Recensione Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie (2007)

Un film a misura di bambino e di chi, già cresciuto, vuole farsi catturare per un po' dai sogni della propria infanzia, quando era normalissimo dialogare anche con un orso di peluche.

Dustin Hoffman magico giocattolaio

243 anni non sono pochi e anche per Mr. Magorium (Dustin Hoffman), il proprietario di un eccentrico e coloratissimo negozio di giocattoli, che ha smesso di invecchiare intorno ai sessant'anni, è giunta l'ora di appendere le vecchie e logore scarpe al chiodo. Comunica così la notizia del ritiro alla sua assistente Molly (Natalie Portman) che, insicura e timida com'è, si sente preda del panico al pensiero di dover gestire da sola il negozio.
Magorium ha incaricato un contabile, Henry Weston (Jason Bateman), "una specie di incrocio tra una calcolatore ed un mutante", di quantificare il valore del negozio e di mettere ordine tra fatture e ricevute.

Nel frattempo, nella bottega, che è ovviamente magica, si stanno verificando dei cambiamenti: dato che il negozio vuole a tutti i costi opporsi al ritiro di Edward Magorium, da allegro e chiassoso, inizia a ingrigirsi e a farsi silenzioso. L'intervento del piccolo Eric, cliente affezionato e aiuto commesso, potrebbe aiutare Molly a riportare la vita nella bottega e, forse, a far credere anche al logico Henry che la magia esiste, basta saperla vedere.

Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie rappresenta l'esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Zach Helm (che firma lo script dello stesso Mr. Magorium e che ricordiamo per Vero come la finzione). Helm, per costruire questa fiaba destinata soprattutto ai più giovani, si avvale del talento di un Dustin Hoffman particolarmente arruffato, dallo sguardo sornione sotto sopracciglia ribelli e della freschezza di Natalie Portman, che si conferma attrice in grado di reggere qualsiasi plot, indossando con allegria i panni di Molly, qui eroina per un pubblico formato famiglia.

Un film dallo spirito natalizio che esce, incomprensibilmente, a feste già finite, un tuffo senza paracadute in un mondo fatato in cui tutto è possibile, in cui i giocattoli si animano e interagiscono, in un negozio che è difficile dimenticare, incastonato tra un grattacielo e una grigia costruzione cittadina.
La trama è esile, con intenti pedagogici non proprio velati, la morale non è certo nuova. In sostanza, Magorium vuole insegnare, credendo nella magia che ci circonda, a credere in se stessi, a essere convinti che tutto sia possibile... insomma: tutto è possibile, basta crederci.

L'intera storia non è che un'esaltazione del potere dell'immaginazione, che dà una marcia in più a chi la possiede, fa vedere più in là. Non solo: aiuta a crescere, a passare dalla condizione adolescenziale con le sue incertezze, all'età adulta (come avviene in Molly, che si trasforma poco alla volta acquisendo consapevolezza di sé). L'importante è, nel diventare grandi, riuscire a mantenere intatto il potere dello stupore e la certezza che la magia ci circonda sempre. Una vera formula per la giovinezza eterna.

Ciò che è davvero straordinario nel film è l'ambientazione, che non può non catturare anche lo spirito più coriaceo, il coloratissimo paradiso in cui sono presenti i giocattoli più tradizionali e più futuristici, le animazioni dei peluche, gli yo yo, le giostre, le palle di ogni dimensione, il libro in cui Molly ordina i giocattoli, che prendono vita sul catalogo... omaggi dichiarati di Zach Helm al surrealismo e all'amato Magritte, ai Fratelli Marx, al teatro dell'assurdo.
Un film a misura di bambino e di chi, già cresciuto, vuole farsi catturare per un po' dai sogni della propria infanzia, quando era normalissimo dialogare anche con un orso di peluche.