Una coppia sposata prova a ravvivare il desiderio in occasione di Halloween. Una giovane donna prende in considerazione l'idea di diventare vegana per accontentare la sua nuova fiamma. Due fratelli gestiscono un'attività non proprio lecita all'insaputa delle rispettive mogli. L'arrivo di un vecchio amico mette in crisi il rapporto tra due aspiranti genitori. Un fumettista deve fare i conti con la propria ipocrisia dopo una notte di passione con una giovane fotografa. Due coniugi decidono di usare Tinder per riattivare la loro vita sessuale. Un'attrice prova a voltare pagina dopo una rottura, mentre la sua coprotagonista riflette sulla vecchiaia. Le domande di un giornalista causano tensioni all'interno di una famiglia...
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Mentalità indipendente
Chi ha una certa familiarità con il cinema indie di matrice statunitense si sarà sicuramente imbattuto nel nome di Joe Swanberg, uno degli inventori del cosiddetto filone mumblecore, caratterizzato da improvvisazione dei dialoghi, recitazione naturalistica e un uso ridotto di location (lo stesso Swanberg si è anche prestato alla variante horror, il mumblegore, recitando in pellicole come You're Next e The Sacrament). Dai suoi film emerge sempre una grande onestà emotiva, ma anche l'impressione che, a forza di incoraggiare gli attori a recitare senza un copione, la storia si perda in occasionali digressioni che alterano in modo non proprio positivo il ritmo del racconto.
Da quel punto di vista è forse più propizio il formato del cortometraggio, che il cineasta ha effettivamente adottato per Easy, la nuova comedy - almeno in termini di durata - di Netflix: otto episodi per lo più autoconclusivi (solo gli ultimi due si ricollegano a eventi precedenti), di una durata che gravita intorno ai 30 minuti ciascuno. Il tutto con Swanberg come unico sceneggiatore - con le considerazioni di cui sopra per quanto concerne i dialoghi - e regista.
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Viva il sesso!
Formando un improbabile trio - per ora - con Master of None e Love, anch'essi prodotti da Netflix, Easy è un ritratto delle coppie odierne, con l'azione collocata a Chicago anziché le due scelte ovvie di New York (nella serie creata e interpretata da Aziz Ansari) e Los Angeles (nel mondo catodico di Judd Apatow, al quale ha contribuito anche Swanberg). In particolare, la vita di coppia viene analizzata attraverso il sesso, in tutte le sue forme, e sebbene lo show sia attraversato da un'atmosfera generale tendente all'agrodolce, l'attrazione fisica e il desiderio non sono rappresentati come fonte di ansie o drammi, bensì come qualcosa di gioioso, che porta ad un atto liberatorio e catartico.
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Il titolo della serie si riferisce forse anche a questo: la vita è piena di piccole difficoltà, ma andare a letto con qualcuno non è una di queste, anzi, consente di accantonare, anche solo per un attimo, le nevrosi quotidiane che accomunano i diversi protagonisti del programma. Un argomento che quindi calza a pennello per gli obiettivi globali di Netflix, dato che le otto storie presentate in questa sede non sono strettamente legate alla realtà di Chicago (sebbene Swanberg faccia un ottimo uso degli esterni quando ci sono), ma contengono temi universali, un elemento al quale allude la stessa serie proponendo un episodio, il quarto, recitato quasi interamente in spagnolo (e la svedese Malin Akerman, protagonista della sesta puntata, si concede un interludio molto tenero nella sua lingua madre).
Tutti insieme appassionatamente
Il format (prevalentemente) antologico ha anche consentito a Swanberg di reclutare diversi protagonisti - o meglio, guest star, per citare i credits - più o meno conosciuti a livello internazionale senza i vincoli di un impegno seriale a lungo termine. E così ritroviamo, a parlare di rapporti umani, che siano carnali o meno, attori come Orlando Bloom e Dave Franco (quest'ultimo al centro dell'episodio più sottilmente toccante), ma anche comici come Marc Maron e Hannibal Buress (un volto mediamente noto agli utenti di Netflix in quanto protagonista di un paio di comedy specials del servizio di streaming). Tutti al servizio dei metodi lavorativi di Swanberg, concedendosi senza pudore o atteggiamenti da divo, regalando delle performance non per forza appariscenti ma comunque molto reali sul piano puramente emozionale.
In tal senso, Easy non è tanto una serie TV, quanto piuttosto uno spaccato di vita, americana e universale. Uno di quegli esperimenti in apparenza modesti ma in realtà molto coraggiosi sui quali Netflix sembra voler puntare sempre di più, con risultati spesso notevoli.
Movieplayer.it
4.0/5