vedranno nudo sullo schermo". Ancor più esplicito è Luis Alberti: "Al provino Peter mi ha detto: 'Ecco cosa voglio: la tua mente, il tuo corpo, il tuo cuore e il tuo pene'. Provate a dire di no a Greenaway".